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 2011  luglio 10 Domenica calendario

IL BISCIONE PERDE TRE ANNI E MEZZO DI UTILI

La mazzata da 560 milioni costa qualcosa come tre anni e mezzo di utili all’impero di Silvio Berlusconi. Ma regala, allo stesso tempo, un terzo di capitalizzazione aggiuntiva alla Cir di Carlo De Benedetti. È il doppio effetto di una sentenza che fa scalpore e destinata in ogni caso a rivoluzionare la fisionomia delle due galassie.

L’impatto del maxi-risarcimento sulla cassaforte della famiglia Berlusconi, una corazzata da 2,6 miliardi di patrimonio, equivale al sacrificio di tre bilanci: considerati i 160 milioni di profitti della holding del Biscione nel 2010, andrebbero accantonati gli utili da qui al 2014. Sull’altro versante il gruppo di De Benedetti si trova all’improviso a valere oltre due miliardi di euro in Borsa.

Nei forzieri della cassaforte che controlla tutto l’impero di Silvio Berlusconi (la maggioranza di Mediaset, di Mondadori, una quota di Mediolanum, la proprietà del Milan) ci sono circa 700 milioni di cassa (dato al 31 dicembre 2009, ultimo bilancio disponibile), di cui 433 milioni di liquidità pronta all’uso (sottoforma di depositi bancari e postali). Sulla carta, dunque, Fininvest avrebbe le possibilità di far fronte al gravoso impegno, ma si troverebbe senza più un euro di liquidità e senza risorse da destinare agli investimenti (che l’anno scorso hanno ammontato a due miliardi). E la famiglia si vedrebbe costretta a rinunciare ai dividendi di Fininvest. Già quest’anno la holding non pagherà cedole: un futuro di austerity si annuncia dunque per la famiglia del presidente del Consiglio? Sì in linea di principio, ma non necessariamente in pratica. Perché Fininvest conta su due miliardi di utili portati a nuovo, effetto contabile dell’incasso per il collocamento di Mediaset nel 2005, e iscritti in bilancio come distribuibili ai soci. Dipende se tra Silvio e i suoi cinque figli (Marina, presidente di Finivest, Piersilvio, numero uno di Mediaset; Eleonora, Barbara e luigi) prevarrà, come quest’anno, la prudenza oppure la volontà di ottenere una remunerazione. Tra le pieghe del bilancio, tra l’altro, spuntano anche 950 milioni di affidamenti a breve termine concessi dalle banche, ma ancora inutilizzate. Se non volesse attingere alla sua liquidità, il gruppo Berlusconi potrebbe indebitarsi per rimborsare De Benedetti.

C’è un dato di fatto: la Mondadori è iscritta in bilancio a 458 milioni e in Borsa capitalizza 609 milioni (il che equivale a 353 milioni per la quota parte della Fininvest). La sanzione inflitta dal Tribunale è più alta di quanto la società editrice valga per la stessa holding. Un’anomalia che gioca a favore dei rumors che nei mesi scorsi hanno ipotizzato un risarcimento «in natura», ossia che Fininvest possa girare la stessa Mondadori alla Cir. Un’ipotesi che però nel quartier generale non è stata nemmeno presa in considerazione, perché al momento le priorità sono altre: ieri i legali di Fininvest erano impegnati nello studio dettagliato della sentenza e nel predisporre il ventilato ricorso alla Corte di Cassazione. In ogni caso, anche se la holding non è quotata, un conto, indiretto e salato, lo ha già pagato: in Borsa le controllate Mediaset e Mondadori hanno subìto anche uno «Sconto Lodo»: la casa editrice accusa un -12% in sei mesi, mentre il network televisivo, la macchina macina-utili e dividendi dell’intero gruppo, ha perso addirittura il 30%, pari a una capitalizzazione di 800 milioni.

Due anni fa, poi al momento della sentenza di primo grado, Unicredit, Intesa SanPaolo più, in posizone defilata, la popolare di Sondrio concessero una fidejussione a favore di Fininvest per i suoi obblighi verso Cir. Vuol dire che, dal momento in cui la sentenza di appello diverrà esecutiva, Fininvest dovrà pagare Cir e se non lo farà, lo faranno le banche al suo posto. Ma le banche sembrano non avere dubbi che la holding possa far fronte alla stangata: dallo stesso bilancio di Fininvest si apprende che gli istituti non hanno chiesto nessuna garanzia o pegno. Nel concedere la fidejussione gli istituti hanno ritenuto sufficiente il patrimonio netto di Fininvest e il merito di credito. Alcuni banchieri d’affari coinvolti nell’operazione, dietro rigorosa promessa di anonimato, sostengono che la mazzata su Fininvest è forte, ma non devastante. «In due o al massimo tre sercizi la holding potrebbe metabolizzare l’impatto». Sarà, ma comunque si tratta di una tegola non da poco che mette una seria ipoteca sui futuri piani di sviluppo del gruppo Berlusconi.

Chi invece gongola è la Cir. Si scatenano le ridde di ipotesi: cosa farà De Benedetti con la maxi-somma? Lo scenario più realistico è che quei 560 milioni non potranno essere utilizzati perché Fininvest chiederà che siano congelati in attesa del terzo grado di giudizio. Quindi nessun scenario da fanta finanza, tipo l’idea di fare il terzo polo tv in Italia, con l’acquisto dell’emittente La7. Più verosimile che da domani Cir inizi a galoppare in Borsa. Oggi il titolo capitalizza 1,5 miliardi, ma la Borsa, nonostante la holding registri un balzo del 30% da inizio anno, non prezza pienamente l’effetto Lodo. Nei giorni scorsi Deutsche Bank ha calcolato che per ogni 100 milioni incassati, Cir varrebbe 9 centesimi in più ad azione: vuol dire che il gruppo di De Benedetti dovrebbe apprezzarsi di 45 centesimi. Il titolo, che oggi quota 1,78 euro, dovrebbe salire di quasi il 30 per cento.