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 2011  luglio 08 Venerdì calendario

Eppure il teatro è vivo Pochi soldi ma si spera - Sembrava che dovesse essere una discesa nella fossa dei leoni, quella di Salvatore Nastasi alle Giornate del teatro

Eppure il teatro è vivo Pochi soldi ma si spera - Sembrava che dovesse essere una discesa nella fossa dei leoni, quella di Salvatore Nastasi alle Giornate del teatro. Invece, il direttore generale dello spettacolo dal vivo del Ministero dei beni culturali è riuscito a strappare anche qualche applauso dalla platea, alla fine di un incontro che ha messo a confronto duecento professionisti del teatro italiano riuniti alla Reggia di Venaria, alle porte di Torino. Le premesse per lo scontro c’erano tutte, dopo l’inverno di tensioni seguito all’annunciata (e poi ritirata) riduzione del Fondo unico dello spettacolo: dagli oltre 400 milioni di euro del 2010 si è rischiato un taglio del 37%, un colpo che poteva essere quello fatale per il sistema teatrale, da anni in debito d’ossigeno. La prima buona notizia è il ritorno dei finanziamenti su base triennale, essenziale per poter progettare il futuro anziché rincorrere il presente: a questo si aggiunge la riscrittura dei decreti attuativi («un pasticcio incomprensibile», dicono in tanti) e la promessa che i tempi dei finanziamenti ritroveranno la ragionevolezza. Negli ultimi anni i fondi per l’anno in corso sono stati assegnati a luglio, se non a novembre. «Quelli che abbiamo alle spalle - ha dichiarato Nastasi - sono per i finanziamenti alla cultura i sette anni peggiori di sempre, da quando Cavour diede il primo sostegno statale al Teatro Regio di Torino». Il mondo delle sovvenzioni statali al palcoscenico brulica di luci e ombre. A spartirsi una torta di circa 65 milioni di euro (la quota del Fus destinata alla prosa) sono oltre 400 enti tra teatri stabili, compagnie, teatri di figura, progetti speciali. I singoli contributi vanno da poche migliaia di euro ai quasi 3 milioni e mezzo ricevuti dal Piccolo Teatro di Milano nel 2009: se agli 11 istituti maggiori è destinata quasi la metà del piatto, per le nuove compagnie anche un piccolo aiuto può essere fondamentale. Dopo l’introduzione di Evelina Christillin, preseidente Agis del Piemonte, si è discusso di come far bastare la coperta corta della sovvenzione pubblica: la strada per arrivare ai privati dovrebbe essere quella che passa attraverso gli sgravi fiscali di cui si parla da anni. «Il contributo delle fondazioni di origine bancaria - ha spiegato Sergio Escobar, direttore del Piccolo di Milano - ha raggiunto per dimensioni quello erogato dal Fus. Quello che chiediamo oggi al settore pubblico è di iniziare, come accade con i privati, a fare scelte: mettere in campo strategie chiare che possano portare uno sviluppo, e non girare i soldi a copertura dei bilanci in disavanzo». C’è un pensiero insistente, ascoltato più volte tra le voci della sala: «Adesso abbiamo un ministro». Giancarlo Galan, arrivato per concludere i lavori, risponde. «Se si pensa di risanare il bilancio statale partendo dai tagli alla cultura, non si va da nessuna parte: l’ho detto anche a Tremonti. Dobbiamo premiare le gestioni virtuose, le idee innovative e quelle dei giovani. Sogno un teatro di qualità, più audace, innovativo e fantasioso». Fuori dalla reggia, un gruppo di professionisti del settore espone panni stesi e uno striscione che recita «La cultura piemontese è in mutande». Sul tavolo ci sono anche la riduzione dell’Iva dal 10% al 4% per i prodotti culturali e i bandi internazionali per la gestione dei teatri italiani. «Quelle annunciate - dice Beppe Navello, che ha ospitato l’incontro all’avvio del suo festival Teatro a corte sono novità attese, auspici che trovano conferma. Forse siamo di fronte a una svolta che segna un’inversione di tendenza, dopo gli ultimi terribili anni. Il cambiamento, però, va assecondato: il panorama è depresso e impaurito, ma questo paese si sta finalmente rendendo conto che non può abdicare alla politica per la cultura».