Fulvio Bufi, Corriere della Sera 8/7/2011; Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 8/7/2011; Gio. Bia., Corriere della Sera 8/7/2011; Monica Guerzoni, Corriere della Sera 8/7/2011, 8 luglio 2011
L’INCHIESTA SU MILANESE
(quattro pezzi dal Corriere) -
CHIESTO L’ARRESTO DEL DEPUTATO - DI FULVIO BUFI -
Auto e orologi di lusso, soggiorni all’estero in alberghi a cinque stelle, versamenti di ingenti somme di denaro. Tutto questo avrebbe ricevuto il deputato del Pdl Marco Milanese, recentemente dimessosi dall’incarico di consigliere politico del ministro Giulio Tremonti, da un imprenditore in cambio di informazioni riservate circa le indagini di cui quest’ultimo era oggetto da parte della Guardia di finanza, e dal sindaco di Voghera e da un commercialista della stessa cittadina che grazie all’opera del parlamentare avrebbero ottenuto incarichi in Consigli d’amministrazione o Collegi sindacali di società controllate dal ministero dell’Economia. Nei confronti di Milanese il sostituto procuratore di Napoli Vincenzo Piscitelli ha chiesto e ottenuto dal giudice delle indagini preliminari Amelia Primavera un’ordinanza di arresto già trasmessa alla Camera che dovrà decidere se autorizzarne o meno l’esecuzione. Stesso provvedimento il gip ha emesso contro il sindaco di Voghera Carlo Barbieri e il commercialista Guido Marchese che da ieri si trovano agli arresti domiciliari. Ex ufficiale della Guardia di finanza, Milanese aveva lasciato l’incarico al ministero dopo che il suo nome era comparso nell’inchiesta sulla cosiddetta P4 in relazione a una delicata testimonianza che chiamava in causa il generale Mario Adinolfi. In quell’indagine il parlamentare era solo una persona informata dei fatti, ma un altro ufficio della Procura napoletana stava invece raccogliendo elementi che lo vedevano in una posizione ben diversa. Quella di uno che pretendeva e otteneva tangenti. Così, almeno, la figura di Milanese viene fuori dalle cose che racconta l’imprenditore Paolo Viscione, titolare della Arteinvest e di altre società finite nel mirino della Direzione distrettuale Antimafia e anche lui tra gli indagati dal pm Piscitelli. Grazie a quanto appreso da suoi ex colleghi della Guardia di finanza non ancora identificati, Milanese avrebbe informato Viscione delle indagini a suo carico, consentendogli così di cercare di correre ai ripari, e sarebbe anche riuscito a rallentare il lavoro degli investigatori. Un’opera ben pagata: con una Aston Martin poi sostituita da una Ferrari, con orologi di altissima gamma come Frank Muller e Patek, con un versamento di 450.000 euro, «nonché altri donativi — scrive il gip— come un viaggio e soggiorno a New York per due persone per il Capodanno 2009/2010» , dove Milanese e la sua compagna alloggiarono all’Hotel Plaza. Nel corso delle indagini è stato ascoltato come persona informata dei fatti anche il ministro Tremonti, al quale l’ex consigliere pagava l’affitto di un appartamento a Roma. Anche Milanese ha deposto, seppure con una dichiarazione spontanea, ma le sue spiegazioni sui regali ricevuti da Viscione — «antichi rapporti di amicizia e parentela» — non hanno assolutamente convinto né il pm né il gip.
