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 2011  luglio 11 Lunedì calendario

Vi racconto le ultime 24 ore di un giornale sotto assedio - Che strano, essere pro­prio noi l’ultima noti­zia! Sarebbe stato oppor­tuno che un giornalista di qual­che altro editore mi facesse sape­re che la mia carriera era a una svolta drammatica

Vi racconto le ultime 24 ore di un giornale sotto assedio - Che strano, essere pro­prio noi l’ultima noti­zia! Sarebbe stato oppor­tuno che un giornalista di qual­che altro editore mi facesse sape­re che la mia carriera era a una svolta drammatica. La chiamata arrivò alle 16,45 ora legale britannica di giovedì 7 luglio. «Dan, cosa significa tutta questa storia della chiusura di News of the World ? » «Che cosa?» «Non hai ricevuto la mail?». Quel giorno lavoravo da casa e mi ero interrotto per preparare il tè - pollo al curry, riso e focaccine - per me, mia moglie e i due bam­bini. Da qualche minuto non con­trollavo la posta in arrivo. Iniziai a leggere il messaggio, che risultava provenire da James Murdoch, presidente e direttore della News Corp., capogruppo di News International, proprietaria di News of the World . «Sarà uno scherzo. Ti richia­mo ». Chiamai subito in ufficio per parlare con il capo redattore del­lo sport. «Chi si è infiltrato nel si­stema e ha mandato questa mail? Deve essere uno scherzo». «Dan, non è uno scherzo». «Per favore, smettila. È una presa in gi­ro ».«No, Dan. Ho appena finito di parlare con mia moglie, che è scoppiata in lacrime». Fu così che appresi la notizia che News of the World stava chiudendo, dopo 168 anni, e che io stavo per restare senza lavoro. Pochi minuti prima, la Ceo di News International, Rebekah Brooks, era arrivata al secondo piano al Nr. 3 di Thomas More Square, Londra, accompagnata dalle guardie della sicurezza. Do­po una settimana di terribili, nau­seanti rivelazioni, che colpivano il nostro giornale, lo staff si aspet­tava qualche dichiarazione. Inve­ce niente. Non erano giorni facili per chi è giornalista, men che meno per un giornalista di News of the World . Lo spettro della pirateria telefoni­ca vagava da anni sulle «News of the Screws» («Scandali sessua­li »), ma questa volta era uno spet­tro da guerra atomica. Per il pubblico britannico, ascoltare le conversazioni di per­sonaggi celebri o politici, e perfi­no di persone della famiglia rea­le, poteva essere inopportuno, ma non costituiva una pesante of­fesa. Ma inserirsi abusivamente nel telefono di una ragazza scom­parsa e cancellare i messaggi per dare spazio ad altri, e perciò inter­ferire nelle indagini penali e riac­cendere le speranze dei suoi fami­liari, era giustamente considera­to un fatto disgustoso e offensivo, su un piano completamente di­verso. Ero abituato a ricevere qualche insulto via Twitter, da fan dei club di football che non condivideva­no i miei articoli. È una strana abi­tudine della cultura inglese quel­la di insultare la madre di qualcu­no e passarla liscia, ma guai se sminuisci a qualcuno la sua squa­dra preferita. Però qui si trattava di ben altro. «Dì a questi figli di puttana che li hai in odio», diceva uno dei mes­saggi inviati nel cyberspazio, alle­gato agli indirizzi Twitter, mio e di alcuni colleghi. «Feccia subu­mana » era un altro degli insulti scagliati contro di noi. Potete immaginare il nostro sta­to d’animo. Tutti i giornalisti e gli altri impiegati dello staff erano let­teralmente nauseati. Eppure, noi non eravamo re­sponsabili di quanto accaduto. Metterci tutti nello stesso caldero­ne non era giusto. La maggior par­te di coloro che lavoravano al News of the World non era nem­meno presente al momento dello scandalo dei presunti reati com­messi. Ma eravamo obiettivi faci­li e la mentalità del mobbing è sempre potente. Lo stesso si può dire dell’agen­da politica. Il giornale The Guar­di­an e la Bbc hanno seguito la sto­ria con gran vigore, istigati dal par­tito laburista, che sentiva odore di sangue perché l’ex portavoce del primo ministro, Andy Coul­son, era stato direttore del Notw durante parte del periodo in que­stione, e la Brooks, anche lei ex di­­rettore del giornale, era ospite abi­tuale a pranzo nella sua casa del­l’Oxfordshire. Se aggiungiamo a questo miscuglio la gara contro­versa di News Corporation per l’acquisizione integrale di BSkyB, ne esce un uragano perfet­to. Io e i miei colleghi siamo stati catturati nel bel mezzo di questo uragano. Sapevamo che Notw sta­va per attraversare tempi difficili, ma di tutti i modi in cui pensava­mo finisse la storia, quello della chiusura non era mai stato preso in considerazione. Sembrava ve­ramente strano, per chi è abitua­to a dare notizie, essere «la noti­zia ». C’erano squadre di cineope­ratori fuori dal mio ufficio, quan­do sono arrivato sabato all’ora di pranzo per collaborare alla 8674esima edizione di quella che era considerata un’istituzione bri­tannica. Ho scritto l’ultimissimo articolo di sport per il Notw, un breve articolo sulla sconfitta in­glese da parte della Francia nella Women’s World Cup - mai così adatta a questo momento. Abbia­mo scattato foto ricordo di grup­po, mangiato pizza con birra e vi­no, e il nostro direttore Colin My­ler ha tenuto un discorso. Infine, contrariamente alla tra­dizione, ha convocato tutto il suo staff battendo con un righello sul­la scrivania, fino a che tutti (circa 200 persone) non sono scesi nel­l’atrio. Colin aveva deciso che avremmo dovuto uscire a testa al­ta. Ci ha condotto fuori per affron­tar­e i flash dei fotografi e delle tele­camere e l’atmosfera era un mi­sto di sconfitta e di orgoglio. Do­po un breve discorso per la televi­sione, ha annunciato che, nella migliore tradizione di Fleet Stre­et, saremmo andati tutti al pub. Sto scrivendo queste righe, do­po­essere stato in piedi tutta la not­te a bere con gli ex colleghi. Il lavo­ro al News of the World è stato sti­molante. Ma sono sempre stato fiero di una domenica in cui legge­vo le nostre pagine sportive, tro­vandole di uno standard decisa­mente diverso dalle stesse pagi­ne di altri giornali. In ogni caso, non c’è tempo per i sentimentalismi. Ho una mo­glie, un figlio di otto anni, una bambina di cinque, una casa e un cane da accudire e devo trovare un lavoro prima che la mia liqui­dazione svanisca, nel clima eco­nomico più difficile che si sia mai visto da quasi un secolo. Ma que­sto è il giornalismo. Questi sono gli affari. Questa è la vita. Traduzione di Rosanna Cataldo