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 2011  luglio 11 Lunedì calendario

DAI RATING ALLA SPECULAZIONE

Il DIZIONARIO DELL’INCERTEZZA -
Che qualcosa stia succedendo lo dimostrano quegli 8 miliardi di capitalizzazione bruciati dalle banche a Piazza Affari nell’ultima settimana. Ad aumentare la tensione poi ha contribuito lo «spread» dei titoli decennali sui bond tedeschi, che venerdì scorso ha toccato il record dai tempi dell’introduzione dell’euro. La parola che ha cominciato a girare è stata «attacco» : tutti contro l’Italia, forse contagiata dalla stessa malattia diagnosticata dalle agenzie di rating a Grecia, Irlanda e Portogallo. Ma a guardar bene, la situazione non è proprio la stessa. Anche se c’è chi ha voluto fare dei parallelismi, indicando nel particolare momento politico che stiamo vivendo un’atmosfera paragonabile a quella di qualche settimana fa ad Atene, con il governo in difficoltà. I distinguo, però, ci sono tutti. A partire dalla manovra da 51 miliardi varata dal governo italiano e che oggi Tremonti illustrerà all’Eurogruppo, con l’idea di arrivare al pareggio di bilancio prima degli altri Paesi. Insomma, in questo momento i mercati sono psicologicamente fragili, non solo in Italia, e risentono della congiuntura macroeconomica. «Gli Stati Uniti sono alle prese con la correzione del tetto al debito, mentre in Cina l’inflazione non sembra sotto controllo nonostante le dichiarazioni di Pechino» , spiega Antonio Foglia, consigliere della Banca del Ceresio: «Su un tessuto così fragile si inserisce il problema del debito sovrano europeo» . Intanto, però, l’Italia si sente sotto assedio e la riapertura dei mercati, oggi, suscita apprensione. Tuttavia, osserva Foglia, si tratta di «un allarme presente in Italia, forse meno sui mercati esteri, dunque non ci sono motivi per temere che sia partito un avvitamento. Certo, le incertezze ci sono» . È pur vero che dieci giorni fa, dopo il via libera della Grecia al pacchetto di austerity, i mercati sono stati di buon umore per tre, quattro giorni. Il debito pubblico con i suoi 1.890 miliardi e la crescita che non decolla stanno lì a ricordare la situazione delicata. «Ma non è scontato che l’Italia debba avere una crisi del debito — osserva Foglia —. Il Giappone si trascina da vent’anni in una situazione analoga alla nostra» . Le vie d’uscita sono note: «Stringere la cinghia o avere un buon tasso di crescita» . Qui però, entra in campo la politica. Ma nel fine settimana l’opposizione, con in testa Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, ha aperto alla maggioranza sul sostegno al rigore dei conti, per fare fronte comune contro gli speculatori. Oggi si capirà se l’Italia è stata troppo suscettibile rispetto ai ribassi oppure il nostro Paese è finito nel mirino dei fondi speculativi e delle vendite allo scoperto. Per Foglia «il clima degli hedge fund è depresso, da inizio anno hanno più perso che guadagnato e gli operatori sono aggressivi quando vincono. Inoltre ora si sono aperti problemi giuridici sullo strumento tecnico, come i derivati Cds (Credit default swap, ndr)» . Eppure qualcosa venerdì scorso è successo, i titoli di Stato hanno dato un segnale: «Bisogna guardare agli investitori tradizionali e alle grandi assicurazioni, che sono molto prudenti — ragiona Foglia —. Avendo poca convinzione su quanto rischio hanno in bilancio, creano della volatilità a breve termine» . Insomma, la cautela è d’obbligo.

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Spread, il termometro della tenuta dei titoli -

Emblema della crisi del debito sovrano, è il termine ricorrente di questi mesi: lo «spread» è la cartina di tornasole della salute (finanziaria) di un Paese. Almeno nell’accezione comune. Perché tecnicamente lo spread è semplicemente il differenziale tra due rendimenti. Ma nello specifico, è usato per indicare lo scarto tra i rendimenti dei titoli di Stato decennali di un Paese e quelli tedeschi. E quindi misura il costo di finanziamento del debito pubblico di uno Stato. Presa la Germania come il Paese più affidabile e solido, lo spread indica quanti più interessi deve pagare uno Stato per piazzare i propri titoli e si misura in centesimi di punti percentuali. Venerdì scorso lo spread tra Btp e Bund decennali ha toccato il record di 248 punti, il livello più alto mai registrato dai tempi dell’introduzione dell’euro, e il tasso decennale ha segnato il massimo dal 2002 arrivando a pagare il 5,37%. Cosa significa? Vuol dire che per finanziarsi sul mercato l’Italia ha dovuto pagare il 2,48%in più di interessi rispetto alla Germania. In altri termini, è cresciuto tra gli investitori il timore che il Paese emittente (in questo caso il nostro) possa avere relativamente maggiori difficoltà nel rispettare i propri impegni, dunque l’interesse richiesto è più alto. Legame che si vede con evidenza nella reazione dei mercati a marzo, all’indomani del pesante declassamento del rating dei titoli greci a «molto speculativi» da parte dell’agenzia Moody’s: lo spread dei bond decennali di Atene sui Bund è balzato al 9,13%.

