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 2011  luglio 12 Martedì calendario

ODISSEA DEL RANCORE CHE HA NOBILITATO LA TV

Chissà quanti ricordano ancora che «Dallas» è stata la carta vincente di Silvio Berlusconi per lanciare il neonato Canale 5. Correva l’anno 1981 e la Rai aveva acquistato i primi episodi, trasmettendoli su Rai1 fra molte perplessità e diffidenze. Con incredibile tempismo, Berlusconi volò in America e acquistò i diritti di trasmissione per l’intera serie. Con «Dallas» , Canale 5 inventò la contro-programmazione mettendo in crisi i più consolidati appuntamenti della Rai. Per consolarsi, nei piani alti di Viale Mazzini cominciarono a chiamare Berlusconi «Geiar» . L’aspetto più innovativo di «Dallas» è consistito nel mettere in scena non business e amori e nemmeno petrolio e tradimenti, ma un mondo popolato da «cattivi» . Il serial proponeva un modello di comportamento fondato sulla prevaricazione, sulla disgregazione della famiglia, sull’odio (dove, beninteso, i personaggi non sono affatto all’altezza del loro odio e ne offrono solo versioni mediocri). A Dallas sono tutti cattivi. Nell’intrico di colpe di tre dozzine di caratteri (ogni personaggio ha la sua piccola «odissea del rancore» da narrare), si rompeva uno degli schemi classici della rappresentazione del «cattivo» . In passato, il cattivo era solo, anzi la solitudine era proprio uno dei tratti distintivi di quel sinistro brio che anima la cattiveria. Perdere un episodio di «Dallas» voleva dire non solo smarrire il senso della trama ma anche scoprire che ognuno dei protagonisti aveva acquisito nel frattempo nuove alleanze e nemici, che ognuno aveva commesso la sua piccola o grande parte di male. A rivederli oggi, J. R. appare persino commovente, per lo zelo che profonde nell’impegno diabolico di boss spietato, ma Cliff Barnes, il fratello di Pamela, non gli è da meno, anzi. Sue Ellen ce la mette tutta per sostenere il ruolo di «femme maudite» , l’adultera alcolizzata capace di amare e odiare nello stesso tempo il suo bambino, ma Pamela, per aver un figlio, non guarda in faccia nessuno. Bobby sembra il ritratto della bontà, ma da buon Abele arriva a essere il numero uno della Ewing Oil e non sa resistere al fascino perverso della politica. Il curioso di «Dallas» è che ha nobilitato la tv in ambito accademico, spianando la via agli studi sulla serialità americana. Basta ricordare due celebri libri: «Watching Dallas» , scritto nel 1985 dalla studiosa Ien Ang e «Omero e Dallas» della grecista francese Florance Dupont, pubblicato nel 1993.