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 2011  luglio 08 Venerdì calendario

Gli Stanlio e Ollio del Garofano divisi su laurea, Craxi e partito - Una volta l’anno ci giungono alle orecchie gli echi di una lite tra Renato Brunetta e Giulio Tre­monti

Gli Stanlio e Ollio del Garofano divisi su laurea, Craxi e partito - Una volta l’anno ci giungono alle orecchie gli echi di una lite tra Renato Brunetta e Giulio Tre­monti. Niente di elaborato, solo qualche cretino e citrullo, che i due si scambiano in sedi ufficiali, consiglio dei ministri, conferen­ze stampa, ecc. Non oso immagi­nare cosa succederebbe se po­tessimo origliarne i discorsi. A naso, direi che si mandano cor­dialmente all’inferno anche nel­l’alcova. Dico «cordialmente» perché penso che tra loro non ci sia odio ma un rapporto alla Stanlio e Ollio da cui entrambi traggono linfa. L’altro ieri - come avrete visto ieri in tv - Tremonti è stato bef­fardo con Brunetta. Il ministro della PA stava dicendo la sua ai giornalisti quando il titolare del­l’Economia, ignaro che il suo mi­crofono fosse aperto, ha farfu­gliato ai collaboratori, «è proprio un cretino» e si è aggiustato la cravatta per darsi un contegno innocente. Poi, si è chinato verso Sacconi, il ministro del Lavoro (il parterre era di lusso), bisbiglian­do: «È scemo eh?». L’altro: «Non lo seguo neppure». Tremonti ha ribadito: «È proprio un cretino». La cosa poi finita è benissimo co­me sempre in passato. Giulio, sa­puto che le frasette rubate erano state trasmesse dalla tv di Repub­blica - ti pareva! - , si è scusato con Renato e i due si sono ab­bracciati. Solo tre annotazioni. Anche stavolta a iniziare è stato Tre­monti che dei due è il più aggres­sivo. Secondo: essendo lui il pa­drone di casa (l’incontro si è svolto al ministero dell’Econo­mia) ha mancato davvero di tat­to. Terzo: mentre dava dello sce­mo a Brunetta la figura del me­desimo l’ha fatta lui che aveva il microfono aperto. I precedenti sono molti. Quasi sempre dovuti al fatto che Tre­monti decide per tutti e lascia a bocca asciutta gli altri ministri. A reagire di più è Brunetta che ha una pepata parlantina venezia­na. Ma le vittime di Giulio sono tante. Nel novembre 2009, la si­racusana Prestigiacomo gli chie­se in Consiglio dei ministri più soldi. Tremonti inalberò il suo vi­setto da putto e disse: «Stefania, hai un modo così siciliano di ra­gionare… ». L’altra si inviperì e scoppiò un can can. Poi, indi­gnata, lasciò la sala sibilando: «Me ne vado, sennò alzo le ma­ni ». Giulio, ormai su di giri, si concesse subito dopo l’ennesi­ma litigata con Brunetta che illu­strava la sua legge antifannullo­ni, interrompendolo: «Non si fa la semplificazione con una nuo­va regolamentazione». Qualsiasi cosa volesse dire, fu l’inizio di un appassionato dibattito su chi dei due fosse più preparato. «Io que­ste cose le conosco - si agitò Re­natino - , Tremonti non è un eco­nomista ». Infatti, è laureato in Legge. Glielo rimproverano tutti i tecnici - Antonio Martino, Bru­netta ecc - che lo considerano un dilettante e sono esasperati che tocchi a lui guidare l’economia nazionale. La lite proseguì per un po’, finché Renatino - che è un bonaccione pronto ad abbraccia­re e baciare tutti - allungò la ma­no per fare pace. L’altro tirò in­dietro la sua con un cavernoso: «Non ti avvicinare, altrimenti ti prendo a calci in c...». La loro non è una vera rivalità, perché c’è spazio per entrambi. È che da troppi anni costeggiano gli stessi ambienti e inciampano l’uno nell’altro. Tremonti, 64 an­ni in agosto, è leggermente più anziano di Brunetta, 61. Hanno debutti opposti. Giulio - veneto di origine, lombardo di adozione - è di ricca famiglia liberale, fa studi regolari e diventa socialista durante il servizio militare. Re­natino, figlio di un ambulante veneziano, vive in una casa di novanta metri in cui abitano in nove. Neanche un libro in giro. Però fa il classico, si laurea in Economia e a 31 anni è in catte­dra. Aderisce anche lui al Psi, ma per ragioni di status, non per scelta intellettuale come Tre­monti. Anche per questo, gli ambienti psi che frequentano sono oppo­sti. Giulio è accolto nel milieu del marchese Franco Reviglio, gran professore e ministro delle Fi­nanze. I condiscepoli sono gio­vanotti blasonati: Domenico Si­niscalco, futuro ministro, Franco Bernabè (oggi, Telecom), Alber­to Meomartini, attuale presiden­te della Confindustria milanese. C’è anche Vincenzo Visco, più in disparte. Si affaccia spesso Giu­liano Amato, quintessenza del­l’eminenza grigia. Tutta gente che ama più il potere dietro le quinte che la politica, anche se alcuni ci approderanno. Brunet­ta, al contrario, si intruppa con i veneziani: il capo, Gianni De Mi­chelis e il pupillo, Maurizio Sac­coni. Sono ruspanti e politici nati che non temono di entrare nelle fabbriche occupate e discutere. I revigliani sono più di sinistra e hanno verso Craxi un atteggia­mento snob, ma senza impru­denze. I lagunari gli sono schiet­tamente vicini. Eppure, come non manca di fare notare Bru­netta, lui non ha fatto parte del­l’Assemblea del Psi -i «nani e ballerine» per intenderci-, Giulio sì. Come dire: si permette di ar­ricciare il naso ma non si lascia sfuggire l’invito a corte. Tra i due uomini la differenza è questa. Tremonti prima pensa a sé, poi alla causa. Brunetta, pur amandosi, privilegia il partito. Guardando all’oggi: Giulio, per darsi lustro, manda a fondo la barca del Pdl. Renatino, che ci sta sopra, si incappia. Di qui, le botte.