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 2011  luglio 11 Lunedì calendario

MERCATI, I SIGNORI DELL’ATTACCO ALL’ITALIA

Gli hedge fund sono strumenti assolutamente demenziali, che non hanno nulla a che fare col capitalismo». Lo diceva il ministro dell’Economia Giulio Tremonti nell’ottobre 2008, nel mezzo del panico scatenato dalla bancarotta di Lehman Brothers, minacciando di adoperarsi «per far abolire gli hedge fund», quando l’Italia fosse stata alla presidenza del G8.
Vendetta
Gli hedge fund sono sopravvissuti più che bene alla grande crisi finanziaria di tre anni fa e oggi si gustano la vendetta, guardando vacillare l’immagine di Tremonti insieme ai prezzi dei titoli di Stato italiani e alle quotazioni di Piazza Affari. Se l’andamento del mercato nel lungo periodo è determinato dalle scelte dei grandi investitori istituzionali — fondi pensione, fondi comuni, assicurazioni — che si basano sull’analisi fondamentale della forza o debolezza di un Paese o di un’azienda, nel breve a muovere gli indici sono gli speculatori alla George Soros. Quello famoso per la scommessa vincente contro la sterlina nel 1992. «L’attuale fase mi ricorda i tempi quando la Gran Bretagna era nel Sistema monetario europeo a un prezzo troppo alto — ha raccontato a CorrierEconomia Guy Spier, giovane gestore inglese dell’ hedge fund Aquamarine Capital, dalla sua sede a Zurigo, —. Soros aveva capito che quel livello era insostenibile e si era lanciato a scommettere massicciamente contro la sterlina. Guadagnò 1 miliardo di dollari in un giorno. Oggi non mi sorprenderebbe se il suo Quantum Fund, insieme ad altri fondi ’macro’, stesse facendo la stessa cosa. Non potendo scommettere contro la lira (o la dracma greca) lo fanno contro le banche e i titoli di Stato italiani» . Proprio Soros lo scorso 26 giugno, in un dibattito pubblico a Vienna aveva avvertito: «Siamo sull’orlo di un collasso economico che comincia magari in Grecia, ma può rapidamente contagiare il resto del sistema finanziario, che resta estremamente fragile» . Scommesse I fondi macro come il Quantum scommettono sui grandi movimenti dei mercati, quindi sulle valute, sui tassi di interesse, sulle materie prime e utilizzano, per farlo e coprirsi (hedge) dai rischi, strumenti finanziari sofisticati come i derivati. Oggi i derivati più usati sono i Cds (credit-default swap ), gli stessi che avevano fatto cadere Lehman Brothers. Sono una specie di contratto di assicurazione in cui il compratore paga un premio al venditore contro il rischio fallimento di una terza entità. Anche uno stato. Chi vuol proteggere 100 milioni di dollari in Btp compra un Cds su questi titoli pagando oggi 2,3 milioni di dollari l’anno, cioè il 2,3%. Le quotazioni dei Cds sono il termometro della paura del default : quelli sui titoli greci costano dieci volte tanto, il 20%, mentre quelli sul debito tedesco costano un quinto, 0,44%. Ma mentre un fondo pensione li compra per proteggere davvero il suo portafoglio in reddito fisso, un hedge fund lo fa per pura speculazione. «È il modo più facile per fare scommesse al ribasso — aggiunge Spier —. È il gioco di anticipare la caduta di fiducia dei mercati. La temperatura sta crescendo pericolosamente e i fondi macro cercano di capire chi sarà il prossimo a crollare. Ma la febbre non è colpa loro. È colpa delle autorità europee che stanno cercando di mantenere in vita la Grecia a tutti i costi» . «I grandi fondi macro sono molti attivi sul mercato dei Cds e questo sta facendo salire i rendimenti dei titoli di Stato italiani — conferma da New York Daryl Jones di Hedgeye Risk Management —. I gestori non credono che il governo italiano sia capace di risolvere i problemi fiscali del Paese e pensano che la situazione peggiorerà» . Oltre a Soros con la sua società che gestisce 27 miliardi di dollari, i grandi nomi che muovono il mercato sono John Paulson, il miliardario che nel 2007-2008 si è arricchito speculando sulla crisi dei mutui subprime e che con la sua Paulson &Co ha a disposizione 35 miliardi di dollari; Steven Cohen con la sua SAC Capital Advisors (16 miliardi di dollari di patrimonio). E Louis Moore Bacon — gestore di 14 miliardi di dollari con Moore Capital — che l’anno scorso in una lettera ai clienti (19 febbraio) aveva spiegato come «l’area più interessante nel prossimo futuro fosse la potenziale rottura dell’Unione monetaria europea».