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 2011  luglio 10 Domenica calendario

MONTAGNE RUSSE MONNEZZA

Se stilassimo un grafico dell’anda­mento delle giacenze di rifiuti per le strade partenopee, ne uscireb­be il profilo delle montagne russe. A terra si sono accumulate 1.700 tonnellate di sacchetti e immondi­zia varia, di nuovo. E tutte le riu­nioni dell’esecutivo, dei governa­tori, i vertici in prefettura e in regione a Napoli? Hanno prodotto l’ordinanza del presidente Stefa­no Caldoro che autorizzava l’in­vio ieri di 700 tonnellate nelle di­scariche di Sant’Arcangelo Tri­monte (Benevento), Savignano Irpino (Avellino) e San Tammaro (Càserta).
Nel Sannio il primo altolà con proteste. Il presidente della provincia ha disposto un ricorso d’ur­genza al Tar del Lazio per blocca­re i conferimenti straordinari di 100 tonnellate al giorno di fut (ri­fiuti umidi tritovagliati) a Sant’Ar­cangelo Trimonte. Conferimenti che rischiano di allargare la crisi al beneventano. Ricorso al Tar anche per la provincia irpina. Il vicesindaco partenopeo, Tomma­so Sodano, torna a chiedere l’in­tervento dell’esecutivo, più solle­cito con i fondi Fas del comune di Palermo.
Stando così le cose, la prossima settima potrebbe scoppiare una nuova crisi acuta. Dal cassetto verrebbe fuori il solito piano re­gione-provincia, con i compli­menti del governo e della Lega: allungare la vita delle discariche di Chiaiano, Terzigno e Giugliano per un altro anno; individuare minidiscariche (per un milione di tonnellate) tra le 124 cave dismes­se (Chiaiano, Marano, Sant’Ana­stasia, Giugliano, Comiziano i primi siti sotto esame); realizzare i termovalorizzatori di Napoli Est, Salerno e Giugliano, quest’ul­timo dedicato alle ecoballe per cui l’Impregilo è sotto processo.

Clan e sacchetti
Come se la magistratura non aves­se incriminato la Ibi spa e dalla Edilcar sas, accusate di essere con­trollate dai clan Maliardo e Zaga­ria, le società che hanno gestito la discarica di Chiaiano e Savignano Irpino. Ma infiltrazioni camorristi­che vengono fuori lungo tutta la filiera, dalle ditte di trasporti alla gestione degli impianti dentro e fuori regione.
Giovedì scorso la A2A, multina­zionale dei rifiuti controllata dai comuni di Milano e Brescia, sbar­cata in Campania dietro l’eserci­to e la Protezione civile per gesti­re il termovalorizzatore di Acer­ra, si è presentata alla stampa per provare un approccio più amichevole. Nelle pieghe del di­scorso, però, sono venuti a galla alcuni dati. Ad Acerra, così come nei forni da costruire, gli affari si fanno con i Cip6 (concessi per 8 anni, a danno delle altre rinnova­bili). Delle 607mila tonnellate trattate in un anno, il 15% costitui­sce rifiuti altamente tossici (cad­mi, mercurio, piombo) smalti­ti in Germania a oltre 500 metri di profondità, in miniere di sal­gemma (come per le scorie nucle­ari), tanto sono pericolose, e par­liamo di un impianto solo. L’umi­do, circa il 40% dei rifiuti conferi­ti, trasformato in fut, va poi smal­tito guarda caso in discariche e cave e nessuno ancora ha spiega­to perché non viene trasformato in compost.
Infine l’impianto di Giugliano, su cui i casalesi hanno provato nel corso degli anni a mettere le mani. Persino gli inge­gneri della A2A hanno dubbi sul­la possibilità di bruciare le ecoballe (ci vorrebbero 10 anni) visto che nessuno sa con esattezza co­sa ci sia nei grattacieli di rifiuti mummificati di Taverna del Re.