Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 9/7/2011, 9 luglio 2011
LUI E Il MINISTRO LE VITE OPPOSTE - Che cosa c’entra Giulio Tremonti con Bonnie&Clyde? Cosa ha a che fare il politico italiano più frugale, austero, quasi penitenziale, con la coppia che— se saranno confermate le notizie di questi giorni— passa dallo yacht di quindici metri alla villa di Cap Martin, dalla Bentley alla Porsche Cabrio, e fa un punto d’onore di non abitare case romane o suite newyorchesi da meno di 8
LUI E Il MINISTRO LE VITE OPPOSTE - Che cosa c’entra Giulio Tremonti con Bonnie&Clyde? Cosa ha a che fare il politico italiano più frugale, austero, quasi penitenziale, con la coppia che— se saranno confermate le notizie di questi giorni— passa dallo yacht di quindici metri alla villa di Cap Martin, dalla Bentley alla Porsche Cabrio, e fa un punto d’onore di non abitare case romane o suite newyorchesi da meno di 8.500 euro, al mese o al giorno? Chi conosce bene Tremonti sa che il suo stile di vita è di una sobrietà pressoché monacale. Se ha un ospite a pranzo o cena, a Milano lo invita nella foresteria di una caserma della Guardia di finanza, a Roma in una cucina del ministero dell’Economia. Luoghi disadorni, un po’ tristanzuoli, tavole apparecchiate come viene, spaghetti cotti talora personalmente dal ministro, conditi con sughi portati da casa. Serate il cui unico piacere è quello intellettuale. Il menù prevede talora una visita ai saloni scuri e deserti dove ai tempi di Quintino Sella — il predecessore che Tremonti predilige— si pensò di sistemare l’intero governo, nella prima ala il Tesoro, nella seconda la Guerra, nella terza gli Esteri, nella quarta gli Interni; una soluzione che non gli spiacerebbe ripristinare. Un altro desco abituale era il bilocale da studente fuori sede affittato all’Esquilino dall’allora capo di gabinetto Fabio Corsico. Per non parlare delle cene rustiche con i leghisti in Cadore, a base di ossi e altri intrugli indigeribili. Amaggior ragione, appare fuori luogo — a prescindere dalle gravi accuse di corruzione — lo stile di vita di Marco Milanese, consigliere del ministro, e della sua compagna Manuela Bravi, che di Tremonti è portavoce. Suona fastidioso il modo in cui la Bravi, in un’istruttiva intervista con Monica Guerzoni del Corriere della Sera, chiama «venditori ambulanti» gli accusatori del fidanzato, citando una categoria di lavoratori come fosse un insulto. E stridono quei rendiconti della carta di credito con esborsi per 23 mila euro al mese: una cifra che un agente della Guardia di finanza, insomma un ex collega di Milanese, non guadagna in un anno. «Non è un reato essere amiche della Ferilli» si difende la Bravi, e ha ragione. Ma non può impedire che si sorrida, nell’apprendere l’insistenza di Milanese per viaggiare con i protagonisti del film «Natale a New York» , per poi ritrovarsi al piano nobile del Plaza, con l’amica Sabrina al mezzanino. Resta il fatto che pure chi conosce bene Tremonti non sapeva che avesse una portavoce. Se ministri anche minori e anche di sinistra si fanno annunciare da segretari dei segretari, Tremonti invece chiama sempre lui, talora con formule inconfondibili tipo: «Pavla Tvemonti» , «Tvemonti speaking» , o anche solo «Eccolo» . Di portavoce ne ha avuti parecchi e intercambiabili; infatti non contavano nulla, e le sue interviste le leggevano sui giornali. Ora il ministro rivendica che in diciassette anni di politica non una sola inchiesta di una magistratura non proprio benevola verso il centrodestra l’abbia mai sfiorato. Il che è vero; come è vero che fosse mal riposta la fiducia verso Milanese, legato da un sodalizio— «mi faceva da banca» — con il discusso uomo d’affari Francesco Viscione, divenuto feroce inimicizia quando sfuma la candidatura del genero— «tu te futti ’ e sorde della famiglia!» — a sindaco di Cervinara (in provincia di Avellino). I luoghi di Tremonti sono Sondrio e Pavia, la montagna povera e le aule universitarie. Il massimo della mondanità è l’Aspen Institute. Milanese si era appassionato, oltre che allo yacht— «praticamente ogni sabato e domenica scorrazzo...» —, alla Costa Azzurra, a Capri e alla costosissima gioielleria «Fiorente» , dove trattava pendenti con diamanti da tre carati da quarantamila euro, poi opportunamente dimezzati. Perché allora il rapporto di fiducia ha resistito sino all’ultimo, compresa l’ospitalità nella stanza dell’appartamento a Campo Marzio? Forse la risposta va cercata in un tratto caratteriale, che gli amici definirebbero tenerezza e i nemici fragilità. Quel tratto colto da Corrado Guzzanti, quando mette in scena Bossi e Tremonti come G a s s m a n e Trintignant del «Sorpasso» , uno irruente e gradasso, l’altro timido ed esitante. Anche un uomo schivo ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto, a sciare, nelle scarpinate in montagna, nel penitenziale e infinito viaggio in treno sino a Reggio Calabria, affrontato con la compagnia non proprio amena dei leader confederali di Cisl e Uil (e non una delle tante toilette a bordo che funzionasse); o anche solo nelle serate romane passate a studiare carte e prendere decisioni anche per conto di un premier impegnato nelle sue «cene eleganti» . Che poi il Pdl, sempre pronto ad attaccare Tremonti quando faceva cose giuste tipo salvare i conti pubblici, solidarizzi con «moti d’affetto» ora che ha fatto (e riconosce di aver fatto) «una sciocchezza» , mostra quanto sia scombinato il primo partito italiano, e quanta confusione regni sotto il cielo della politica.