Giuseppe Oddo, Il Sole 24 Ore 9/7/2011, 9 luglio 2011
BONDI LASCIA A BESNIER IL FORZIERE DI COLLECCHIO
Enrico Bondi, che il 28 giugno ha lasciato la carica di amministratore delegato di Parmalat, consegna a Lactalis, nuovo socio di maggioranza assoluta del gruppo di Collecchio, una società solida, redditizia e internazionalizzata.
Nel periodo 2006-2010 – i cinque anni successivi alla quotazione, avvenuta il 1°ottobre 2005 – il fatturato netto consolidato di Parmalat è aumentato del 12%, da 3,8 a 4,3 miliardi. Il gruppo oggi è al primo posto in Italia nel latte a lunga conservazione, davanti a Granarolo, con una quota di mercato del 35%, e al secondo, dopo Granarolo, nel latte fresco, con il 26% del mercato. Batte la concorrenza nella panna a lunga conservazione, con il 36% del mercato, e nelle bevande a base di frutta, con il 15%, davanti a Zuegg. Ed è quarto, con il 6%, nel mercato dello yogurt, dietro Danone, Muller e Granarolo.
Il margine operativo netto consolidato di Parmalat era di 160 milioni nel 2006 ed è cresciuto a 261 nel 2010, con un rapporto mon/fatturato del 6,1 per cento. Siamo distanti dal 15,2% di Danone, ma il gigante francese con 17 miliardi di giro d’affari nel 2010 non è neanche lontanamente paragonabile a Parmalat, né per dimensione né per varietà di prodotti. Un confronto più omogeneo può essere fatto con società casearie come l’olandese Friesland Campina e la danese Arla Foods, rispetto alle quali Parmalat vanta margini superiori. La prima ha un rapporto mon/fatturato del 4,8% a fronte di vendite per 9 miliardi; la seconda, del 3,4% a fronte di vendite per 6,6 miliardi.
Il gruppo italiano nei cinque anni ha cumulato un risultato netto superiore a 2,3 miliardi, una cifra pari ai due terzi dell’utile ante-imposte. Ma su questa massa di profitti, al di là della buona gestione industriale, hanno anche inciso le operazioni non ricorrenti. Parmalat ha totalizzato tra il 2006 e il 2010 un saldo tra oneri e proventi straordinari di 2 miliardi, di cui la quasi totalità dalle azioni risarcitorie e revocatorie condotte da Bondi come commissario di Parmalat in amministrazione straordinaria (ruolo che ricopre tuttora). Questi utili sono andati da un lato a ricostituire la cassa, dall’altra a rafforzare il patrimonio.
Il gruppo, che alla voce "cassa, banche e titoli" aveva 528 milioni nel 2006, ha pressoché triplicato l’ammontare nei quattro anni successivi. Nel 2010 la stessa voce aveva raggiunto i 1.468 milioni, di cui 1.150 in titoli e 318 in cassa e banche. E altra cassa gli verrà dal 22% dell’impresa di costruzione Bonatti (di cui Parmalat ha il 32%), per la cui cessione è stata fissata una base d’asta di 51,5 milioni. Danone, invece, sempre nel 2010 aveva un miliardo di cassa, e Friesland Campina e Arla Foods ne avevano rispettivamente 200 e 450 milioni.
A sua volta il capitale netto consolidato di Parmalat è passato dai 2 miliardi del 2006 ai 3,5 del 2010, con una crescita di 1,5 miliardi. Nello stesso tempo il gruppo ha quasi azzerato l’indebitamento finanziario, mentre Danone ha chiuso il 2010 con 9,5 miliardi di esposizione, Friesland Campina con 1,1 miliardi e Arla Foods con 1,6. Parmalat nel 2006 aveva 272 milioni di debiti a breve e 428 a medio-lungo termine, mentre nel 2010 la componente a breve è crollata a 24 milioni e quella a lungo a 12.
L’appunto che si può fare a Bondi, ed è la critica rivoltagli dagli investitori oltre che la causa prima della scalata di Lactalis, è di avere destinato a dividendo nel quinquennio 843 milioni soltanto. Rispetto agli standard delle società quotate questa cifra è pari a un pay-out (quota di distribuzione dell’utile) del 36% contro l’83% di Eni. In compenso sono stati spesi 500 milioni in investimenti tecnici tra il 2007 e il 2010.
Bondi, inoltre, lascia ai francesi un gruppo con una forte struttura multinazionale. Solo il 18% dei 66 stabilimenti Parmalat è ubicato in Italia. Dei 14mila dipendenti del gruppo nel 2010, lavora in Italia solo il 15%; il resto, all’estero. Il rapporto pone la società al livello di Pirelli e Prysmian. Solo il 22% del suo giro d’affari 2010 è stato realizzato sul mercato nazionale; il resto arriva da fuori. In Canada Parmalat fattura 1,6 miliardi, in Australia 742 milioni e oltre 400 milioni rispettivamente in Sudamerica e Africa, mentre in Europa (Italia esclusa) fattura 152 milioni.