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 2011  luglio 09 Sabato calendario

SE L’OGGETTO FINISCE IN RETE

A nche internet si evolve. Nella fase 1.0 erano collegati principalmente i computer ed è stata creata l’infrastruttura informatica. Con il 2.0 il web ha messo in relazione le persone e ha fatto emergere i contenuti. Ora tocca al 3.0 dove sono gli oggetti a essere connessi alla Rete. Ericsson stima che nel 2020 ci saranno 50 miliardi di dispositivi collegati a livello globale. Si tratta di una grande evoluzione con risvolti epocali non solo per quanto riguarda la tecnologia, ma anche l’economia e la società. «Questa innovazione avrà un impatto significativo sulla nostra vita» dice al Corriere Assaf Biderman, direttore associato del Senseable City Lab del Mit (Massachusetts institute of technology). «La tecnologia si sta facendo sempre più piccola e si andrà a integrare in modo pervasivo in qualsiasi elemento. Con la diffusione di sensori posizionati ovunque, gli oggetti cominceranno a parlarci, raccontandoci ad esempio dove si trova la gente, costa sta accadendo in un determinato luogo, quanta energia si sta consumando» , precisa Biderman. È l’Internet delle cose. Grazie alla capillare diffusione degli smartphone, alla presenza di minuscole etichette elettroniche e dispositivi capaci di collegarsi alla Rete in modo wireless, si avrà una rappresentazione della realtà in tempo reale. Gli impatti previsti dallo sviluppo di questo scenario sono affascinanti. Con la presenza dei rilevatori presenti sulle nostre auto, l’ausilio dei video dalle telecamere di sorveglianza e i dati provenienti dai sensori posizionati nell’asfalto sarà possibile modificare istantaneamente i limiti di velocità in caso di ingorghi, mentre i semafori regoleranno i tempi del rosso in relazione alla viabilità. Proprio il Mit ha utilizzato i sensori nella città di Seattle per analizzare i tragitti compiuti dalla spazzatura, dalla raccolta al completo smaltimento di ogni singolo rifiuto, per comprendere come migliorare i percorsi e ridurre l’impatto ambientale. Con la stessa logica, come già accade a Helsinki, è possibile monitorare l’andamento dei mezzi pubblici per migliorare itinerari e fermate sulla base dei reali utilizzi da parte dei cittadini. Molti campi applicativi offerti dall’Internet delle cose sono ancora tutti da esplorare, ma lasciano presagire utilizzi intriganti. Analizzare i consumatori in un supermercato consentirà di scoprire i tragitti compiuti nel negozio nelle diverse fasce orarie, permettendo di posizionare la merce in modo ottimale e di modificare i prezzi sulla base della domanda-offerta. La raccolta dei dati di flusso sarà utilissima anche per la comprensione degli andamenti turistici, visto che il cellulare da solo è in grado di comunicarci il Paese di provenienza del visitatore, i tempi di permanenza in un determinato luogo e l’itinerario seguito. Inutile dire che questo principio può essere facilmente utilizzato per decretare il successo o meno di una iniziativa, una fiera o un evento (finirà così il balletto delle cifre durante le manifestazioni). Ad Amsterdam hanno provato a calcolare i flussi di passaggio nelle vie dello shopping per capire se i valori immobiliari dei negozi sono adeguati rispetto alla presenza dei consumatori, scoprendo che alcune zone sono decisamente sovrastimante. Ma c’è di più. In un futuro tutt’altro che remoto, la sveglia suonerà in anticipo se, interfacciandoci con la nostra agenda, capirà che per effetto delle condizioni meteo occorrerà più tempo per arrivare in orario all’appuntamento. L’Internet of things (IoT), non ci si limiterà a dare una rappresentazione speculare della realtà, ma gli elementi di questa rappresentazione saranno attivi e capaci di prendere decisioni autonome. I risvolti di questa «intelligenza» saranno amplificati anche dal contributo offerto dalle nanotecnologie che consentiranno di sviluppare sensori piccoli come granelli di sabbia, quindi virtualmente posizionabili ovunque. «La realizzazione dell’Internet degli oggetti sarà decisiva nei prossimi anni per trovare soluzioni alle numerose sfide della società moderna come l’invecchiamento della popolazione o il controllo delle emissioni di anidride carbonica» , dice Luigi Cicchese, partner di Concept Replay. Proprio l’azienda torinese ha messo a punto una piattaforma, chiamata Hi Replay, in grado di far dialogare tra loro elementi differenti, superando i problemi di linguaggi e standard attualmente esistenti, e pronta a dare un concreto impulso a questo settore. D’altra parte il mercato dell’IoT vale solo in Italia oltre 1,8 miliardi di euro con una crescita prevista del 10%nel 2012, mentre le soluzioni M2m (machine to machine), che servono per far dialogare i diversi oggetti via Internet, varrà oltre 213 miliardi di euro entro il 2013. Un business che cambierà il nostro modo di vivere e agire, a patto di risolvere alcune questioni tutt’altro che banali come la privacy, la sicurezza e la gestione dei dati. Le tracce digitale lasciate dalle persone e dalle cose produrranno una quantità di dati preziosi il cui controllo può fare gola a molti. Secondo Rob van Kranenburg, teorico di nuovi media, l’unico modo per sfuggire dai rischi di usi impropri è che l’Internet delle cose venga controllata dalle comunità per favorire processi d’innovazione sociale, programmando la tecnologia sulla base delle necessità collettive. Se nel 2030 i dati varranno di più del petrolio, il rischio di uno scenario orwelliano non si può escludere a priori, ma Internet ha già dimostrato di non essere facilmente imbrigliabile in logiche di potere e utilizzi utilitaristici. Una cosa è sicura, l’innovazione non si arresterà e mentre siamo in attesa di vedere cosa ci aspetta, qualcuno ha già iniziato a ipotizzare i paradigmi del web 4.0, una Rete capace di predire gli eventi. Per fortuna ci vorrà ancora parecchio tempo.