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 2011  luglio 09 Sabato calendario

Tremonti a Berlusconi: “Non mi farai fare la fine di Boffo” - E’ il 17 giugno. A Roma, nella sede della Divisione investigativa antimafia, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, viene sentito dai pm napoletani che indagano sulla P4, Curcio e Woodcock

Tremonti a Berlusconi: “Non mi farai fare la fine di Boffo” - E’ il 17 giugno. A Roma, nella sede della Divisione investigativa antimafia, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, viene sentito dai pm napoletani che indagano sulla P4, Curcio e Woodcock. Il verbale viene aperto alle 13,25. Si andrà avanti fino alle 14,50. Novanta minuti nei quali si condensano le inquietudini di un ministro della Repubblica. Che prende le distanze dalla «competizione» interna al Comando generale della Guardia di finanza, bollando con tono sprezzante le «cordate» di generali che fanno campagna elettorale esterna per essere nominati comandanti generali. Ma Tremonti rivela anche per la prima volta in un atto giudiziario, lo scontro politico che lo vede contrapposto al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sui temi del risanamento economico e non solo. E denuncia un certo «metodo Boffo» di cui sarebbe vittima. Le cordate I pm napoletani Curcio e Woodcock entrano subito nel merito della deposizione. «Mi viene chiesto esordisce Giulio Tremonti - di riferire quanto è a mia conoscenza in ordine all’eventuale esistenza di cordate contrapposte all’interno della Guardia di finanza, cordate composte da alti ufficiali della stessa. Vi rispondo che, tutto sommato, mi vado sempre più convincendo del fatto che la rimozione dell’impedimento di legge a che gli alti ufficiale della Gdf potessero ricoprire l’incarico di comandante generale è stata, per un verso, positiva, ma ha portato anche conseguenze negative, nel senso che si sono creati meccanismi di competizione tra possibili candidati, meccanismi potenzialmente negativi». Più sobrietà Abbandonando tutte le cautele possibili, Tremonti spara ad alzo zero contro certi generali che stanno a Roma, al comando generale delle Fiamme gialle: «Voglio essere chiaro: gli alti ufficiali nella prospettiva di diventare comandanti generali hanno preso a coltivare relazioni esterne al corpo che non trovo opportune. Più esattamente c’è il rischio, la tendenza a un eccesso di competizione tra loro». Il ministro dell’Economia racconta di aver suggerito al comandante generale della Finanza, il generale Di Paolo, di fronte «a un certo attivismo relazionale di alcuni generali in servizio a Roma», di mandare alcune direttive sulla «vita più sobria». «Possiamo dire - aggiunge il ministro - che gli dissi: "Meno salotti, meno palazzi, consegne in caserma"». I pm Curcio e Woodcock chiedono al testimone se ha mai espresso queste sue perplessità al presidente del Consiglio Berlusconi, contestandogli una «utilizzazione strumentale della Gdf ai suoi danni». E prima che risponda, i pm fanno ascoltare al ministro una intercettazione telefonica del 7 giugno scorso tra il presidente del Consiglio Berlusconi e il capo di Stato maggiore della Finanza Adinolfi. I dossier «Rispondo che con il presidente del Consiglio ebbi una discussione pochi giorni prima della data della conversazione che ho ascoltato. Nel corso della discussione io e il presidente del Consiglio manifestammo posizione diverse sulla politica del bilancio. A un certo punto della discussione, sono emerse posizioni fortemente critiche in ordine alla mia attività di ministro da parte del Presidente del Consiglio». E’ amareggiato e a tratti sembra anche impaurito, il ministro Tremonti che evoca il «metodo Boffo» (Guido Boffo, ex direttore di Avvenire triturato dalla campagna stampa del "Giornale" di Vittorio Feltri, con un falso dossier) ai suoi danni. «Per inciso e in parallelo su alcuni settori della stampa, si manifestava una tendenza di spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni. A questo punto se non ricordo male manifestai la mia refrattarietà a essere oggetto di campagne stampa tipo quella Boffo». Precisa il ministro: «Quando parlo di metodo Boffo mi riferisco alla propalazione sui mass media di notizie riservate e/o infondate atte a screditare chi viene preso di mira». A nervi tesi Per come la racconta il ministro dell’Economia, l’incontro TremontiBerlusconi è stato a tratti drammatico. «In quel contesto, facendo seguito a quanto riferitomi dal Milanese su una cena a Napoli a cui avrebbero partecipato oltre al generale Adinolfi anche persone vicine al presidente del Consiglio, rappresentai al presidente Berlusconi in modo, devo ammettere, caratterialmente attivo, tra l’altro, la situazione di conflittualità in cui si trovavano alcune figure di vertice della Gdf. Ricordo che a Berlusconi feci il nome di Adinolfi, più esattamente parlando di quella cena a Napoli, gli dissi: "Chiedi conferma ad Adinolfi"». A quella cena parteciparono Paolo Berlusconi e Adriano Galliani, secondo quanto riferito al ministro dal suo collaboratore Marco Milanese («Non ne sono però sicuro», ha verbalizzato Tremonti). Il tono amichevole della telefonata tra il capo di Stato maggiore della Finanza e il presidente del Consiglio è spunto di riflessione da parte del ministro Tremonti («non mi sorprende, sapevo del rapporto di amicizia o comunque di conoscenza tra i due»): «Mi viene chiesto se rientra nella fisiologia istituzionale un rapporto diretto tra il presidente del Consiglio e il capo di Stato maggiore della Gdf ed io le dico che, per quanto di mia competenza, mi attengo a criteri istituzionali diversi, e cioé mi relaziono solo al comandante generale del corpo che, sia detto per inciso, è persona che stimo personalmente». Il ruolo di Bisignani Tremonti ha l’opportunità di smentire di aver accusato Berlusconi di tramare per farlo fuori, utilizzando la Guardia di finanza. «Ritengo che Berlusconi abbia fatto un erroneo collegamento fra diverse frasi da me pronunciate». C’è anche tempo per ammettere di conoscere Luigi Bisignani, l’indagato eccellente dell’inchiesta sulla P4, ma anche per escludere di aver ricevuto da lui una raccomandazione per la «nomina di Mazzei al Poligrafico».