Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
IAMONTE
Natale Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) 7 maggio 1927. ’Ndranghetista, a capo dell’omonima cosca operante in Melito Porto Salvo. Arrestato nel 1993, è detenuto al 41 bis nel carcere di Cuneo, in espiazione di un ergastolo per
associazione mafiosa e omicidio (fu condannato per la prima volta per
associazione a delinquere nell’85). Nel 2000 gli notificarono in carcere un’ordinanza di custodia cautelare per aver gestito la cosca dal 1998 al 2000,
mentre era detenuto • Fu tra gli ’ndranghetisti che alla fine della prima guerra di mafia entrarono nella
massoneria deviata (almeno secondo le dichiarazioni del pentito LAURO Giacomo,
vedi), e tra i mammasantissima che alla fine della seconda guerra di mafia
entrarono in Cosa Nuova (almeno secondo gli inquirenti, ma non bastò per farlo condannare per associazione mafiosa nel processo “Condello + 202”, perché secondo i giudici l’organo di vertice costituito dagli ’ndranghetisti su imitazione di Cosa Nostra non aveva nessuna incidenza sugli
affari delle cosche) (vedi per tutti NIRTA Antonio)
• Era proprietario di un distributore di benzina e di una macelleria, nel 71,
quando fu varato il “pacchetto Colombo” (dal nome dell’allora ministro dell’Industria Emilio Colombo), duemila miliardi investiti dallo Stato in Calabria
per accontentare i facinorosi che nel 70 avevano sollevato i moti di Reggio
Calabria (rivolta dei “Boia chi molla”, vedi DE STEFANO Giorgio). Trecento miliardi furono stanziati per produrre
mangimi dai derivati del petrolio in uno stabilimento che doveva chiamarsi
Liquichimica. Sito individuato per farci sorgere l’impianto: un terreno di dieci ettari, in località Pantano di Saline Joniche, nel comune di Montebello (a 7 km da Melito Porto
Salvo), espropriato a una nobildonna napoletana, la baronessa Di Prisco
Piromallo. Secondo una perizia geologica il terreno era franoso, quindi
inidoneo, ma sparirono la perizia e il direttore del Genio civile di Reggio
Calabria che insisteva (incidente stradale). Risolti i vari intoppi, a Iamonte
spettava ripartire in modo equo tra le varie ’ndrine appalti e subappalti. Il tutto fu intercettato dalla polizia canadese tra
il 22 aprile e il 10 maggio 1974, nel Reggio Bar di Montreal, gestito dal boss
italo canadese Paul Violi, originario di Sinopoli, dove alcuni boss si erano
riuniti per discutere su come contattare Natale Iamonte per assicurarsi qualche
miliardo degli appalti (molte imprese aggiudicatarie risultarono società anonime del Liechtenstein). La fabbrica non aprì un solo giorno, ma produsse «la più lunga cassa integrazione della Calabria, ventitré anni» (Curzio Maltese). Secondo un testimone sentito nell’Operazione D-Day 3, il sito si staccò, «scivolando nel mare» (Nicola Gratteri, Antonio Nicaso). Nel 2005 l’area fu scelta per la location di qualche scena (ambientata nel deserto) del
film
L’uomo che sognava con le aquile (realizzato per Raiuno, attore protagonista Terence Hill) • Altri ettari di terra furono espropriati alla baronessa Prisco per costruirci
su le Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato (“scandalo delle lenzuola d’oro”, in cui fu implicato l’onorevole Lodovico Ligato, vedi CONDELLO Pasquale). Questa volta la baronessa si
oppose e perciò nel 1976 le fu sequestrato il figlio Giuseppe, in vacanza a Saline Joniche (lo
liberarono dopo la revoca del ricorso). L’impresa aggiudicatrice dell’appalto (valore trenta miliardi) dovette pagare una grossa tangente a Iamonte
• Secondo le dichiarazioni di un altro pentito negli stessi anni percepiva una
percentuale sui carichi di hashish ed eroina scaricati nel porto di Saline
(provenienza Libano, trafficante Domenico Tegano) • Negli anni Ottanta passò un periodo di soggiorno obbligato a Desio (Milano), dove fu ospitato dal
nipote, Natale Moscato, imprenditore edile, consigliere comunale e assessore
dell’Edilizia e urbanistica (nel 94 questo Moscato fu arrestato insieme a tre
fratelli con l’accusa di associazione mafiosa, ma tutto si concluse con un’assoluzione generale) • Nel 2005 furono arrestati i figli Vincenzo, detto Cecio, e Giuseppe. Nel corso dell’ultima operazione contro la cosca, il 4 febbraio 2007 (“Ramo spezzato”, 15 ordinanze di custodia cautelare), furono colpiti da ordinanza di custodia i
figli Carmelo e Antonino (ma il secondo sfuggì all’arresto). In contestazione: associazione mafiosa e traffico di carni infette. Il
procuratore Antimafia Piero Grasso, sentito dalla commissione antimafia il 26
aprile 2007: «L’elemento che ha fatto emergere un pericolo diffuso è l’assoluta “anestesia” morale di queste cosche mafiose nei confronti della salute pubblica, perché macellare animali infetti senza pensare ai possibili danni ai cittadini o
ricavare formaggi dal latte degli stessi animali è qualcosa di veramente criminale, e sappiamo bene che danno ne può derivare».
