Francesco Cevasco, Corriere della Sera 9/7/2011, 9 luglio 2011
LA VOGHERA DELLA CASALINGA DIVENTA LA CITTA’ DELLO SCANDALO
Gli iriensi — la gente di Voghera— hanno passi di pianura, lunghi e ben distesi, ritmati e veloci; non è facile smuoverli dal loro cammino. E sono abituati a non turbarsi più di tanto. Da queste parti è passato Attila e ha comandato Carlo Magno, si sono visti il figlio di Barbarossa, i Visconti e gli Sforza, gli spagnoli e i francesi e si sono sentite le bombe della seconda guerra mondiale che volevano far saltare la ferrovia per Milano e per Bologna. Figuriamoci se, oggi, i vogheresi si spaventano perché un sindaco (Carlo Barbieri) e un commercialista collezionista di incarichi societari (Guido Marchese) finiscono in galera. A Voghera, la gente è sveglia, perché qui non c’è mai stato molto lavoro e allora bisognava andarselo a trovare fuori e se avevi studiato lo trovavi più facilmente. Il tasso culturale degli iriensi è storicamente alto anche se è nata qui la mitica casalinga di Voghera. Che poi non era mica così stupida anche se confessava: «Io, al Telegiornale quando parla di politica non ci capisco niente» . Vittorio Emiliani, giornalista e scrittore, arrivato ragazzo, nel 1954, a Voghera e subito avviluppato da quell’atmosfera radical-socialista che allora si respirava in città, nel suo libro Vitelloni e Giacobini ricorda che fu il servizio opinioni della Rai del monopolio a creare, nei primi anni Sessanta questo personaggio, questa figura retorica ormai ineliminabile: nei gruppi di ascolto Rai, accanto all’operaio di Sesto San Giovanni, all’impiegato di Roma, al bracciante pugliese, ci fu la casalinga di Voghera che regolarmente dava il massimo gradimento alla Santa Messa in diretta. Poi ci ha pensato il vogherese Alberto Arbasino a lanciarla nello star system: «La casalinga di Voghera /non è mai stata una vera signora /dei salotti o salottini /casotti o casini» . E ad aggiornarle la personalità: l’anno scorso nel Meridiano a lui dedicato si legge: «Dov’era finita la casalinga di Voghera? Commiserata, una volta, come portatrice cogliona dei luoghi comuni più ridicoli, ora si è data (batti e ribatti) una regolata "eccellente" e si scatena nelle frasi più fatte della provocazione e della trasgressione: controcorrente e fuori dal coro — come tutti — irriverente e dissacrante... Dunque emblematica ed egemonica» . Anche la passione per la politica è cambiata: si è affievolita. Nei ricordi di Giovanni Maggi, giornalista e scrittore, c’è la Voghera delle mille pubblicazioni che ospitavano feroci polemiche politiche e culturali: cattolico Il giornale, radical socialista Il cittadino, socialdemocratico L’Oltrepò, comunisti L’avvenire e L’infinito. E c’era la politica che finiva in piazza; come nel luglio del 1983 quando arresti, fermi e feriti conclusero la manifestazione contro le condizioni di vita nel supercarcere femminile. E nel carcere speciale a Voghera, il 20 marzo 1986, Michele Sindona si versò nella tazzina di plastica il caffè al cianuro. L’episodio più sconvolgente per i vogheresi resta quello del 31 maggio 1962: l’incidente ferroviario in cui morirono 63 persone: «Andavano al mare nel giorno dell’Ascensione— scriveva Dino Buzzati sul Corriere —. Ma come?... I vecchi cari treni che stavano per diventare una bonaria e innocua anticaglia loro soltanto retrocedono tornando ad essere orribili mostri, affidarsi ai quali è un’avventura?» . Tra i 39.889 iriensi c’è ancora chi ricorda un giorno di grandi emozioni: quando 60 anni fa Arturo Toscanini tornò a Voghera. Il maestro rispolverò un aneddoto del 1889: giovanissimo, era stato chiamato dal Teatro Sociale a dirigere l’Aida. Il soprano rifiutava nuove prove. La cantante, accomodata su una sedia, si sentì apostrofare: «Va bene che sei seduta sulla parte migliore di te, ma quest’aria la devi riprovare daccapo, perdio!» . Un ufficiale di cavalleria che stravedeva per la donna osò intervenire. Toscanini lo chiamò pagnottista. Un insulto che portò a una sfida all’ultimo sangue. Evitata in extremis grazie all’intervento del vicesindaco Desiderio Beltrami. Oggi il vicesindaco è costretto a occuparsi di meno aristocratiche questioni.