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 2011  luglio 13 Mercoledì calendario

DUE COLPI ALLA TESTA, ASSASSINATO IL FRATELLO DI KARZAI

Ahmed Walid Karzai sapeva di avere molti nemici, era sfuggito ad almeno tre attentati ed era consapevole che in Afghanistan si muore facilmente. Ma il fratello del presidente afghano si è fatto sorprendere. Sardar Mohammed, suo uomo di fiducia e legato alla sua milizia, è entrato nell’ufficio di Ahmed a Kandahar per mostrargli dei documenti. E quando sono rimasti soli gli ha sparato due proiettili alla testa. Un istante dopo era morto anche Sardar, freddato dalle guardie del corpo entrate nella stanza dopo aver udito le detonazioni. L’uccisione è stata rivendicata dai talebani che l’hanno presentata come l’operazione più importante dell’offensiva d’estate, la campagna Badr. Non tutti, però, sono convinti che c’entrino gli insorti. In ogni caso contano le conseguenze politiche. Pesanti. Ahmed Walid Karzai – AWK, come la chiamava qualcuno – non era solo il fratellastro del presidente. Ex ristoratore a Chicago, una volta tornato in patria è diventato infatti una figura chiave nella regione di Kandahar. Gestore di potere, broker di mille accordi, sul libro paga della Cia, ha gestito il narcotraffico e ha «venduto» sicurezza agli americani. Con i suoi uomini — la Kandahar Strike Force — e con i contatti discreti. Con il fucile oppure con negoziati diretti con i talebani. Un personaggio indispensabile per mantenere — a suo modo — la stabilità e garantire appoggi al fratello Hamid. Obiettivi da conseguire non importa come. I suoi metodi, alla fine del 2009, se erano apprezzati dagli 007— abituati a non fare troppo gli schizzinosi — avevano suscitato dure reazioni tra i militari. E il Pentagono aveva cercato di incastrarlo con una lunga indagine. Ma l’inchiesta non è andata da nessuna parte e AWK è rimasto al suo posto. L’anno dopo i generali americani gli hanno imposto dei limiti, quindi durante i primi mesi del 2011 Ahmed ha ricostruito il rapporto con i militari diventandone un interlocutore indispensabile. Ora la sua uccisione, ammettono gli osservatori, apre un vuoto di potere. Il presidente, che ieri ha ricordato «il martire Ahmad» , perde un alleato formidabile. Preoccupati anche gli americani, impegnati a contenere i talebani nel settore strategico di Kandahar. Un intreccio di guai in una fase complicata. Gli insorti continuano gli attacchi con le bombe improvvisate — come testimonia la morte del nostro militare — e si affidano spesso a soldati afghani traditori. L’intelligence ha appena sventato un complotto contro il ministro dell’Interno, coinvolti 3 agenti. Dal marzo 2009 quasi 60 membri dell’alleanza sono stati assassinati da colleghi locali. La stessa cosa potrebbe essere avvenuta con AWK. Problemi interni in parallelo a quelli con il Pakistan. Washington ha congelato un terzo dei fondi destinati all’esercito pachistano. Islamabad ha risposto minacciando di ritirare le truppe schierate in prossimità del confine afghano, mossa che favorirebbe i movimenti dei talebani. Gli americani hanno rilanciato con tre raid affidati ai velivoli senza pilota nell’area tribale del Pakistan: 38 i militanti uccisi. Le incursioni, molto temute dai qaedisti, sono osteggiate — almeno in pubblico— dalle autorità locali che temono contraccolpi interni. Invece, per la Casa Bianca e la Cia, sono l’armamigliore per martellare i terroristi.