Cosca Iamonte «Una potente e pericolosa struttura, facente capo a Iamonte Natale e ad alcuni
dei suoi figli, con numerosi accoliti, che utilizzando il metodo mafioso,
attraverso una diffusa intimidazione e provocando un generale stato di omertà, era dedita a molteplici attività illecite, acquisendo situazioni di monopolio nel campo dell’edilizia e imponendosi nel settore degli appalti, in altre attività commerciali, quale il settore delle carni, lucrando dal traffico di
stupefacenti, con ampia disponibilità di armi e di materiale esplodente, ricorrendo alle estorsioni e a gravi fatti
di sangue» (Cassazione, 6 dicembre 2007, processo a vari Iamonte, tra cui i figli
Vincenzo, Giuseppe, Carmelo e Antonino, tutti condannati)
• Secondo le indagini la pistola usata per uccidere Francesco Fortugno (vedi
RITORTO Salvatore) fu messa a disposizione dalla cosca Iamonte • Un Natale Iamonte compare nel memoriale scritto da un pentito della ’ndrangheta rimasto anonimo e consegnato alla direzione nazionale Antimafia
(pubblicato sull’Espresso il 9 giugno 2005): «Lo stesso Comerio mi raccontò che già negli anni Ottanta aveva avuto diversi contatti con la ’ndrangheta, e in particolare con Natale Iamonte, capo dell’omonima famiglia di Melito Porto Salvo, che lo aveva aiutato riguardo all’affondamento di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi in acque
internazionali davanti alla costa ionica calabrese. Comerio mi spiegò che affondava navi cariche di rifiuti pericolosi per ottenere un doppio
guadagno, sia da parte di chi commissionava il trasporto, sia da parte dell’assicurazione che veniva frodata. Le sue parole mi sono state poi confermate
dallo stesso Iamonte, il quale mi ha spiegato come Comerio gli avesse chiesto
di fornirgli il personale di bordo per l’affondamento della Riegel, la nave della società May Fair Shipping di Malta, noleggiata dalla Fjord Tanker Shipping, a sua volta
noleggiata a un’altra ditta di cui non ricordo il nome, mandata a picco nel settembre del 1987
davanti a Capo Spartivento. Iamonte mi disse che l’affondamento era avvenuto 25 miglia fuori dalle acque territoriali. La ’ndrangheta aveva fornito il capitano e il suo aiuto italiano, mentre il resto
dell’equipaggio veniva da varie nazioni. Sempre Iamonte ha fatto partire un motoscafo
dalla costa con i candelotti di dinamite per mandare a picco la Riegel,
dopodiché il capitano e l’aiuto sono stati riportati sulla costa di Capo Spartivento, mentre l’equipaggio è stato prelevato dalla nave jugoslava Karpen collocata in zona, che l’ha portato in Tunisia» (su Giorgio Comerio, ingegnere, la Procura di Reggio Calabria aveva indagato
negli anni Novanta per traffico di rifiuti radioattivi. Fu tutto archiviato).