Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 8/7/2011, 8 luglio 2011
IRONIA E RABBIA: TREMONTI CE L’HA CON ME
In conferenza stampa ha usato l’ironia: «Tremonti mi ha abbracciato, mi ha chiesto scusa, ma io non ho ancora capito perché... forse sono davvero un po’ tardo di comprendonio...» . Poi, nelle conversazioni private, Renato Brunetta è tornato sull’argomento. E ha chiarito: «Non è una questione personale, ma politica. Io non ce l’ho affatto con Tremonti. È lui che ce l’ha con me» . Non si tratta di vecchie ruggini tra socialisti: «Lui nel partito socialista non c’era. Era un consigliere di Formica. Può darsi che non ami le persone intelligenti e brave quanto lui, in economia forse anche di più... scherzi a parte, davvero non è questione di caratteri difficili, ma di due diverse visioni politiche. Io ho senso di responsabilità, e per me la querelle finisce qui. Figurarsi se me la prendo per un fuori onda, che vale come le intercettazioni illegali: nulla. Sui posti di lavoro, a cominciare immagino dalle redazioni dei giornali, se ne dicono anche di peggiori. Ma non posso rinunciare alle mie idee. Che coincidono con quelle della stragrande maggioranza dei ministri. E della maggioranza parlamentare» . Agli interlocutori che gli chiedevano spiegazioni, Brunetta ha risposto con un’immagine: «Non è che Tremonti è per il rigore e io no. Io però sono per il rigore sostenibile. Lui è per il rigore-dita negli occhi. Io sono per il rigore più coesione sociale. La sua è un’impostazione sbagliata. Perché rigore e accanimento sociale sono in antitesi. Se ad esempio ti accanisci su pensioni da 1.400, 1.300, persino 1.200 euro, il sistema implode. Se, oltre che ai tagli, lavori alla coesione sociale, ad esempio aumentando seriamente la soglia del pensionamento per anzianità, allora metti davvero in sicurezza i conti pubblici. Queste cose i mercati le sanno, come le sanno le istituzioni internazionali» . Brunetta ricostruisce il merito della discussione dell’altro giorno. «Non è un caso che Tremonti mi avesse chiesto di partecipare alla conferenza stampa. Ho dato il mio contributo al decreto sullo sviluppo, ora approvato in via definitiva dal Senato. Ho lavorato anche alla manovra, in particolare mi sono occupato della parte sui costi della politica e di quella sul pubblico impiego. Ai giornalisti stavo spiegando un aspetto che ritengo molto positivo: fatto salvo il rigore, difenderemo il potere d’acquisto dei salari dei dipendenti pubblici. È previsto il dividendo dell’efficienza, per cui ulteriori risparmi andranno per metà alla contrattazione integrativa. All’evidenza, anche se io non me ne sono accorto, il ministro dell’Economia si è arrabbiato, perché gli è parso che io sminuissi la severità della manovra agli occhi delle agenzie di rating e degli investitori internazionali. È vero il contrario: una manovra funziona se coniuga severità e sensibilità sociale. Se invece ti muovi come se fossi mosso da intenti punitivi, allora la manovra ti si rivolta contro. E soprattutto ti si rivolta contro il Paese» . «Non è da ieri che dico queste cose. Sono almeno due anni che lo faccio» , ha ricordato Brunetta. Già in passato il ministro della Funzione pubblica aveva espresso la necessità di «passare dal rigore conservatore al rigore selettivo, modernizzante, intelligente, capace di decidere. Sbloccare gli investimenti. Il piano per il Sud. La green economy. La banda larga. Le riforme, che a cominciare da quella della giustizia non possono funzionare senza risorse» . Non si tratta di spendere soldi che non ci sono, ma di sbloccare «quel diritto di veto che Tremonti esercita sulle iniziative di tutti i ministri. Un blocco cieco, cupo, conservatore, indistinto. Incapace di distinguere, ad esempio, tra i Comuni indebitati e i Comuni virtuosi, che potrebbero spendere ma non possono a causa dell’interpretazione rigida del patto di stabilità interno» . Ieri Brunetta ha ripreso quel ragionamento. «Anche Tremonti c’è arrivato, ma con due anni di ritardo. Infatti stiamo facendo ora le cose che si potevano fare due anni fa. E per altri aspetti il blocco continua. La filosofia di dare tutto in mano alla ragioneria di fatto esautora gli altri ministri. E l’arroganza intellettuale non aiuta. Conosco Tremonti da una vita. Il problema non è un carattere più o meno iracondo. Gli insulti sono sovrastrutture, che su di me incidono pochissimo. Quello che conta è il bene del governo e del Paese. E io ho dato e sono pronto a dare ancora una mano. Anche nell’interesse di Tremonti. Sono fatto così. Ad esempio lavorerò per rendere più facile il passaggio della manovra alle Camere» . La valutazione di Brunetta è che, così com’è scritto, il provvedimento sia destinato a suscitare reazioni non proprie benevole tra i parlamentari della maggioranza. Da qui l’idea, «ormai condivisa anche da Tremonti» , di introdurre emendamenti che lascino inalterati i saldi ma consentano di migliorare il testo, e soprattutto di approvarlo.