Varie, 12 luglio 2011
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Tendo Shoko
• Osaka (Giappone) 1968. Scrittrice. Nota per il libro Yakuza Moon (tradotto in Italia con il titolo Il drago nel cuore, Garzanti 2009) • «Il braccio non è un buon posto per portare un drago. Meglio il cuore: lì dentro nessuno guarda. Shoko Tendo ha un drago tatuato su un braccio, e sulla schiena una donna con il coltello tra i denti, e le gambe istoriate. Il suo è un corpo da yakuza. Il suo cuore, invece, non appartiene più al mondo della mafia giapponese. E per uscirne ha dovuto domare il drago nel cuore e scrivere: scrivere la sua storia. Non era mai accaduto che una donna raccontasse da dentro l’universo della yakuza, casta virile, romanticamente associata — in tempi meno crudi di adesso — agli antichi samurai e a codici d’onore. Tendo [...] nel 2004 ha pubblicato in forma di romanzo la sua vita di figlia di un boss, poi di vittima e compagna di boss, di boss lei stessa. [...] In quelle pagine c’è la vita di Shoko Tendo. Un’infanzia felice e ricca con il padre gangster, l’arresto di lui, i debiti, l’alcolismo, gli affiliati che da amici si trasformano in aguzzini. “Odiavo il modo in cui mio padre si comportava — ha raccontato in un’intervista — ma sono presto diventata come lui. Ero una delinquente strafatta di colla, ero una piccola yakuza, facevo quello che avevo visto fare”. A 15 anni il riformatorio. Due tentativi di suicidio. Anni infernali: gli uomini che avevano debiti in sospeso con il padre venivano da lei, si facevano pagare “in botte e violenza”. Un pestaggio le devastò il viso costringendola a una plastica ricostruttiva [...] “Avevo 19 anni, quasi mi ammazzarono in un’orrenda stanza di motel. Mi dissi che lì non volevo morire, che dovevo uscirne...”. Ne uscì. Il rito d’iniziazione lo scelse lei, un contrappasso fisico: passati i vent’anni si fece tatuare il corpo come un uomo della yakuza, schiena, braccia, gambe. Cominciò a lavorare come hostess nei bar, era la Tokio della bolla speculativa, tanti soldi. Il passato si allontanava, anche se “sono orgogliosa che mio padre fosse yakuza, io ce l’ho nel Dna, benché non sia cosa per donne” [...]» (Marco Del Corona, “Corriere della Sera” 9/9/2007) • Vedi anche Marina Gersony, “Il Giornale” 23/3/2009.