GABRIELE BECCARIA, La Stampa 13/7/2011, 13 luglio 2011
Il grande album delle 30 Terre - Mettetevi nei panni di un viaggiatore del tempo e godetevi lo spettacolo: i display della sala comando stanno per materializzare intorno a voi 30 fenomenali istantanee della storia terrestre, da 750 milioni di anni fa fino al presente
Il grande album delle 30 Terre - Mettetevi nei panni di un viaggiatore del tempo e godetevi lo spettacolo: i display della sala comando stanno per materializzare intorno a voi 30 fenomenali istantanee della storia terrestre, da 750 milioni di anni fa fino al presente. Gli autori garantiscono colori realistici e la ricostruzione più precisa mai realizzata dei movimenti delle placche e delle derive dei continenti. «Abbiamo dedicato molta cura all’elaborazione del tutto, nonostante le limitate conoscenze a disposizione», ha assicurato il professor Abel Méndez, enfatizzando la collaborazione con la Nasa e con il suo archivio unico - di immagini satellitari. A prendere forma è stato così il periodo chiave - per quanto lunghissimo e inconcepibile per i nostri parametri umani - in cui la vita comincia a emigrare dagli oceani e colonizza la terraferma, esplodendo in forme non soltanto complesse ma anche gigantesche (con i dinosauri che rappresentano solo uno tra i tanti esempi, sebbene il più celebre). Osservare l’ultima fase evolutiva del nostro pianeta è un’idea nata al «Planetary Habitability Laboratory», centro di ricerca della University of Puerto Rico, ad Arecibo, un indirizzo celebre per il gigantesco radiotelescopio e per l’ambizioso messaggio radio trasmesso a presunte intelligenze aliene il 16 novembre 1974. E non è casuale che anche stavolta ci sia un legame con lo spazio profondo e le sue sorprese: se l’obiettivo immediato è fornire agli scienziati un set di immagini inedite, con cui analizzare una storia tormentata (e punteggiata da episodi oscuri) di geografia, clima e biologia, il «Progetto Vpe» acronimo di «The visible paleoEarth» - è in realtà lo «spinoff» di una ricerca molto più vasta per indagare gli esopianeti. Utilizzando il nostro sassolino orbitante come modello e scenario-base, si pensa di simulare il passato turbolento e il presente enigmatico di tante altre Terre che si stanno scoprendo al di là dei confini del Sistema Solare. I risultati - spiegano gli ideatori - daranno quindi il loro contributo per indagare un paio di quegli interrogativi così dilatati da appassionare anche i più distratti: quali sono stati gli «ingredienti» che hanno plasmato la Terra come la conosciamo oggi, facendone un Eden per la vita? E come si possono replicare queste caratteristiche in altri cloni, più o meno perfetti, in altre galassie, del globo che presuntuosamente consideriamo la casamadre?