M. Sen., Corriere della Sera 14/7/2011, 14 luglio 2011
IL RITORNO DEL TICKET TRA LE PROTESTE
La manovra di correzione dei conti pubblici sale, di colpo, da 60 a 79 miliardi. Già quest’anno ci sarà un primo intervento per ridurre il deficit di 3 miliardi di euro, nel 2012 la correzione sarà di 6 miliardi, poi salirà a 25 nel 2013 e a 45 miliardi nel 2014: 79 miliardi di euro in quattro anni per rispondere all’attacco della speculazione. Il rafforzamento della manovra è avvenuto nell’arco di un solo pomeriggio, con la presentazione da parte del relatore di un pacchetto di emendamenti concordati con il governo, e che, inutile dirlo, hanno scatenato un diluvio di proteste. I nuovi interventi toccano tutti i settori economici e le critiche arrivano da ogni dove. Ci sono i sindacati che protestano per le nuove misure sulle pensioni e per la prevedibile stretta sull’assistenza e le agevolazioni fiscali, la Confindustria che contesta il poco coraggio avuto dall’esecutivo nel taglio dei costi della politica, l’opposizione che, costretta a fare il gioco del governo, non vuol metterci anche la faccia e annuncia il voto contrario. Protestano i medici per le restrizioni sul pubblico impiego, le associazioni dei consumatori per la conferma dell’aumento dell’accisa sulla benzina, per la nuova imposta di bollo sul deposito titoli considerata eccessivamente pesante anche nella nuova versione. Per non dire di quasi tutti gli ordini professionali, che stanno alzando un fuoco di sbarramento contro la possibile liberalizzazione dei servizi e delle professioni. Mentre sulla reintroduzione del ticket per la sanità il coro dei «no» è quasi unanime, abbracciando sia l’opposizione che i governatori delle regioni, già infuriati come i sindaci per i tagli del prossimo triennio. «Dopo la manovra bisogna aprire una fase politica nuova per far riprendere il cammino al Paese. Per noi la strada maestra sono le elezioni, ma siamo pronti a considerare qualsiasi soluzione, anche se non sembrano probabili gli spazi, che permetta di affrontare la crisi economica e cambiare la legge elettorale» dice il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, per rendere chiaro il quadro della situazione. «Abbiamo dato l’idea di un’opposizione che non gioca a sfasciare, ma voteremo no alla manovra. Il premier ha due strade. La prima è quella di pensare di incassare la manovra e averla sfangata, e sarebbe un gesto di grande miopia. Oppure prende atto che una fase si è esaurita e da il suo contributo» dice il segretario dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. L’opposizione aveva dato, e conferma, la sua disponibilità ad accelerare i tempi di approvazione della manovra, ma i suoi emendamenti non hanno trovato grande spazio, e per di più si son trovati di fronte ad altre misure presentate dal Tesoro per raggranellare risorse. Come quella che prevede la reintroduzione del ticket sanitario a partire da lunedì prossimo, cioè quando il decreto, che il Senato voterà domani e la Camera nella giornata di sabato, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. «Una tassa sulla salute degli italiani è davvero da irresponsabili» esclama Ignazio Marino, senatore del Pd, sottolineando che la decisione «colpirà i più poveri e chi non può permettersi un’assicurazione privata» . «Il governo cerchi altrove le risorse perché il ticket è una misura iniqua» incalza il capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro. «L’introduzione del ticket è una scelta sbagliata, sciagurata e dannosa» avverte il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, Pd, governatore dell’Emilia-Romagna. Parole dure arrivano però anche dai governatori di centrodestra, come Renata Polverini, alla guida del Lazio. «Una scelta unilaterale e ingiusta, a cui il governo non ha fatto cenno nell’incontro che abbiamo avuto oggi, e che abbiamo appreso dalle agenzie di stampa. Oltre al danno anche la beffa. L’imposizione del ticket sanitari è un sacrificio inaccettabile per i cittadini» dice la Polverini. Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, spera in un intervento del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per riaprire la trattativa con le Regioni almeno dopo l’approvazione della manovra. «Mi aspetto che il dialogo possa riprendere veramente presto anche perché con i tagli previsti la situazione rischia di diventare insostenibile per le Regioni. Anche la Lombardia, con la sua gestione oculatissima, rischia di andare sotto il pelo dell’acqua» assicura Formigoni. Il Pd contesta anche le nuove misure a carico delle pensioni, e critica la revisione della norma sulle rivalutazioni, che poteva essere più generosa con i pensionati a più basso reddito. Scatenati, poi, tutti gli ordini professionali, che vedono vacillare gli assetti attuali con la liberalizzazione alle porte. Architetti, commercialisti e avvocati, che in Parlamento sono tanti e hanno già iniziato una raccolta di firme, sono sul piede di guerra. «Il governo si limiti ad affrontare i provvedimenti utili al pareggio di bilancio» tuona Fabio Rampelli, deputato pdl.