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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

L’EVOLUZIONE DELL’EGITTO DA NASSER A MUBARAK

Non ho mai potuto studiare in maniera approfondita la storia del Nord Africa e del Medio Oriente, ma ho sempre trovato interessanti le figure di Nasser e Sadat che, pur nelle loro differenze, hanno condotto l’Egitto a essere la superpotenza dell’area. Come mai i loro «nipoti» come Ben Ali e Mubarak non hanno saputo raccoglierne l’eredità?
Antonio M. Orlando antor. 9449@yahoo. it

Caro Orlando,
F ra Gamal Abdel Nasser e Anouar Al Sadat esistono molte somiglianze. Nacquero nello stesso anno (1918), crebbero in ambienti nazionalisti e anti-britannici, scelsero la carriera delle armi. Durante la Seconda guerra mondiale, mentre le forze italo-tedesche di Rommel avanzavano verso Alessandria, fecero parte di un gruppo di ufficiali che era pronto a sostenere le forze dell’Asse e a servirsi della loro vittoria per la conquista del potere. All’inizio degli anni Cinquanta prepararono insieme il colpo di Stato che avrebbe costretto re Farouk ad abdicare e avrebbe permesso, di lì a poco, la proclamazione della Repubblica. Nel 1954, quando Nasser ne assunse la presidenza, Sadat divenne il suo principale confidente e collaboratore. E nel 1970, quando il primo morì, il secondo era da qualche anno vice-presidente e fu quindi il suo naturale successore. Le differenze non sono meno importanti. Nasser fu un leader ideologico e carismatico, capace di affascinare e trascinare le folle, non soltanto in Egitto, con i suoi progetti panarabi. Nazionalizzò il canale di Suez, strinse rapporti di amicizia con la leadership sovietica, creò una vasta industria di Stato e divenne, insieme al maresciallo Tito e al premier indiano Nehru, uno dei principali leader del movimento dei Paesi non allineati. Fu laico, nazionalista e socialista, decapitò la Fratellanza musulmana e continuò ad infiammare gli animi arabi anche dopo le due sconfitte subite dall’Egitto durante la sua presidenza: quella del 1956 e quella, ancora più disastrosa, del 1967. Sadat fu abile, pragmatico, pronto ad adattare l’eredità di Nasser alle nuove circostanze internazionali. Nel 1973 lanciò una guerra contro Israele in cui le forze egiziane dettero prova, anche se soltanto nella fase iniziale, di inattese capacità militari. Cacciò i consiglieri sovietici dall’Egitto e stabilì rapporti speciali con gli Stati Uniti. Visitò Israele nel 1977, accettò gli accordi di Camp David del 1978, firmò un trattato di pace con il premier israeliano Begin sul prato della Casa Bianca nel marzo del 1979. E in materia di religione, infine, fece qualche concessione al movimento dei Fratelli musulmani. In meno di dieci anni Sadat aveva ribaltato tutte le grandi linee della politica di Nasser. Alla vigilia della sua morte, l’Egitto non era più filo-sovietico, panarabo, anti-israeliano, socialista; e non era nemmeno, dopo le aperture alla Fratellanza musulmana, inflessibilmente laico. Ma la politica filo-israeliana di Sadat lo espose alla vendetta dei militanti di Jihad islamica da cui fu ucciso durante una parata militare il 6 ottobre 1981. Per concludere, caro Orlando, negli ultimi trent’anni l’Egitto di Mubarak è stato molto più simile a quello di Sadat che a quello di Nasser. Per sapere ciò che sarà nei prossimi anni dovremo attendere la fine della fase di transizione.