LUIGI GRASSIA, La Stampa 13/7/2011, 13 luglio 2011
“Con un elettrone d’appoggio vi creerò tutto l’Universo” - Sfere perfette. Per gli antichi il cielo ne era pieno
“Con un elettrone d’appoggio vi creerò tutto l’Universo” - Sfere perfette. Per gli antichi il cielo ne era pieno. Sole, Luna, stelle, pianeti: tutto quello che orbitava lassù, al di sopra di questa nostra fetida Terra corrotta, era sublime e incontaminato; e gli astri esprimevano la loro divina perfezione anche sfoggiando un’apollinea razionalità sferica. Col tempo queste opinioni sul mondo uranico sono state corrette: adesso sappiamo che le stelle e i pianeti sono anche loro partecipi del divenire, come e peggio della Terra, spesso squassati da eventi traumatici (e a volte persino distrutti da esplosioni). E quanto alla rotondità, beh, è solo la meno importante delle loro prerogative a essere andata a farsi benedire. Ogni corpo celeste gira su se stesso, ma così la forza centrifuga lo allarga all’equatore e lo schiaccia ai poli. Il nostro universo è fatto di approssimativi ellissoidi, tutt’altro che apollinei, tenuti insieme alla bell’e meglio dalla gravità e da altre spinte contrastanti fra loro. Eppure, qualcosa sopravvive nella nostra fede nelle sfere perfette. Nell’infinitamente piccolo, le particelle elementari, cioè gli elettroni, i fotoni, i quark eccetera, sono (sembra naturale pensarlo) delle sferette ideali. È ovvio, no? Altrimenti su che cosa si reggerebbero il mondo e la sua razionalità? Ma potrebbe trattarsi di un mero pregiudizio. Ed essendo stati sfiorati dal dubbio, due fisici, Jony Hudson (dell’Imperiali College di Londra) e Aaron Leanhardt (dell’università del Michigan), hanno deciso di andare a verificare come stia questa faccenda, e si sono cimentati nella difficilissima misurazione della sfericità dell’elettrone. Bum. Ma chi se ne frega se l’elettrone è o non è rotondo? Perché problematizzare una cosa che sembra ovvia? Perché - è la risposta - è proprio ponendosi nuove domande che si ottengono risposte mai immaginate, e si svelano nuovi misteri. E a parte questa regola generale, ci sono ragioni specifiche per verificare se l’elettrone sia o non sia una sfera perfetta: Hudson e Leanhardt dicono che, «qualora si dimostrasse la non assoluta rotondità dell’elettrone, si potrebbe spiegare come mai nell’universo la materia abbia sopraffatto l’antimateria, che in origine le era pari, e addirittura perché la materia possa esistere, alla luce della teoria della supersimmetria». Ma prima di calarci in queste complicazioni andiamo al sodo, raccontando come Hudson e Leanhardt hanno operato, e quali sono i risultati del loro esperimento. Esistono dei microscopi speciali così potenti da permetterci di vedere singoli atomi. Nitidamente. E persino di afferrarli, e di spostarli, e di manipolarli, a uno a uno. Si possono anche distinguere le nubi elettroniche attorno al nucleo dell’atomo. Ma vedere un singolo elettrone è fuori questione, è troppo piccolo e veloce, e tanto meno si riesce a immobilizzarlo e ad acchiapparlo per misurare direttamente la sua rotondità; ci si può arrivare solo in maniera indiretta. Hudson e Leanhardt sono andati in cerca di eventuali irregolarità nelle oscillazioni degli elettroni in un campo elettrico: a parità di campo, tanto maggiore è l’eventuale deformazione dell’elettrone, tanto più ampia l’irregolarità, e viceversa. Nell’arco di tre mesi due fisici hanno fatto ben 25 milioni di osservazioni su altrettanti elettroni (un campione colossale), hanno riversato tutti i dati nel frullatore di un computer e hanno fatto la media. Sentite questa: l’accuratezza degli strumenti usati era tale che, se un elettrone, riportato in scala, fosse grande come tutto il sistema solare, includendo l’orbita di Plutone (che raggiunge la distanza massima dal Sole 7,3 miliardi di chilometri), il test sarebbe stato capace di rilevare una deviazione dalla perfetta rotondità pari allo spessore di un capello. E, invece, non è stato rilevato nulla. Zero assoluto. «Usando la migliore strumentazione attualmente a nostra disposizione - dice Jony Hudson - l’elettrone appare rotondo». Non più o meno rotondo, proprio rotondo e basta. Però fate attenzione alla frase tutta intera, questo è vero con «la migliore strumentazione attualmente a nostra disposizione»; e lo stesso Hudson valuta che fra pochi anni «ci saranno strumenti 10 volte più precisi, e questo ci permetterà una misurazione tale da capire in maniera definitiva se la teoria della supersimmetria sia corretta o no». E che cosa dice questa benedetta supersimmetria? In estrema sintesi, la teoria (nota anche, simpaticamente, come «SUSY», cioè «SUper SYmmetry») avanza l’ipotesi che ogni particella elementare abbia una partnerombra, identica in tutto tranne che nello «spin» (e lo spin, sempre in estrema sintesi, è una variabile legata alla rotazione). Alla luce del suo esperimento, Jony Hudson afferma che la supersimmetria appare nei guai, perché «il fatto che l’elettrone sia così rotondo è difficile da spiegare sulla base di questa teoria». E allora incroci le sue supersimmetriche dita, la povera SUSY, e speri che Hudson la salvi, trovando (in futuro) una pur piccola deviazione dalla perfetta sfericità. Analoghe considerazioni valgono per il rapporto fra la materia e l’antimateria: per spiegare come mai la prima sia così prevalente e la seconda così residuale, «ci devono essere, nel loro comportamento - dice Jony Hudson - delle piccolissime differenze che non abbiamo ancora osservato. E una di queste potrebbe essere la non perfetta rotondità dell’elettrone». Adesso ci assale un dubbio: e chi ci dice che gli elettroni siano tutti uguali? Se a fare la differenza basta molto meno che lo sbalzo di un capello su 7,3 miliardi di chilometri...