Federico Taddia, La Stampa 12/7/2011, 12 luglio 2011
IL ROBINSON DI BUDELLI: «È QUI LA MIA POLINESIA»
Gli amici lo hanno soprannominato Robinson. I turisti, appena sbarcano sull’isola, con un occhio cercano i resti di quella che era l’unica spiaggia rosa del Mediterraneo e con l’altro scrutano tra gli alberi per trovare la vecchia casa del matto che ha scelto di viverci in completa solitudine. «Mi cercano, mi fanno domande, e tutti dicono che verrebbero a vivere con me domani: io allora li invito a raggiungermi a dicembre o a gennaio, quando si mangiano scatolette perché con il gommone non si raggiunge il porto dove fare un po’ di spesa, il buio pesto ti avvolge alle 4 di pomeriggio e l’unica compagnia è quella dei topi e della salsedine. E fino ad ora non si è candidato ancora nessuno».
Ride da vecchio lupo di mare quale non è Mauro Morandi, modenese di 72 anni, e da 22 custode dell’Isola di Budelli, lembo di paradiso nel cuore dell’arcipelago della Maddalena sfuggito ad un tentativo di speculazione edilizia e tutt’ora di proprietà della società immobiliare Nuova Gallura. Una vecchia costruzione militare della seconda guerra mondiale come dimora, una veranda sotto la quale mettere in mostra piccole sculture in legno di ginepro da piazzare ai visitatori per finanziare alcuni medici in Africa, una cisterna per raccogliere l’acqua piovana, un paio di pannelli fotovoltaici, una tv e un piccolo congelatore dove fare scorta di pesce: questo è il regno di Morandi, arrivato quasi per caso sull’isola e oggi custode volontario e unico abitante.
«Sono un ex docente che ha abbandonato il mondo della scuola: dopo qualche anno perso tra le indecisioni ho capito che la mia vita aveva bisogno di una svolta - spiega Morandi Così ho comprato un catamarano e ho deciso di andare in Polinesia, alla ricerca di un’isola deserta dove vivere. Durante il viaggio di andata ho scoperto Budelli, dove ho conosciuto il custode di allora. Era al suo ultimo giorno di lavoro, e stavano cercando un sostituto: beh, lo avevano trovato. E io avevo trovato la mia Polinesia. Non prendo un soldo da una vita, ma io da qua non mi sono più mosso: se non un paio di volte all’anno per andare a Modena a trovare mia madre».
La spiaggia di Cala di Roto deve la sua celebre sabbia rosa alla presenza di un 95% di carbonato di calcio, proveniente dai microrganismi che si staccano dalla Posidonia e si depositano sulla battigia. Uno spettacolo che da sempre attrae centinaia di natanti che scelgono quella spiaggia come approdo e che cercano di portarsi a casa - come souvenir - secchi e bottiglie colme di sabbia. Per l’ecosistema è un impatto che mette a repentaglio l’integrità dell’isola.
Tanto che il Parco, con un’ordinanza del 1999, ha deciso di vietare il transito, l’ancoraggio e la balneazione nei pressi della caletta, nonché il calpestio dell’arenile. Spiega Morandi: «Il mio compito è soprattutto quello di tenere gli occhi ben aperti per evitare che qualcuno faccia il furbo: c’è sempre chi cerca di tuffarsi in quell’acqua cristallina o che prova a intascarsi qualche granello di sabbia».
Più che alzare la voce o forse anche urlare Robinson però non può fare: nei casi più estremi può invocare l’intervento urgente della Capitaneria di porto. Come è successo qualche settimana fa, quando da uno yacht di 80 metri, noncuranti dei divieti e delle proteste del custode, sono sbarcati un gruppo di marinai con comandanti al seguito per fare un picnic, con tanto di telecamere, poltrone e tavoli gonfiabili.