[P. MAS.], La Stampa 10/7/2011, 10 luglio 2011
Fenomeno “trackers” i cacciatori di gaffe distruggi-repubblicani - Segnatevi questo nome: «Tracker»
Fenomeno “trackers” i cacciatori di gaffe distruggi-repubblicani - Segnatevi questo nome: «Tracker». È la forma più moderna, sofisticata e vergognosa di lotta politica. Sono persone armate di telecamera, che i partiti americani mandano in giro a pedinare i candidati avversari, nella speranza di riprenderli mentre commettono una gaffe, dicono la cosa sbagliata, o magari scivolano salendo sul podio per un comizio. Scopo: distruggere in un secondo la loro carriera, o quanto meno mettere da parte abbastanza materiale dannoso, da utilizzare negli spot televisivi al vetriolo che ormai caratterizzano le campagne elettorali. Se n’è accorto il «New York Times», che ha messo in prima pagina la storia di uno di loro, Aaron Fielding. Aaron ha 27 anni e lavora per American Bridge 21st Century, un’organizzazione vicina al Partito democratico che è stata creata apposta per dare la caccia agli errori dei repubblicani. Il suo fondatore è David Brock, un ex leader dell’estrema destra che era entrato in politica per attaccare e distruggere Bill Clinton. Lungo la strada si è convertito ed è passato sull’altra sponda. Ha creato Media Matters for America, una struttura pensata per criticare i giornali e le televisioni dei conservatori, tipo Fox News. Quindi ha deciso che questo non bastava ed è passato all’attacco con il Grande Fratello della politica, o la Striscia la Notizia delle presidenziali. Ha aperto il quartier generale di American Bridge a Washington, in un ufficio dove lavorano venti ricercatori che hanno il compito di seguire tutti gli sviluppi delle varie campagne elettorali in corso, e dare indicazioni ai «trackers» su come muoversi. Sul campo, poi, lavorano una dozzina di ragazzi come Aaron Fielding, che in base ai suggerimenti ricevuti dalla centrale vanno a caccia delle loro prede. Si sistemano davanti alle loro case, agli uffici, li seguono nei comizi e cercano di imbucarsi anche nei ricevimenti privati a casa degli elettori. Filmano tutto, fino a quando qualcuno li caccia, nella speranza di cogliere il momento che cambia la storia. Non si vergognano e non si scusano, come spiega il presidente di American Bridge, Rodell Mollineau: «È un nostro dovere registrare tutto quello che dicono i candidati avversari, in modo che non possano poi sfuggire alle promesse e alle cose fatte». Fielding va molto più sul pratico: «Io seguo tutte le questioni politiche più importanti e cerco di capire cosa conta, perché la ciccia delle campagne elettorali è tutta qua». Difficile dargli torto. Per esempio ricordate S.R. Sidarth, il tracker democratico di origine indiana che riprese il senatore della Virginia George Allen mentre lo chiamava «macaca», scimmia? Allen non è più senatore. Obama invece è sopravvissuto alla trappola che gli avevo teso «Joe the Plumber», l’idraulico che lo aveva attaccato dopo un comizio, ma per settimane non si era parlato d’altro. Anche il Partito repubblicano ha i suoi tracker, ma finora non ha creato una struttura specifica come American Bridge. Del resto, nell’era di Internet e degli smartphone, spesso non servono i professionisti per incastrare i politici: «Oggi - spiega lo stratega repubblicano Carl Forti - con le telecamere montate sui telefoni cellulari, tutti si sentono dei trackers». Chiunque abbia ambizioni politiche è avvertito: ormai ogni campagna elettorale dura 24 ore al giorno, e la privacy è morta.