Dario Cresto-Dina, la Repubblica 14/7/2011, 14 luglio 2011
LA METAFORA DELLA MUCCA
Perché otto passeggeri su dieci si alzano di scatto dalla poltrona quando l´aereo ha appena compiuto l´ultimo sussulto nella sua area di stazionamento e stanno pigiati in piedi per un tempo che va dai 7 ai 12 minuti, in attesa che arrivi il bus o la bocca carnivora del finger? Mi dà la risposta un piccolo libro dello scrittore svizzero Peter Bichsel, Quando sapevamo aspettare (Editore Comma 22), 39 cronache giornalistiche sulle nevrosi e le paure dell´umanità. Al centro la nostra dipendenza dalle aspettative: nella carriera, nella fama, nel denaro, nel sesso. Non sappiamo più aspettare, stiamo sempre accovacciati sui blocchi di partenza, impegnati non nella corsa, ma nella rincorsa. Bichsel, sodale di Max Frisch, ci descrive con la metafora della mucca: «Le mucche brucano l’erba. Poi arriva il contadino e comincia a piantare dei paletti a cinquanta metri dal recinto. Le mucche stanno già tutte correndo verso l’angolo in fondo alla recinzione». Solo dopo molto tempo il contadino libera l’accesso al pascolo allargato. «Le mucche aspettano, aspettano e aspettano». Senza una vera ragione, perché dall’altra parte l’erba non è più verde di qui.