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Le aste dei titoli del Tesoro, l’appuntamento più atteso -

Domani si vedrà come andrà l’asta del Tesoro per 6,75 miliardi di Bot annuali. Nell’ultimo collocamento, del 30 giugno scorso, il rendimento minimo (al netto di tasse e spese) è stato di appena l’ 1,3%. Sempre domani la Grecia metterà all’asta bond per 1,25 miliardi con scadenza a sei mesi. In questo caso il rischio-Paese peserà di più. I titoli di Stato sono uno dei modi di un Paese di finanziarsi; i loro tassi risentono più che mai dell’economia nazionale e a sua volta la influenzano. Il balzo dello «spread» dei bond decennali italiani venerdì scorso lo dimostra: sul mercato ha pesato la situazione politica ed economica. Bot, Btp e Cct sono lo strumento di risparmio più diffuso tra gli italiani e anche il più semplice. Si possono acquistare al momento dell’emissione, partecipando all’asta se si è una grossa banca, oppure dopo che sono già stati emessi andando a comprarli sul mercato (sempre attraverso un intermediario come una banca). Al momento, tra i titoli dei Paesi europei, i Bund sono i più sicuri ma con rendimenti contenuti.

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Vendite allo scoperto per far soldi sui ribassi -

Venerdì i mercati finanziari hanno messo sotto attacco non solo i titoli di Stato ma anche Piazza Affari e le banche italiane: Unicredit ha perso il 7,85%, Intesa Sanpaolo il 4,56%, Banco Popolare il 6,46%, Bpm il 6,12%. Ora si punta il dito contro le vendite allo scoperto— in inglese chiamate short selling— e la speculazione ribassista. Tanto che la Consob vorrebbe fare trasparenza in proposito (dopo il crac Lehman, furono in parte proibite). Lo short selling è un’operazione finanziaria che consiste nella vendita di azioni senza averne la proprietà con l’obiettivo e la speranza di riacquistarle più tardi a un prezzo inferiore, lo stesso praticato al compratore a cui saranno riconsegnate. Questo gioco speculativo, che nella forma di base consiste nel vendere titoli presi in prestito, punta a ottenere un guadagno dalla tendenza ribassista di un’azione. In pratica, il fornitore di un titolo lo presta allo scopertista, che lo vende subito (senza possederlo) in attesa di una sua caduta e così accentuandola. Immaginiamo che il valore sia di 100 euro; il tempo passa e il valore dell’azione scende a 70 euro; lo scopertista riacquista il titolo e lo restituisce al prestatore, a cui darà anche un interesse per il prestito. Al termine dell’operazione lo scopertista avrà guadagnato 30 euro meno l’interesse: ha giocato sulla tendenza ribassista di quell’azione e ha vinto. A scapito però del titolo che ha subito il ribasso. Nella fasi di incertezza, come questa, si crea il terreno ideale per gli investitori disposti a scommettere su un ribasso dei titoli bancari.

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Le agenzie di valutazione, protagoniste controverse -

Se si trattasse di una tragedia greca, le agenzie di rating sarebbero il deus ex machina. Protagoniste degli ultimi scossoni ai mercati, con i loro giudizi sugli Stati— ma anche sulle aziende — cambiano il corso della storia. Standard &Poor’s, Moody’s e Fitch sono private ma svolgono un ruolo istituzionale: certificano se uno Stato fa default. Questo oligopolio ha scatenato reazioni in Europa. Dopo l’ultimo declassamento a livelli di spazzatura dei titoli di Stato portoghesi, Bruxelles ha accusato le tre agenzie anglosassoni di favorire la speculazione. In passato erano state accusate di giudizi troppo teneri sui titoli immobiliari legati ai subprime, perché guadagnavano bene dalle banche-clienti che li sfornavano. Ma tuttora gli investitori istituzionali costruiscono il portafoglio in base a un certo rischio e dunque scelgono i titoli corrispondenti secondo il rating che hanno. Se un’agenzia abbassa il rating di un titolo, sono costretti a disfarsene, se invece lo confermano sbagliando, lo tengono.