Fulvio Bufi
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LA BARCA, LE AUTO. GLI OROLOGI: «CI PENSO IO, RICOMPENSAMI» - DI GIOVANNI BIANCONI -
«E quindi, se lei dovesse fare un conto delle somme che ha dato?» , domanda il magistrato. «In tutto una milionata, non sono preciso... sulle novecentocinquanta, un milione e cinquanta. Con esclusione della barca e dei regali che tra l’altro, soprattutto nella prima ondata, sono stati numerosi e molto costosi. Tipo un paio di gioielli, un paio di orecchini da sette carati di brillanti, che io sono stato costretto a regalargli, perché erano stati prenotati da lui in un negozio di Capri» . Uno «scapocchione fortunato» Il 19 dicembre scorso l’imprenditore Paolo Viscione, arrestato per truffa e altri reati, decide di denunciare pagamenti e regalie al deputato del Pdl ed ex ufficiale della Finanza Marco Milanese, strettissimo collaboratore del ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Gioielli, orologi, macchine e soldi per essere protetto dalle indagini delle Procure e delle Fiamme gialle, spiega. E il giudice, che vuole arrestare Milanese anche per il reato di associazione a delinquere commesso proprio insieme a Viscione, ritiene il suo racconto «intrinsecamente credibile, non essendovi motivi per dubitare della scelta collaborativa» . Vengono dallo stesso paese, Viscione e Milanese, Cervinara in provincia di Avellino: «Siamo compaesani, ma lui è un ragazzo di cinquant’anni, io ne ho circa settanta, quindi le lascio immaginare in che considerazione veniva preso questo ragazzo, che in effetti sapeva di essere uno "scapocchione"per il padre che io conoscevo, e che a tutti i costi l’ha voluto inserire. Ha avuto un bel successo, perché la fortuna l’ha accompagnato...» . Un «ragazzo» che dalla posizione raggiunta, fianco a fianco con il ministro dell’Economia, intorno al 2004 si è ripresentato a Viscione: «Ha cominciato a portarmi notizie e a intimorirmi sulle posizioni mie che sembravano preoccupanti rispetto a indagini da parte della magistratura... Mi venne a dire che ci stava un problema su Napoli... Chiaramente la cosa mi ha impressionato molto, perché già si parlava di associazione a delinquere finalizzata a reati finanziari» . Insieme al problema, Milanese offriva la soluzione. Non gratuitamente, però: «Dice "qua ci penso io, ci penso io, ci penso io"... Insomma, c’è stata una richiesta di danaro a cui ho dato soddisfazione... Poi abbiamo cominciato a parlare del leasing di un’automobile, una Aston Martin che gli abbiamo preso usata; si è arrabbiato perché era usata e abbiamo cambiato la macchina» . Negli Usa con la Ferilli e De Sica Intorno al 2009 c’è quella che Viscione chiama «la seconda ondata» , quando Milanese gli si ripresenta in un ristorante della capitale: «Mi incontra... "guarda che hai due indagini in corso, una del dottor Piscitelli di Napoli, l’altra ce l’ha la dottoressa non so chi di Roma"» . Le promesse sono sempre le stesse: «Non ti preoccupare, ci penso io... E siamo arrivati al febbraio che lui mi dice "sei intercettato, non si può parlare più"» . Anche stavolta, in cambio dell’avviso il deputato pretende un corrispettivo. «Fa delle richieste esosissime, io le adempio gradualmente» , confessa Viscione che poi fa qualche conto: «Come soldi gli ho dato quattro e cinquanta (450.000 euro, ndr), che avrei dovuto dargliene seicento... Tutti in cash, prelevati dalle banche» . A prenderli e portarli andava un uomo di fiducia dell’imprenditore, «cento, cento, cento alla volta» . In un’occasione Milanese gli avrebbe portato le trascrizioni delle conversazioni registrate, «mi ha fatto leggere proprio i testi delle intercettazioni» , ma già prima — a sentire l’imprenditore — il deputato aveva aumentato le sue pretese. Per esempio un viaggio negli Stati Uniti per le vacanze natalizie del 2009: «Questo è volgarissimo, perché si è fatto disdire dieci volte il viaggio, perché doveva partire con la Ferilli, con De Sica... dovevano stare tutti allo stesso piano e si doveva trovare lo stesso albergo...» . Il particolare è riscontrato, secondo il giudice, dalle dichiarazioni di Flavio Cattaneo, fidanzato dell’attrice Sabrina Ferilli, e della fidanzata di Milanese, Manuela Bravi, portavoce del ministro