MARCO MENSURATI , la Repubblica 8/7/2011, 8 luglio 2011
LASER E BILIARDINI NELLA RED BULL UN ESERCITO DI GENI
Le macchine più veloci del mondo nascono qui, su questo vecchio tecnigrafo bianco appoggiato a una vetrata al secondo piano di una palazzina dipinta di blu alla periferia di Milton Keynes, un´ora da Londra. Al di là del tecnigrafo, oltre i vetri, verdissima e piovosa, la campagna inglese; al di qua, ordinato e spartano come una camerata prima dell´ispezione, l´ufficio di Adrian Newey, il mago della Red Bull, l´ingegnere più quotato della Formula 1.
Il tecnigrafo e il biliardino
Per capire il perché di un primato tanto schiacciante come quello della Red Bull 2011, occorre partire da qui, da questo tecnigrafo venerato appoggiato alla finestra, e da tutto quello che significa. Ogni decimo di secondo di distacco dagli avversari, ogni rettilineo divorato, ogni curva spianata, insomma, ognuno dei trionfi di Sebastian Vettel è nato su questo tavolo. Lo sa bene Christian Horner, il team principal Red Bull, che infatti parte sempre da qui ogni volta che deve mostrare la fabbrica a qualcuno. «Tutto comincia da quel tavolo un po´ desueto. Adrian pensa il progetto - e la parola "pensa" viene pronunciata con un´enfasi straordinaria, quasi mistica - con la matita fissa l´architettura della macchina sulla carta e poi l´affida ai suoi collaboratori».
La parola "collaboratori" è riduttiva. Horner indica un corridoietto al di là del quale si apre l´ufficio dei suddetti collaboratori: una sala grande come un campo da calcio con dentro un esercito di 180 ingegneri che si dispiega a perdita d´occhio. File militari di computer, mouse, lattine di Red Bull, occhiali spessi un dito. Visti così potrebbero sembrare dipendenti di un call center fuori Mumbai, t-shirt e jeans, naso attaccato al monitor, manuali sulla scrivania, blocco di appunti tutto imbrattato. In realtà sono il meglio che il mercato dell´ingegneria possa offrire. «Lavorano in questo open space perché ci interessa facilitare la comunicazione tra di loro: meno mail più chiacchiere», spiega Horner alludendo a quella stessa "produttività del cazzeggio" che ha fatto la fortuna di mezza Silicon Valley, Google in testa. Un concetto che si chiarisce via via, passando di fronte alla palestra e ai caffè con i biliardini di cui è piena la struttura. Pare che funzionino molto, i biliardini, come momento di socialità professionale (e la prova è che le stecche sono perfettamente lubrificate, come fossero alberi motore).
Qui lavora una multinazionale della materia grigia. «Francesi, italiani, tedeschi, spagnoli, abbiamo di tutto e lo scambio di idee è un bene primario», sorride Horner, salvo poi pentirsene per la paura che i concorrenti, specie quelli italiani, possano farsi venire qualche smania da campagna acquisti: «Nessuna ulteriore informazione sui nostri ragazzi…», dice quindi brusco allontanandosi verso la sala a fianco, l´"operation room".
La stanza dei bottoni
Horner accende la luce e quello che si illumina è una sorta di cinema. Solo che al posto dello schermo ci sono sei monitor e al posto delle poltrone ci sono tre file di banchi con quattro postazioni di lavoro per ogni banco. La stanza è collegata in tempo reale con i circuiti e tutto quello che succede in pista, dati, informazioni, opinioni, sensazioni tutto, succede anche lì dentro. «Su quegli schermi trasmettiamo in diretta la gara e i dati. Che vengono elaborati e si trasformano in indicazioni (a volte ordini, ndr) per i ragazzi che sono in pista». La prima fila è occupata dagli ingegneri della strategia, la seconda da quelli del design, la terza da quelli che analizzano e decodificano i dati delle prestazioni. «Così risparmiamo un sacco di soldi e tutto il lavoro è più efficiente».
Nella stanza a fianco c´è il simulatore. Quello della Ferrari è un oggetto misterioso, protetto da un riserbo totale, è stato mostrato una sola volta ai giornalisti. Da lontano. Si sa solo che è al centro di una stanza gigantesca, sospeso a una decina di metri da terra, protetto da un involucro di tubi neri, e costosissimo. Per il resto, top secret. Quello della Red Bull sembra un video gioco per adulti. Sta tutto in una stanzetta e ha un software molto aggiornato. Segreti, zero. Tanto che persino i giornalisti possono provarlo (e andarci inesorabilmente a sbattere).
Vettel e il Concorde
Vicino al simulatore c´è l´area dove i disegni dei "nostri ragazzi" diventano pezzi. Anzi, miniature di pezzi, da portare nella galleria del vento. Per questo passaggio esiste un macchinario affascinante. Si tratta di una specie di scatolotto simile alle "macchine pesca regali" dei luna park. Solo che questo scatolotto invece di pescare regali modella il pezzo in miniatura con un laser ad alta precisione. «Nel giro di due ore dalla sua progettazione siamo in grado di portare in galleria del vento qualunque pezzo», spiega Horner.
La questione galleria del vento in casa Red Bull è particolarmente sentita. «La nostra è enorme - racconta orgogliosa l´inglesissima receptionist, in azienda dal giorno della sua fondazione - È a 40km da qui. L´hanno costruita nel 1953: ci hanno fatto tutti gli studi sul Concorde. E ora la usiamo noi».
Mentre l´area di disegno e progettazione, il simulatore e la galleria del vento sono decisamente particolari qui alla Red Bull, il settore produzione è invece identico a quello di Maranello. Le procedure, i meccanismi ma anche il clima lento, da artigianato di qualità, è lo stesso. «Si lavora 24 ore al giorno, qui, sette giorni sul sette, per produrre l´85 per cento dei pezzi che vengono montati in macchina». Inutile dire che il controllo di qualità è maniacale. C´è un reparto separato dagli altri che si avvale di strumenti meccanici e a ultrasuoni.
L´epicentro del motor sport
A dire il vero, però, strumenti meccanici e ultrasuoni, ce li hanno un po´ tutti i costruttori. Come del resto i simulatori, le gallerie del vento (salvo problemi estemporanei) e anche i biliardini. E così è inevitabile chiedersi quale sia il vero segreto del team che sta facendo la rivoluzione in F1. Horner ascolta la domanda, fa una pausa, poi indica con lo sguardo la finestra dietro il tecnigrafo. «Il segreto è questo spicchio di Inghilterra - sospira - Un territorio intimamente connesso con la F1. Qui ha sede la metà dei team. Ci siamo noi, McLaren, Mercedes, Force India, Renault, Lotus, Virgin, qui ci sono i team di Gp2 e Gp3, questo è l´epicentro del motor sport mondiale. Per questo i migliori ingegneri sono qui e qui vogliono restare. È una specie di argine naturale contro la fuga dei cervelli. E con i cervelli migliori si fanno le macchine più veloci».