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 2011  luglio 09 Sabato calendario

TRICHET HA GIÀ PERSO IL GIOCO DEL POLLO

Trichet ha appena deciso di aumentare i tassi all´1,5%, ribadendo la necessità di controllare il rischio di inflazione. È il secondo aumento in poco tempo; altri ne dovrebbero seguire. L´inflazione nell´Eurozona è al 2,7%, superiore all´obiettivo del 2%; ma lo sforamento appare dovuto a fattori importati, rialzi di materie prime e derrate alimentari, destinati a esaurirsi nel tempo. L´inflazione cosiddetta "core" è solo all´1,7%, in linea con il dato medio dall´inizio dell´euro.
Non ci sono i presupposti per un fenomeno inflazionistico generalizzato. La capacità produttività inutilizzata nell´Eurozona rimane ampia: difficile immaginare un´ondata di aumenti salariali, e le imprese che li scaricano sui consumatori, aumentando i listini. L´indice Euro-coin, che meglio traccia l´andamento del Pil dell´area, a giugno per la prima volta quest´anno è diminuito, tornando ai livelli di un anno fa. Né ci sono le risorse per finanziare l´eventuale aumento di spesa aggregata. Il credito bancario ai privati residenti nell´Eurozona è cresciuto del 2,7% negli ultimi mesi: appena quanto l´inflazione. Lo stesso vale per la crescita dei depositi bancari: 2,3% o 2,7% a seconda dell´aggregato (M2 o M3). Quindi, il rapporto credito e moneta sul Pil nell´Eurozona si sta contraendo. Sembrerebbe più uno scenario da deflazione. L´Eurozona non è solo la Germania; che vive un boom da esportazioni. Ma anche lì gli investitori non sembrano preoccuparsi dell´inflazione futura: per investire in titoli di stato tedeschi a 10 anni si accontentano del 2,8%. La fuga dai titoli dei PIIGS (ormai la seconda I sta per Italia) non basta a spiegarlo: di investimenti al sicuro dal rischio di default ce ne sono tanti altri.
La Bce ha deciso l´aumento principalmente per tener fede alla propria parola. Come la martellante campagna di dichiarazioni pubbliche contro ogni ipotesi di ristrutturazione del debito greco, anche gli aumenti dei tassi fanno parte di un "gioco del pollo" (in cui due auto si lanciano una contro l´altra per vedere chi ha paura e sterza per primo) della Bce con i governi europei. Lo scopo: costringere i governi dell´Eurozona a trovare rapidamente una soluzione convincente per uscire dalla crisi del debito pubblico, senza scaricarne l´onere sulla Bce. Quindi, imporre ai PIIGS politiche di austerità capaci di generare avanzi primari nei conti pubblici credibili e sostenibili. Quanto conti la credibilità, lo dimostra la caduta dei titoli di stato italiani di fronte a un governo che vuol risanare lasciando il risanamento in eredità al governo che verrà nel 2014.
E costringere Germania e Francia, che hanno voluto l´euro, senza però l´unione o il coordinamento fiscale, di farsi carico adesso di una parte degli oneri dell´aggiustamento, se la sopravvivenza dell´euro è veramente la priorità. Perché l´unione monetaria, senza quella fiscale, alla lunga non regge. Invece, per la Grecia siamo già al secondo piano di salvataggio, ma si continua a rinviare l´accordo perché Francia e Germania non trovano il modo di ristrutturare un debito di fatto già in default (vale 50 centesimi), senza intaccare i bilanci delle loro banche. Le nuove istituzioni europee create con gran fanfara a marzo sembrano dissolte nel nulla. E si nega la realtà sollevando inutili polveroni contro le società di rating, che invece si stanno solo adeguando a quello che già si sa: da mesi il rendimento dei titoli portoghesi indicava che per gli investitori sono spazzatura.
Ma la Bce, il gioco del pollo lo ha già perso: di fatto agisce da compratore di ultima istanza del debito dei PIIGS, come se l´unione fiscale esistesse già. Non lo compra direttamente, ma lo accetta, comunque, a garanzia dei finanziamenti che tengono a galla le banche. Così, via via che gli investitori se ne disfano, i titoli greci, irlandesi e portoghesi finiscono nei bilanci della Bce, sempre pronta a finanziare illimitatamente il sistema bancario di Eurolandia. Ed eventualmente a rimangiarsi gli aumenti dei tassi, fatti e promessi. Come tre anni fa. Facile che i tassi di Eurolandia rimarranno bassi ancora a lungo. Alla fine, Trichet o Draghi, più della retorica della credibilità conta il realismo delle istituzioni.