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 2011  luglio 11 Lunedì calendario

Stiamo ancora pagando i danni della seconda Guerra mondiale - Se lo Stato continua a finanzia­re­capitoli di spesa per i riconosci­menti ai combattenti della Gran­de Guerra, è ovvio che nel bilan­cio dei ministeri qualcosa dev’es­sere pur rimasto del conflitto 1940-45

Stiamo ancora pagando i danni della seconda Guerra mondiale - Se lo Stato continua a finanzia­re­capitoli di spesa per i riconosci­menti ai combattenti della Gran­de Guerra, è ovvio che nel bilan­cio dei ministeri qualcosa dev’es­sere pur rimasto del conflitto 1940-45. Lo troviamo nel budget del ministero delle Infrastrutture e riguarda i provvedimenti per la ricostruzione. Sono contributi tren­tennali per opere in concessione (739mila euro), per la ricostruzione dell’isola di Pantelleria (812mila eu­ro) e per la ricostruzione o riparazio­ne dei fabbricati distrutti (922mila euro) per un totale di oltre 2,4 milio­ni ai cui si devono aggiungere i 400mila del Tesoro per il Fondo in­dennizzi. Il 2011 dovrebbe essere l’ultimo anno nel quale saranno erogati ma in Italia una proroga è sempre possi­bile. Eanchesequalcunocontinuas­se a usufruirne non sarebbero soldi mal spesi giacché metterebbero un po’ in moto il settore edile. Ciò che stupisce, però, è come gli effetti della legge 968 del 1953 per gli indennizzi dei danni di guerra si siano protratti per quasi sessant’anni sia per effetto della legge 526 del 1982 (un «regalo­ne » agostano del governo Spadolini con spese a destra e a manca) che per effetto della legge 317/93 (gover­no Ciampi) che a quarant’anni di di­stanza dalla prima regolava il com­p­letamentodellaricostruzionepost­bellica. Non bisogna scandalizzarsi più di tanto. Il ministero delle Infrastruttu­reh­aunadotazionefinanziariaditut­to rispetto, ma a differenza di altri di­casteri ( Tesoro escluso) ha più soldi da destinare agli investimenti che agli stipendi del personali. Su 7 mi­liardi circa di budget solo uno se ne va in spesa corrente. Il costo del per­sonale delle capitanerie di porto, cioè la Guardia costiera, rappresen­ta poco più del 30% di questo am­montare. La valutazione della spe­sa, quindi,èpositivaperchésonosol­di che muovono l’economia. Certo, si può e si deve obiettare sui tempi di realizzazione che per troppi motivi si allungano allargando i costi. La vera critica, però, non può che essere di natura politica. Il perché è prestodetto. Seconsideriamolasola costruzione di strade, su 500 milioni inpreventivosolo280circasonoarti­colatiinduecapitolispecifici: 147mi­l­ioni per le infrastrutture strategiche dell’Anas (che riceve altri 368 milio­ni dall’Economia) e 129,3 milioni per il sistema autostradale. Il resto è ripartito su più capitoli sia sotto for­madicontributidirettichecomeam­mortamento mutui. Ritroviamo la pedemontana di Formia (5 milioni), laStatale238dellaValtellina(2milio­ni) e oltre 49 milioni per la Variante di Valico e il completamento della Bologna-Firenze.C’èpureun«ricor­dino » di Prodi: circa un milione per laprogettazioneel’avviodelPassan­te grande di Bologna. D’altronde, la proprietà della rete stradale e auto­st­radale è pubblica e quindi allo Sta­tocompetonomoltioneri. Traiquali i 10mila euro per il ponte sul torrente Settimana nelle Dolomiti che colle­ga le province di Belluno e Pordeno­ne. Non cambia la sostanza anche perquantoriguardaicirca400milio­ni dedicati al capitolo «ferrovie». Le Infrastrutture si fanno carico soprat­tuttodegliinvestimentialivelloloca­le( 342milioni).Perigrandiinterven­ticipensanole-FerroviechedalTeso­ro ricevono oltre 5 miliardi a vario ti­tolo. Sorprende tuttavia che alla trat­ta reggina Rosarno- Melito sia desti­na­to il doppio per i passanti ferrovia­ri di Milano e Torino ( 8 milioni con­tro 4 ). Osservando i sistemi infrastruttu­rali ci si trova dinanzi allo stesso an­damento. Da una parte 1,7 miliardi di stanziamento per le grandi opere della Legge Obiettivo,dall’altra par­te 300 milioni per spese di «nicchia»: 80 milioni per progetti urbani inte­gra­ti che comprendano anche il tra­sporto ferroviario a fronte dei 69 per l’Expo di Milano, 40 milioni per ga­rantire la continuità della Malpensa e 25 milioni per il Pon Trasporti 2000-2006, il programma di infra­strutturazione realizzato in parte con contributi Ue e in parte grazie al Fondo rotativo statale che fa capo al Tesoro. Il problema, come detto, non è lo spreco di risorse, ma ritrovare una coerenza interna, un fil rouge in que­staseriediinvestimenti. LaFinanzia­ria 2001 del governo Amato ha pro­lungato fino al 2017 gli effetti del de­cretode­l1989cheistituivauncontri­buto straordinario per lo sviluppo di Reggio Calabria, voce che vale oltre 13 milioni. Così come ogni anno 6,5 milioni vanno alle infrastrutture di Parma, sede dell’Agenzia europea della sicurezza alimentare e 2,5 mi­lioni a Como e Varese in quanto sedi universitarie. Idem per i circa 7,7 mi­lionidestinatiallamobilitàciclistica, una legge approvata nell’ottobre ’98 pochi giorni dopo la prima caduta del premier emiliano su due ruote. Una dinamica che si ripete in ogni settore. Le reti idriche? Cinquanta milionialivellonazionale, trentaper le aree depresse e quindici per i mu­t­ui dell’Acquedotto pugliese. Non si possono, infine, trascurare i 400 milioni complessivamente stanziati per l’edilizia popolare, in­clusoilsostegnoagliaffitti. Nonsono tantissimi ma il governo ha giusta­mente scelto di affidarsi per il social housing anche ad attori privati a par­tire dalle Fondazioni bancarie. Le ultime parole di questa analisi possono benissimo essere spese per descrivere il ruolo di «supplenza» del ministero delle Infrastrutture. Ben 145 milioni circa sono spesi per la manutenzione di immobili pub­blici( inclusalaloroeventualecostru­zione), compresi quelli degli organi costituzionali.Unavoceinattesaper­ché a ogni ministero competono somme per la manutenzione dei propri immobili. Oltre ai 282 milioni per la salvaguardia di Venezia della qualeabbiamogiàparlato,aldicaste­roguidat­odaAlteroMatteolicompe­tono piccoli interventi di cura del pa­trimonio storico-artistico: 210mila per Siena, 1,5 milioni a Genova nel complesso, 433mila euro alle Regio­ni, 266mila euro per il Duomo di Monreale e la Cattedrale di Palermo e 3 milioni per l’Archivio storico del­l’Ue di Firenze. Non è tanto, ma aiuta giacchégranpartedelbudgetdeiBe­ni Culturali se ne va in stipendi.