Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 10/7/2011, 10 luglio 2011
COLLOQUI PASSEGGIANDO NEL BOSCO LE ASSUNZIONI SECONDO ZUCKERBERG
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Volete lavorare a Facebook? Preparate scarpe comode e abbigliamento leggero. Il giovane (classe 1984) Mark Zuckerberg, leader e fondatore del social network, non vi sottoporrà a test diabolici, né vi farà fare la spola da un ufficio all’altro. Più semplicemente vi condurrà in uno dei boschi di querce di Palo Alto, California. La città che si affaccia sulla Baia di San Francisco è la capitale della nuova economia americana (da Apple a Hewlett Packard, da Google fino a Facebook appunto e Linkedin), ma conserva un’identità (o almeno la storia) legata agli alberi e alle foreste. Palo Alto (Grande albero, in spagnolo) prende il nome da una sequoia millenaria ancora oggi esistente e il simbolo di Facebook è una foglia. Allora quale posto migliore di un colloquio di lavoro, se non il bosco? Stando ai racconti dei manager pubblicati dal New York Times, per Zuckerberg sembra essere una regola. È chiaro, la passeggiata è riservata a pochi, considerando che Facebook ha ormai 2.000 dipendenti. «Sembrava di essere a un appuntamento romantico» , ha riferito un candidato. «Un giorno ricevo una email firmata Mark Zuckerberg. Mi chiede di andarlo a trovare a Palo Alto per discutere di una mia possibile assunzione. Zuckerberg mi stava aspettando nel suo ufficio, ma non siamo rimasti lì. Siamo usciti e abbiamo preso un sentiero tra le piante. Abbiamo parlato di tutto e alle fine mi ha detto che i soldi non erano un problema e che se volevo il posto dovevamo soltanto tornare in ufficio a firmare le carte» . Qualcuno potrebbe liquidare la storiella come una delle trovate di un personaggio che dedica alla costruzione della sua immagine pubblica la stessa cura che riserva ai rapporti con Casa Bianca e Parlamento. Tuttavia da diversi anni le aziende, specie quelle più grandi, e non solo americane, si stanno ponendo il problema di rivedere le tecniche di selezione e assunzione del personale. Sul sito delle società specializzate in reclutamento si legge che «la qualità della selezione del personale determina il 95%del successo dell’azienda» . Ma scegliere non è facile. In Italia ci sono alcuni casi da repertorio. Renzo Rosso, 54 anni, proprietario del gruppo Diesel (oltre un miliardo di fatturato, più di mille dipendenti), ha trasformato il momento dell’assunzione in una questione fondante per la sua azienda. Ci sono diverse versioni a proposito: c’è, per esempio, chi sostiene che giudicherebbe i candidati dalla calligrafia, senza trascurare i segni zodiacali. Nelle interviste l’imprenditore vicentino ci ha spesso scherzato sopra. E in passato si era fatto anche riprendere dalle telecamere mentre sottoponeva un candidato alle domande più strane, fino a scartarlo perché si era dimostrato troppo compiacente, rispondendo «sì» al seguente quesito: «Se io ti assumo e ti dico di metterti l’orecchino, tu lo fai?» . Comunque, boschi e orecchini sembrano strade poco battute. Mentre, inevitabilmente, avanza Internet: quasi tutte le imprese accettano domande via web. Euronics, poi, ha affiancato anche un sistema di autovalutazione. Chi invia il curriculum deve corredarlo con osservazioni su possibili mansioni e collocazione gerarchica. Altre società hanno sostituito i tradizionali colloqui con test sul campo. Fabio Gallia, amministratore delegato di Bnl, ha introdotto da un anno il recruting day. La banca riceve le richieste di assunzione via Internet, le setaccia privilegiando i laureati con la conoscenza di almeno una lingua straniera. Poi, periodicamente, invita i prescelti, a gruppi di 20-50 persone, a passare un’intera giornata in un’agenzia, passando dallo sportello, all’ufficio mutui e così via. Alla fine, come si usa nelle audizioni teatrali, c’è chi viene invitato a restare e chi va a casa. C’è poi sempre l’opzione colpo di fulmine. Si racconta che Larry Page, fondatore di Google insieme con Sergey Brin, abbia deciso di assumere Andy Rubin, l’inventore del sistema operativo Android, dopo averlo sentito parlare una volta all’Università di Stanford (di nuovo a Palo Alto). Anzi, Page e Brin hanno fatto di più: hanno «assunto» direttamente Android, oggi uno dei punti di forza di Google. Ma anche questa, forse, è una storia troppo «californiana».