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 2011  luglio 09 Sabato calendario

MA L’ANTIDOTO C’È

MA L’ANTIDOTO C’È -
P er molti mesi la crisi europea del debito pubblico, che ha spinto sull’orlo del baratro Grecia, Irlanda e Portogallo e ha minacciato la Spagna, aveva risparmiato l’Italia nonostante il suo elevato rapporto fra indebitamento pubblico e Prodotto interno lordo. La posizione marginale delle maggiori banche italiane rispetto alla crisi finanziaria int e r n a z i o n a l e d e l 2007-2009 e la relativa tenuta dei nostri conti pubblici ci avevano dato l’illusione di disporre di un efficace scudo protettivo. Negli ultimi giorni l’umore dei mercati finanziari ha, però, subito un’inversione di tendenza: i differenziali di rendimento fra i titoli di Stato italiani e tedeschi hanno raggiunto i massimi dall’istituzione dell’euro, le nostre banche hanno subito tracolli in Borsa e l’Italia è rientrata a pieno titolo fra i Paesi europei ad alto rischio. Purtroppo, il peggioramento della nostra situazione non può sorprendere. Esso dipende da almeno tre ragioni: l’incertezza in merito alla gestione europea dei casi greco e portoghese; le contraddizioni della manovra finanziaria italiana, vincolata agli impegni assunti un mese fa con la Commissione europea; la fragilità del nostro governo che appare minato da conflitti interni, rivalità personali e scandali. Per quanto riguarda l’Europa, nell’Unione monetaria tutti concordano sulla necessità di un nuovo sostegno da 120 miliardi per la Grecia e ammettono l’insufficienza degli interventi a favore del Portogallo e le possibili difficoltà della Spagna; eppure è stata posposta all’autunno qualsiasi scelta strategica. Aumentando l’incertezza nel breve termine, ciò ha alimentato le scommesse speculative e la conseguente instabilità dei mercati. In un contesto del genere è evidente che un Paese ad alto debito, come l’Italia, diventi un sorvegliato speciale. Questa evidenza non ha suggerito al nostro governo di minimizzare i dubbi internazionali circa la sua capacità di soddisfare i gravosi impegni assunti in sede europea: il pareggio del bilancio pubblico entro il 2014. Così, anziché definire una manovra in grado di introdurre fin da subito riforme per la crescita economica e dettagliati e credibili aggiustamenti di bilancio, si è stati poco chiari su tempi, contenuti e saldi. Si è massimizzato il «rischio politico» della manovra, rinviando al dopo elezioni le deboli iniziative per l’aumento della crescita e — soprattutto — i tanti interventi previsti per la correzione del deficit pubblico. A ciò si aggiungano le ambiguità comunicative nell’ammontare degli aggiustamenti per il 2013-2014 e l’oggettiva instabilità, anche qui politica, dovuta a scandali e comportamenti di ministri poco attenti alla tempesta incombente sull’economia italiana; e il quadro si completa. Il nostro Paese ha le potenzialità per superare le sue difficoltà strutturali e per tornare a svolgere un ruolo propulsivo in Europa. Ai governi si chiede, almeno, di non uccidere queste potenzialità e di offrire ai mercati i «beni» ai quali tengono di più: certezze e stabilità.