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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

LAVORO, MORTI SOTTO QUOTA MILLE

Si scende sotto quota mille per la prima vol­ta dal secondo dopoguerra . La buona no­tizia del rapporto 2010 dell’Inail è che si ferma infatti a 980 il numero delle morti bian­che nel 2010, con un calo del 6,9% rispetto al 2009. Ma a rischiare di più sono adesso le don­ne e gli immigrati. Oltre al minimo storico dei de­cessi, però sono anche in diminuzione gli infor­tuni: nel 2010 l’ago della bilancia si è bloccato a 775mila, cioè l’1,9% in meno rispetto ai 790mi­la dell’anno precedente. Una cifra che in dieci an­ni è scesa del 24,2%: in soldoni 250 mila infortu­nati in meno; nel 2001 a farsi male sui luoghi di la­voro difatti furono oltre 1 milione di persone e 1.452 gli italiani che ci ri­misero addirittura la vita. A portare a casa il ri­sultato migliore è proprio il settore che in pas­sato aveva il record di incidenti, l’agricoltura, che scende del 4,8% nella hit parade della peri­colosità, seguita dall’industria (-4,7%) e dai ser­vizi, in controtendenza, con un lieve aumento (0,4%, dovuto per lo più agli incidenti domesti­ci). Resta invece primo in classifica sia per mor­ti bianche che per incidenti il comparto delle costruzioni (quello che si distingue anche per la maggior percentuale di lavoro irregolare); delle 15mila denunce arrivate l’anno scorso all’Inail l’edilizia copre il 12,5% del complesso e detiene il primato anche nel numero di decessi (32).

Il Paese cresce in sicurezza, insomma, e si avvi­cina così alla media europea, che secondo gli ul­timi dati, relativi al 2007, è di 2,1 decessi ogni 100mila occupati (in Italia è di 2,5 morti). Die­tro i numeri emerge una nazione che cambia, ma che continua a morire sul lavoro. Nella mappa dei numeri non rientrano i casi che riguardano gli occupati in nero, unico neo nel quadro di cre­scita della cultura della sicurezza; secondo l’Inail «gli infortuni invisibili, partendo dai 3 milioni di lavoratori sommersi stimati dall’Istat, sono cir­ca 165mila», dieci mila in meno comunque del­l’ultimo dato ipotizzato nel 2006. Ma nella ’tor­ta’ dei contratti regolari, l’istituto evidenzia un altro fenomeno: a farsi male e a morire sul lavoro sono soprattutto le donne e gli stranieri, un nu­mero addirittura in crescita. Mentre tra la po­polazione maschile, gli infortuni sono scesi del 2,9% e dell’8,2% per i casi mortali, a salire sono quelli in rosa: un migliaio in più nel 2009 per gli incidenti (245 mila) e sette lavoratrici morte in più (da 72 a 79), con un incremento percentua­le del 9,7. Il trend negativo continua anche per gli occupati stranieri, una classe in cui gli infor­tuni salgono di 900 unità (0,8%) ma i morti scen­dono del 4%. Anche qui non va meglio per le si­gnore, colf e badanti soprattutto; per loro gli in­cidenti Tra le luci del rapporto inoltre spunta il calo de­gli infortuni in itinere. I sinistri nel percorso ca­sa- lavoro, scendono così in picchiata del 4,7%; più contenuta invece (-1,5%) la riduzione degli incidenti ’in occasione di lavoro’ – ovvero nel­l’esercizio effettivo dell’attività – che rappre­sentano il 90% del complesso delle denunce. Non accenna infine ad arrestarsi (+5,3%) il nu­mero dei lavoratori feriti per i quali la strada rap­presenta l’ambiente di la­voro ordinario (autotra­sportatori, rappresentan­ti di commercio): i casi sono passati da 50mila nel 2009 a 53mila nel 2010, il valore più alto dal 2005. «Il positivo risulta­to complessivo del 2010, che ha una rilevanza straordinaria – spiega il presidente dell’Inail, Fabio Massimo Sartori – non era scontato, sia perché il calo infortunisti­co del 2008-2009, con il -9,7%, si presentava co­me la riduzione più alta dell’ultimo quindicen­nio, sia perché un terzo circa della diminuzione complessiva era dovuto alla grave crisi econo­mica ed occupazionale che colpiva l’Italia e il mondo intero».