Massimiliano Bucchi, la Repubblica 13/7/2011, 13 luglio 2011
E IL SIGNOR CODICE A BARRE CREÒ L´ICONA DEL CONSUMO
Agli inizi degli anni Settanta, molto prima che le nostre vite diventassero tracciabili attraverso i movimenti dei telefonini e le ricerche su Google, Alan Haberman aveva un´ossessione. Come responsabile di una catena di supermercati, vedeva nelle lunghe code che si formavano alle casse un´inutile causa di disagio per i clienti e per il personale. Gli errori nella digitazione dei prezzi erano comuni e la gestione dei magazzini estremamente laboriosa.
Haberman si mise testardamente in cerca di una soluzione. Scoprì che due studenti di Philadelphia, Norman Woodland e Bernard Silver, avevano brevettato nel 1952 un sistema che utilizzava una sorta di codice Morse per identificare i prodotti. Il brevetto languiva nei cassetti a causa del costo e dell´affidabilità ancora modesta dei sistemi di scansione. Ma l´ostacolo forse più significativo era rappresentato dallo scetticismo degli stessi supermercati e soprattutto dei grandi produttori alimentari, che paventavano la richiesta di etichette "personalizzate" da parte di ciascuna catena di distribuzione. Haberman riuscì a convincerli e divenne così il coordinatore di una commissione deputata a scegliere uno standard, "una sorta di impronta, in un Esperanto che andasse bene per tutti". La commissione scartò un design a macchie multicolori e uno ad occhio di bue, optando alla fine per un modello sobrio e di facile lettura, a barre verticali bianche e nere, sviluppato presso la IBM sulla base dell´idea originale di Woodland e Silver – nel frattempo, il loro brevetto era scaduto e Silver defunto. Il modello fu denominato con la sigla UPC, Universal Product Code.
Così, alle 8 di mattina del 26 giugno 1974, l´ostinata rincorsa di Haberman giunse finalmente al traguardo in un supermercato dell´Ohio. Il cliente passò un pacchetto di gomme da masticare Wrigley alla cassiera, il lettore ottico riconobbe correttamente il prodotto e presentò un conto di 67 cents. Oggi si stima che ogni giorno la stessa operazione sia ripetuta su oltre cinque miliardi di prodotti nei negozi di tutto il mondo. I codici a barre sono usati per le carte d´imbarco nel trasporto aereo, per tracciare le spedizioni e perfino in alcuni reparti ospedalieri di maternità. Occhio puntato sui nostri acquisti, gusti e spostamenti, come icona contemporanea il codice a barre ha ispirato centinaia di artisti e designer; per le voci più critiche, è divenuto uno dei simboli dell´ubiquità pervasiva delle logiche commerciali contemporanee.
Alan Haberman è scomparso qualche giorno fa a 81 anni. La sua storia è un esempio significativo di come si possa essere un innovatore senza essere un inventore. Haberman dette un impulso decisivo allo sviluppo di un settore tecnologico; intuì l´importanza di standard e linguaggi comuni in uno scenario globale, anni prima della diffusione delle tecnologie digitali. Trasformò silenti beni di consumo in strumenti con cui possiamo interagire, "gingilli" come li definisce il futurologo Bruce Sterling che ha messo sulla copertina del suo La Forma del Futuro un bel limone giallo marchiato da un codice a barre. Estese perfino, da un certo punto di vista, il senso della rivoluzione pop di Andy Warhol, trasformando un pacchetto di gomme da masticare in un pezzo da museo (è a Washington) e in un segno del cambiamento delle nostre vite quotidiane.