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 2011  luglio 11 Lunedì calendario

Biografia di Vittorio Metta

• Roma 30 agosto 1936. Ex magistrato. Avvocato. Secondo una sentenza della Cassazione (13 luglio 2007) fu pagato da Cesare Previti per annullare il lodo arbitrale che toglieva la Mondadori alla Fininvest e la consegnava alla Cir (gennaio 1991) • «[...] Come andarono i fatti [...] è spiegato puntualmente nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello del Tribunale di Milano, depositate il 23 marzo 2007. Il collegio giudicante era composto dal presidente Sergio Silocchi, dal consigliere Francesca Manca e dal consigliere relatore Giuliana Merola. In quelle carte i giudici seguono il movimento dei soldi e ricostruiscono il rapporto tra il giudice Metta e il corruttore, Previti, nonché i legami con Attilio Pacifico e Giovanni Acampora. Spiegano la designazione di Metta quale giudice relatore, i tempi di stesura, dattiloscrittura e deposito della sentenza, l’anticipazione della decisione e i rapporti interpersonali tra gli imputati. Nell’annullare il precedente lodo arbitrale che consegnava la Mondadori nelle mani della famiglia Berlusconi, Metta depositò la sentenza il 24 gennaio 1991, ma “la minuta di sentenza (ben 167 pagine), secondo il registro interno della cancelleria”, era già pronta “il 15 gennaio, giorno successivo alla camera di consiglio alla quale Metta”, giudice famoso per “tempi medi di deposito delle sentenze di gran lunga superiori a quelli previsti dal codice”, si era “presentato senza alcuna bozza”. “Dopo solo 20 giorni” dal deposito della sentenza, i conti esteri Fininvest All Iberian e Ferrido bonificarono – 14 febbraio 1991 – al conto estero Mercier di Previti tre miliardi di lire, provvista (movimentata da Acampora) dei 400 milioni giunti infine in contanti a Metta tramite Pacifico. “Ritiene la Corte - si legge nelle motivazioni - che, a fronte del provato patto corruttivo avente ad oggetto la decisione favorevole alla Fininvest della causa Mondadori, parte della provvista di 2.732.868 dollari bonificata il 14 febbraio 1991 (con valuta 15 febbraio, e cioè in stretta contiguità temporale con la sentenza, pubblicata appena 20 giorni prima) dalla Fininvest di Silvio Berlusconi sul conto Mercier di Cesare Previti arriverà a Metta quale corrispettivo del mercimonio». E Berlusconi? “Silvio Berlusconi, nei cui confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, che ben poteva chiarire la causale del bonifico addebitato da conto non ufficiale del suo gruppo – dicono i giudici – dopo aver concordato la data del suo esame, comunicava tramite i suoi legali la volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere”. Il giro dei soldi è tortuoso, ma alla fine “più di 400 milioni di lire in contanti – continuano i relatori – arrivano al giudice, dopo movimentazioni bancarie estere anomale e prive di qualsiasi supporto documentale, a partire dai conti riconducibili al gruppo imprenditoriale” [...] Previti ha cercato di difendersi sostenendo che quei soldi erano una parcella per le sue attività di avvocato a favore del gruppo di Berlusconi in complesse vicende in Francia e Spagna. La Corte ha ribattuto che ciò non era possibile, perché “tutte iniziate dopo che l’ingente cifra era già stata accreditata oppure si erano svolte molto prima (1988)”. Invece, “nel 1990 l’unica controversia Fininvest alla quale Previti fornisce il suo contributo” è l’appello sul lodo, un contributo per di più fornito “all’insaputa dei legali ufficiali” e con iniziative di “tutela occulta”, come “il far nominare amministratore dell’Amef (la società custode delle azioni Mondadori, ndr) un addetto all’archivio del suo studio, Marco Iannilli, e chiedergli di partire per l’estero (spesato) per evitare la notifica di eventuali sequestri” di azioni. “Risulta – concludono i giudici – un imponente quadro indiziario, preciso, univoco e concordante tale da assurgere, ad avviso del collegio, a piena prova che consente di affermare che il giudice Metta ha ‘venduto’ – agli stessi intermediari e nello stesso periodo – anche la causa Mondadori, oltre che quella Imi Sir”» (Walter Galbiati, “la Repubblica” 11/4/2011).