Varie, 12 luglio 2011
TI-BLANC
(William Petit Blanc) Haiti 1981 (~). Il capo dei capi delle gang di Port-au-Prince • «[...] Un esercito di criminali ai suoi ordini, un numero di morti ammazzati che persino lui aveva smesso di contare molto prima di compiere — in galera — i suoi [...] ventotto anni. Perché alla fine ci era finito, in galera. All’inizio del 2007. Nel posto più sicuro di Haiti [...] Ma al terremoto non ha resistito neanche lei: prigionieri e macerie sono venuti giù insieme. Per un totale di poche decine di morti e centinaia di evasi: tra questi Ti-Blanc. [...] E naturalmente è tornato nello stesso quartiere da cui era partito, nel suo Pelé: una delle bidonville più tremende di Port-au-Prince. È da lì che Ti-Blanc, per anni, aveva scalato tutti i gradini della criminalità locale sino a conquistarsi la fama del “più cattivo”. Con le rapine, gli omicidi per pochi spiccioli, ma soprattutto coi sequestri. La guerra con la gang del rivale storico Evans aveva fatto morti da entrambe le parti. Ti-Blanc aveva vinto. Del resto, per dire quanto bastasse il suo nome a terrorizzare non solo i poveracci ma anche i pur assai cattivi cani sciolti della criminalità haitiana, è sufficiente ricordare un episodio rimasto [...] nella memoria di tanti. Fu quando un gruppetto di balordi, anni fa, ebbe la sciagurata idea di rapire padre Richard Frechette: il prete medico che negli slum conoscono tutti per le numerose scuole e cliniche di strada che vi ha aperto e attraverso cui, con i suoi volontari, da anni cura quelli che nessun altro cura. Anche a Pelé, il quartiere di Ti-Blanc: solo che chi aveva rapito il sacerdote l’ha riconosciuto troppo tardi. E quando l’ha liberato ha avuto un solo terrore, raccontano ancora oggi tra quelle baracche: che lo sbaglio venisse a conoscenza di Ti-Blanc. Finché, all’inizio del 2007, l’impero di Ti-Blanc è crollato tutto in una notte. Fu quando i caschi blu brasiliani dell’Onu decisero di farla finita. Entrarono con i carri tra le baracche, i mitra sulle torrette, gli elicotteri a coprire il blitz dall’alto. Fu un massacro, a lasciarci la pelle furono anche un sacco di bambini, il che non mancò di provocare una successiva protesta formale di padre Freschette contro il contingente. Ma il boss fu arrestato: così come in precedenza era finito dentro il giovane Evans, il suo nemico di una volta. Morto in carcere [...] Non che l’arresto di Ti-Blanc avesse risolto tutti i problemi, naturalmente, delle sterminate baraccopoli della capitale. Ma a suo tempo era stato letto in tutta la città come uno dei segnali più forti di una volontà di cambiare. O almeno di una possibilità di farlo. [...] Poi è arrivato il terremoto. E Ti-Blanc è stato più forte del terremoto. [...]» (Paolo Foschini, “Corriere della Sera” 19/1/2010) • «[...] Sono nato in campagna [...] e mi sono trasferito a Port-au-Prince con la mia famiglia quando ero ancora piccolo. Abitavamo a Cité Soleil [...] Ho frequentato una scuola di strada e a 17 anni sono entrato nella polizia postale [...] Dicono un sacco di calunnie sul mio conto. Fin dal mio primo arresto, da ragazzo. Mi hanno sempre perseguitato per motivi politici, prima in seguito alla cacciata del vecchio presidente Aristide e poi per invidia dei miei rapporti di amicizia con Préval [...] Ma io non ho fatto niente di criminale per lui. Ho usato la mia influenza, la mia capacità persuasiva e dialettica per far cessare la violenza in Down-town. Questo ho fatto. Invece il presidente mi ha usato e poi gettato via [...] Io dico solo [...] che la legge della Bibbia è chiara: se uno taglia una mano a te, così è scritto, tu la tagli a lui. Lo so che nella Bibbia esiste anche la legge del perdono. Ma esistono luoghi e situazioni dove il perdono purtroppo non vale [...] E in ogni caso, di che stiamo parlando? Io non ho mai ucciso nessuno. [...]» (Paolo Foschini, “Corriere della Sera” 28/7/2010).