Tremonti. E il viaggio negli Stati Uniti risulta saldato da una delle società di Viscione. La barca, la Ferrari, gli orologi L’imprenditore pagava e trovava altri che pagavano, riferisce ai magistrati. Come quando Milanese voleva vendere una barca, e lui gli trovò l’acquirente: Fabrizio Testa, poi nominato nel Consiglio di amministrazione dell’Enav e al vertice di una società controllata dal- l’ente. È Viscione a convincerlo: «Lo faccio portare da me e gli dico... ti compri la barca, la fai comprare da qualcuno e quello ti farà il piacere sicuramente... Cosi è stato... Fabrizio Testa, inquisito nello scandalo famoso delle fatture false Enav... Non lo voleva Matteoli, non lo voleva Alemanno, Tremonti l’ha fatto nominare...» . Le indagini hanno accertato che «la barca è stata pagata a un prezzo molto superiore a quello effettivo di mercato» da una società che poi «ha quasi contestualmente versato somme alla Fondazione Casa della Libertà, chiara articolazione di natura politica» . Tra le regalie a cui Viscione si sentiva costretto e alle quali ha deciso di ribellarsi, c’è pure una Ferrari Scaglietti, presa e data a Milanese usando la Aston Martin in permuta «più assegni miei, di portafoglio» : E ci sono «gli orologi, adesso ma anche prima, ci stanno gli orecchini alla moglie...» . Gli investigatori hanno rintracciato il venditore di orologi, che conosce anche Milanese, il quale ha ricordato gli acquisti di Viscione per il Natale 2009: «Comprò tre orologi di prestigio, un "Frank Muller"da donna con brillantini e forma a cuoricino e due "Patek Philippe", mod. 5055 con cinturino in pelle e mod. 5035, entrambi da uomo, dal valore complessivo di mercato di circa 50.000 euro... Gli orologi erano destinati a un nostro cliente, il dottor Marco Milanese, che venne personalmente a sceglierli e a ritirarli» . Disse che uno era per Tremonti, ma il ministro ha detto ai magistrati di non averlo mai ricevuto. Le nomine pagate In cambio di denaro e altre utilità, l’accusa ritiene che Milanese abbia «promesso prima e assicurato poi l’attribuzione di nomine ed incarichi in diverse società controllate dal ministero, ricevendo come corrispettivo somme di denaro e altre utilità» . È successo con le due persone messe ieri agli arresti domiciliari: Guido Marchese, «ricevendo dallo stesso la somma di 100.000 euro» , con Barbieri Carlo, attraverso «lo stesso modus operandi» . A queste conclusioni il giudice è arrivato attraverso conferme autorevoli: il direttore centrale delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, e l’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti. Il primo «confermava quanto già reso evidente dagli atti acquisiti, e cioè che il nominativo del Marchese gli era stato fornito da Marco Milanese» ; il secondo, «pur dichiarando di non ricordare chi gli avesse sottoposto, per raccomandarlo, il nominativo di Barbieri Carlo, confermava però che la sua nomina era stata certamente a lui proposta dall’esterno della società. Precisava, inoltre, che delle nomine per conto del ministero dell’Economia si era sempre occupato il Milanese».
Giovanni Bianconi
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IL GIUDICE: PAGAVA L’AFFITTO DELLA CASA CHE VENIVA UTILIZZATA DAL MINISTRO - DI GIO. BIA.
«Il quadro indiziario sussistente a carico del Milanese è granitico» , scrive il giudice di Napoli Amelia Primavera alla fine dell’ordinanza con cui chiede il carcere per il deputato del Pdl, consigliere politico del ministro Tremonti fino a dieci giorni fa. L’indagine coordinata dal sostituto procuratore Vincenzo Piscitelli e sviluppata dalla Digos e dalla Guardia di finanza «è assolutamente completa, straordinariamente dettagliata, priva di lacune istruttorie e pervasivamente convincente» ; gli elementi raccolti a carico del parlamentare sono «univoci, concordanti e gravi» , e «superano di gran lunga la soglia della gravità indiziaria richiesta dalla legge» per arrestare un inquisito. Ma l’inchiesta non è certo finita. Mancano all’appello, ad esempio, i finanzieri che informavano Marco Milanese sulle indagini che gli interessavano. E il loro ex collega divenuto deputato e uomo di fiducia del ministro ha tutto l’interesse e grandi possibilità di inquinare la ricerca