Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 9/7/2011, 9 luglio 2011
LA CASTA IN MASERATI E NELLE SUITE DI LUSSO
Il giorno stesso in cui lasciò la presidenza della Provincia di Bolzano, Silvius Magnago, a differenza di tanti consoli e proconsoli della nostra casta politica, restituì l’autoblu e nonostante avesse 77 anni e una gamba sola si rimise al volante della sua macchina personale. Se fosse andato in tivù a spiegare ai concittadini che la situazione economica era drammatica e bisognava tirare la cinghia, quei suoi concittadini avrebbero detto: se lo dice lui, è così. Fine. Lo stesso sarebbe successo se un appello ai sacrifici fosse stato lanciato da Alcide De Gasperi, che per andare alla Casa Bianca si fece prestare un cappotto da Attilio Piccioni. O dal governatore della Banca d’Italia Domenico Menichella, che dopo essersi dimezzato stipendio e liquidazione e ridotto la pensione, lasciò agli eredi un opuscolo: «Come è che non sono diventato ricco» . La credibilità è tutto, in politica. Tutto. Per questo, in un momento così duro per milioni di famiglie, di artigiani, di piccoli commercianti, di aziende, di giovani e di donne, leggere le cronache di «come» vivono quelli che invocano la comprensione del Paese per i tagli dolorosissimi lascia sbigottiti e furenti. C’è un abisso, tra l’Italia che è chiamata a fare sacrifici e quella che li chiede. Di qua 8 milioni e 370 mila poveri contati dal rapporto Caritas Zancan, di là l’appartamento da 8.500 euro al mese messo a disposizione di Giulio Tremonti dal suo braccio destro Marco Milanese. Di qua le tavole sempre più povere di cibo denunciate dalla Confederazione italiana agricoltura, di là la Maserati quattro porte da 115 mila euro di Renato Brunetta e la sua lista nozze, che va da 54 «corpi illuminanti» ai tappeti «vintage» da 5.529 euro, dai «Phoenix canariensis» da 2000 euro ai tre ulivi da 4.500 l’uno. Di qua l’allarme dell’Istat perché una famiglia su sei che vive in affitto non riesce più a pagare il canone, di là il mondo dorato delle «Olgettine» , le amichette alloggiate dal premier in un residence di lusso. Di qua un Paese ammaccato da quello che un dossier Bankitalia ha appena definito «un decennio orribile» , di là 67.670 euro per un nuovo ascensore nella villa di Macherio e quegli stock di cento collanine per 240 mila euro da regalare alle sventole del bunga bunga. I dati del Fondo monetario internazionale dicono che agli albori della seconda Repubblica avevamo il doppio del Pil della Cina e del Brasile e il triplo di quello dell’India e oggi arranchiamo faticosamente in coda a un mondo che cresce a una velocità per noi inarrivabile. Certo, che occorre una svolta. Certo, che serve un risanamento dei conti. Certo, che siamo costretti da decenni di sviluppo finanziato col debito e di mani bucate («Credevamo di essere la San Vincenzo: eravamo convinti che i soldi non sarebbero finiti mai» rideva amaro Francesco Cossiga) a farsi carico di una stagione di risparmi, tagli, ristrettezze. Ma come aveva detto pochi giorni fa lo stesso ministro del Tesoro, prima di essere investito dallo scandalo scoppiato intorno al suo braccio destro, «la legittimazione della riforma fiscale deve venire anche da un forte taglio della politica: così si è legittimati nel chiedere i sacrifici alla gente» . Finora, invece, di tagli, zero. O quasi zero. Al massimo una sforbiciatina qui, una limatina là... Senza il coraggio di toccare davvero i privilegi di un ceto politico che continua a spiegare, come ha fatto ad esempio ieri mattina Dario Franceschini, che «se la gente pensa che la riduzione dei costi della politica sia la soppressione delle province noi abbiamo il dovere di spiegare che non è così» . E siamo sempre allo stesso punto: i problemi sono «ben altri» . Le riforme da fare «ben altre» . I privilegi da colpire «ben altri» . Tutto già visto, tutto già sentito, tutto già noioso. Il di più, che rende insopportabile il contrasto tra questa manovra, perfino a prescindere dalle sue opzioni culturali e dalla sua scadenza «a orologeria» nella prossima legislatura, è il quadro da basso impero che emerge intorno a quello che è stato per anni uno dei principali collaboratori del ministro del Tesoro. Così stretto da essere scelto pochi mesi fa come relatore del primo disegno di legge di stabilità. Così potente da essere definito dallo stesso Giornale di Alessandro Sallusti, che certo di sinistra non è, come «il Viceré» di via Nazionale. Un viceré vizioso, ingordo, capriccioso. Che, mentre decideva sulle nomine e ammoniva sulla necessità che gli italiani stringessero la cinghia, si faceva pagare weekend nelle suite di lusso nei grandi hotel di New York imponendo di finire «sullo stesso pianerottolo di Sabrina Ferilli» , pretendeva pacchi di banconote da centomila euro a botta, si lagnava irritato se la Aston Martin che gli avevano consegnato come gentile cadeau era seminuova ma non nuova con i sedili incellofanati, reclamava Ferrari 612 Scaglietti e prima ancora una Bentley e orologi «"Patek Philippe", mod. 5055 con cinturino in pelle e mod. 5035, entrambi da uomo, dal valore complessivo di mercato di circa 50.000 euro» e riusciva a essere così «convincente» da trovare un compratore disposto a pagargli la barca una cifra esorbitante e regalava alla fidanzata orecchini pagati (con soldi altrui) 40 mila euro... Ed è questo, oggi, il problema del Cavaliere, di Tremonti, di Brunetta, del governo. Vaglielo a spiegare, ai pensionati e ai precari, ai cassintegrati e ai giovani che non vedono uno spiraglio nel loro futuro, che occorrono sacrifici durissimi. Vaglielo a spiegare, adesso...