delle prove, vista «la posizione di assoluto rilievo ricoperta, collocato ai vertici della struttura del ministero dell’Economia» . Per questo, secondo la Procura e il giudice, deve andare in galera: «L’unico modo per ridurre i rischi di permeabilità ad ulteriori interventi del Milanese e di pregiudizio all’acquisizione e alla genuinità delle fonti di prova è quello di privarlo, nella misura massima possibile, della possibilità di intrattenere rapporti con altri appartenenti alla Guardia di finanza, che gli deriva in maniera privilegiata dalla posizioni rivestita fino al momento delle dimissioni» . Il 28 giugno scorso Milanese ha lasciato l’incarico di consigliere politico del ministro dell’Economia, ma per il giudice non basta. Perché nonostante le dimissioni, «permane una situazione di oggettiva vicinanza tra l’indagato e il ministro Tremonti, al quale il primo è legato da un rapporto di stretta fiducia che prescinde dall’incarico formale rivestito dal parlamentare e sopravvive alle dimissioni rassegnate» . Un esempio? La casa abitata da Tremonti nel cuore di Roma, in via Campo Marzio, a due passi dal palazzo di Montecitorio. Un’abitazione di prestigio, presa in affitto da una confraternita religiosa, il Pio Sodalizio dei Piceni, alla non modica cifra di 8.500 euro al mese. «L’immobile è stato concesso in locazione a Milanese ma viene di fatto utilizzato dal ministro Tremonti» , scrive il giudice. E gli accertamenti bancari affidati a un consulente d’ufficio hanno accertato che c’è un solo assegno emesso da Tremonti «in favore del Milanese» , per 8.000 euro, nel febbraio del 2008. Il giudice definisce «i rapporti finanziari tra il Tremonti e il Milanese assolutamente poco chiari» , e ne spiega il motivo: «Il Milanese paga mensilmente un canone molto alto il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro; le fonti di rimborso da parte del beneficiario Tremonti non risultano all’esame dei conti esplorati dal consulente, il quale riferisce di non avere rinvenuto assegni o bonifici provenienti da Tremonti; l’assegno del febbraio 2008 attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due, essendo isolato nel tempo e risultando emesso un anno prima della nascita del rapporto contrattuale con il Pio Sodalizio dei Piceni» . Conclusione: «Ne discende la permanenza di uno stretto ed attuale rapporto fiduciario tra i due esponenti politici che prescinde, evidentemente, dal ruolo istituzionale rivestito dal Milanese» . Tutto questo viene sottolineato per evidenziare come «il Milanese sia ancora oggi un punto di riferimento all’interno della Guardia di finanza, proprio per l’accertata vicinanza al ministro Tremonti» . Il che aggrava il rischio di inquinamento delle prove da parte di chi, secondo l’accusa, era arrivato a «vendere» le nomine negli enti controllati dal ministero in cui lavorava: «La posizione di potere tuttora rivestita dal Milanese, malgrado le sue recenti dimissioni, gli consentirebbe un ampio margine di intervento e di pressione sulle persone oggetto delle successive investigazioni e, in generale, negli ambiti societari e amministrativi dove queste dovranno ancora svilupparsi» . Il fatto poi che la testimone «compagna di vita e destinataria con lui del soggiorno americano» pagato da un imprenditore come prezzo della presunta corruzione occupi «un ruolo analogo a quello del parlamentare, operando nello staff di diretta collaborazione del ministro» , sembra escludere per il giudice che gli arresti domiciliari sarebbero sufficienti. In più, il carcere servirebbe a contrastare il pericolo di reiterazione del reato, vista l’indole che il giudice attribuisce all’onorevole indagato: «Milanese si è reso autore di condotte gravissime, indice sicuramente di una personalità proclive a delinquere. Gli episodi delittuosi sono maturati in contesti diversi dove il tratto comune è costituito dall’asservimento della pubblica funzione rivestita a fini privatistici e di guadagno illecito, fuori da qualsiasi possibile astratta giustificazione. La personalità del Milanese appare quella di chi, amante del lusso e della "bella vita", sembra muoversi in dispregio proprio di quelle leggi che, egli più di ogni altro, avrebbe dovuto far rispettare».
Gio. Bia.
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TREMONTI: «SOLO OSPITE IN QUELL’ALLOGGIO. MA LO LASCIO IMMEDIATAMENTE» -
Giulio Tremonti rompe il silenzio alle dieci della sera, al termine di una giornata aperta dalla polemica con Renato Brunetta e poi scandita dalle accuse dei magistrati che indagano sulla cosiddetta P4. Sull’onorevole Marco Mario Milanese, Pdl, pende una richiesta di arresto e sul plenipotenziario dell’Economia il sospetto di abitare nel centro di Roma, a un passo dalla Camera e da Palazzo Chigi, in un appartamento pagato (8500 euro al mese) dal suo ex consigliere politico. Ma Tremonti, con una nota diffusa dall’ufficio stampa, smentisce e spiega. «La mia unica abitazione è a Pavia» scrive il responsabile dei conti pubblici e assicura di non aver «mai avuto casa a Roma» . Da quindici anni Tremonti dorme nella capitale tre sere alla settimana e ha sempre scelto «soluzioni temporanee» . Il più delle volte soggiornava in albergo, altre si fermava in caserma. «Poi — racconta — ho accettato l’offerta fattami dall’onorevole Milanese, per l’utilizzo temporaneo di parte dell’immobile nella sua piena disponibilità e utilizzo» . L’appartamento a cui il ministro si riferisce è quello di via di campo Marzio, per il quale secondo il gip «Milanese paga mensilmente un canone molto alto, il cui complessivo ammontare, rispetto alle rate già pagate, risulta di oltre centomila euro» . Tremonti non entra nel merito, ma fa sapere che ieri sera, «apprese le notizie giudiziarie relative all’immobile» e «per ovvi motivi di opportunità» , ha deciso di cambiare sistemazione. Poche ore prima, nell’Aula di Montecitorio, l’inchiesta della Procura di Napoli aveva investito in pieno l’onorevole Milanese, che due settimane fa si era dimesso dal suo incarico di collaboratore del ministro. È il presidente Gianfranco Fini a dargli la notizia, durante l’esame della legge sul testamento biologico. Il mandato di arresto, il deputato proprio non se lo aspettava. I colleghi lo hanno visto barcollare, serrarsi la testa tra le mani e piangere, anche. È stato quando al telefonino lo ha chiamato la figlia, che sembra lo abbia appreso dalla tv. Per Milanese, 52 anni, nato nel capoluogo lombardo ma di origini irpine, è stato un forte choc. E dire che alle nove di ieri mattina era già alla Camera e nulla sembrava turbarlo, non più di tanto. Se aveva un pensiero era riguardo alla sua salute, a causa di un intervento per l’asportazione di un’ernia che aveva in programma proprio in queste ore. I colleghi hanno provato a consolarlo, abbracci affettuosi e pacche sulle spalle: «Vedrai che andrà tutto bene... Stai tranquillo Marco, siamo con te» . Qualcuno gli ha domandato se Tremonti lo abbia chiamato, e l’ex braccio destro del ministro non ha trovato parole gentili: «Non lo sento da quindici giorni, è sparito. Del resto, se non fosse andata così non si chiamerebbe Tremonti» . Amareggiato, preoccupato, a tratti disperato. «Spaventato e stupito — lo descrive Giorgio Stracquadanio —. Nel Pdl si respira un senso di angoscia, non c’è giorno che non succeda qualcosa di pesante» . Nicola Cosentino ha preso Milanese sotto braccio e lo ha accompagnato fuori dall’Aula. Hanno parlato a lungo, poi si è seduto accanto all’onorevole Maurizio Paniz, fama di garantista, avvocato di grande esperienza, nonché capogruppo pdl nella Giunta per le autorizzazioni a procedere, l’organismo che dovrà decidere il destino dell’avvocato e tributarista. «Per me è stato un fulmine a ciel sereno» ha confidato Milanese al collega. Paniz lo ha rassicurato, si è detto «molto dispiaciuto» e gli ha promesso che il Pdl farà di tutto per evitargli il carcere: «Se pericolo di fuga e inquinamento delle prove non sussistono in contemporanea, la misura cautelare non è giustificata. Ci batteremo, perché la libertà è un bene troppo prezioso» . Paniz è ottimista, convinto com’è che da parte dei magistrati ci sia un «evidente fumus persecutionis» nei confronti di Milanese: «Perché sei un deputato Marco, e perché sei del Pdl...».
Monica Guerzoni