Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
GUCCINI
Francesco Modena 14 giugno 1940. Cantante. Autore. Scrittore. Autore di canzoni
memorabili come La locomotiva, Dio è morto, Auschwitz, L’avvelenata, Canzone per un’amica ecc. «Lei, Guccini, canta l’etica con parole estetiche» (Ezio Raimondi).
Ultime Ridotta l’attività musicale a qualche apparizione dal vivo (l’ultimo album è del 2004), si è concentrato sopratutto sulla scrittura. Fece discutere il suo libro Tango e gli altri (Mondadori 2007, con Loriano Macchiavelli) dove raccontava di un partigiano comunista ucciso da altri partigiani comunisti: «Io combatto il revisionismo. Leggo Bocca, non Pansa. Ma i libri scritti da chi
stava dall’altra parte li ho letti, eccome». Da ultimo la raccolta di racconti Icaro (Mondadori 2008) • Nel 2007 molti libri su di lui: Dio non è morto di Giancarlo Padula (Bastogi), Parole e Canzoni a cura di Vincenzo Mollica e Valentina Pattavina nella collana Stile Libero di
Einaudi; Portavo allora un eskimo innocente (Giunti) in cui si è raccontato a Massimo Cotto; Di questa cosa che chiami vita, minuziosa enciclopedia “gucciniana” di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini (Il Margine) • Dopo le politiche del 2008 dichiarò: «Agli operai, della falce e martello non gliene frega più niente». [bgp]
Vita Costretto dalla guerra a trascorrere i primi anni della sua vita a Pàvana (appennino tosco-emiliano): «Mio bisnonno Francesco si è trovato capo famiglia a diciassette anni. A quell’età ha cominciato a costruire il mulino» • «Erano gli anni Cinquanta a Bologna. Eravamo ragazzi. Vedemmo un film americano
che ci schiantò: raccontava di un concorso tra complessi di rock’n’roll e ai vincitori toccava di tenere concerti in un campeggio di scout-girl:
loro erano in cinque e le ragazze cinquecento. Usciti dal cinema ci dicemmo:
dobbiamo mettere su un complesso» (a Carlo Moretti) • «Sognavo di fare il giornalista, e l’ho anche fatto per un po’, nella mitica Gazzetta di Modena, subito dopo il diploma delle magistrali, che
avevo preso non tanto per vocazione all’insegnamento quanto perché si finiva un anno prima, e a casa c’era bisogno che cominciassi a lavorare presto. Ricordo che mi fecero scrivere il
primo articolo su una certa suor Eustacchio Maria Peloso, che festeggiava i 50
anni dei suoi voti, e io che sognavo i reportage alla Hemingway! Comunque, fra
una cronaca locale e l’altra, strimpellavo la chitarra che avevo comprato per cinquemila lire da un
falegname di Porretta Terme. Da noi, in Emilia, si nasce e si cresce in
famiglie canterine, con la passione per la musica e per l’ascolto: è una sorta di patrimonio genetico, che ti appartiene. Con gli amici avevamo
messo su una specie di complesso, I gatti, e ci esibivamo all’osteria delle Dame, a Bologna, e intanto portavo avanti anche l’università: mi ero iscritto a Lettere»
• «Avevo fatto tutti gli esami, mancava solo la tesi, mi bocciarono solo in latino,
sui paradigmi, e io ricordavo solo i più facili. Uno disse all’assistente: “Lo sa che questo ragazzo ha scritto quella canzone bellissima che si chiama Dio è morto?” (era stata appena incisa dai Nomadi). L’assistente disse: “Sì, bene, ma i paradigmi li chiedo a tutti”. E mi bocciarono. Allora le canzoni mi limitavo a scriverle. Prima le
prendevano quelli dell’Equipe 84, poi i Nomadi presero Noi non ci saremo. Quando proposi Dio è morto quelli dell’Equipe non ebbero coraggio, poi quando scrissi Un altro giorno è andato dissero che ero finito. Invece i Nomadi accettarono Dio è morto, e grazie a loro ebbi un contratto come autore, poi Dodo Veroli, che produceva
i Nomadi, mi chiese di provare a cantarle in prima persona e così feci il primo disco, era il 1967» (a Gino Castaldo) • Tra i dischi: Folk beat n. 1 (1967), Radici (1972), Via Paolo Fabbri 43 (1976), Metropolis (1981), Signora Bovary (1987), Quello che non... (1990), Parnassius Guccinii (1993), D’amore di morte e di altre sciocchezze (1996), Stagioni (2000), Ritratti (2004) • «Auschwitz mi fu ispirata da un paio di libri, uno fotografico, Il flagello della svastica, l’altro era E tu passerai per il camino. Allora ero sempre con la chitarra in mano stavo a casa con i miei, finito di
mangiare mi mettevo in camera mia e venivano gli accordi. Ma anche La locomotiva viene da un altro libro, Trent’anni di officina di Romolo Bianconi, memorie di ex operai» • Sull’Avvelenata: «All’epoca contestavano i cantautori. Io ebbi solo un breve episodio a Verona, in un
teatrino, e mi arrabbiai. Un po’ fu questo, un po’ fu la critica malevola di Bertoncelli all’album Stanze di vita quotidiana: argomentò che io non avevo più niente da dire, ma sfornavo dischi per contratto» (a Marinella Venegoni) • Suona la chitarra acustica, e la maggior parte delle musiche da lui composte ha
come base questo strumento • Anche scrittore di gialli (con Loriano Macchiavelli), di romanzi autobiografici
(Croniche Epifaniche, Vacca d’un cane con Feltrinelli, Cattanova blues con Mondadori), di un Dizionario del dialetto di Pàvana (Nuèter 1998) • Sporadicamente attore: Radiofreccia (Luciano Ligabue 1998), Ti amo in tutte le lingue del mondo (2005), Una moglie bellissima (2007), entrambi di Leonardo Pieraccioni • Ha anche insegnato Lingua italiana al Dickinson College di Bologna. Umberto Eco
lodò in Guccini il «coraggio di far rimare “amare” con “Schopenhauer”». Guccini replicò, lusingato, che si trattava di assonanza, non di rima • Divorziato da Roberta, dalla convivenza con Angela ha avuto Teresa (1978), che
si è laureata con lode al Dams di Bologna con una tesi, Isole di specchi, in cui confrontava il padre con la popstar inglese Robbie Williams. Sposato in
seconde nozze con Raffaella, insegnante delle medie.
Critica «Guccini ha anticipato il Sessantotto fornendo una parte notevole di colonna
sonora, è andato avanti malmostoso e indignato tra poeti maledetti e osti generosi» (Mario Baudino) • «Quando comincia a intonare certi tanghi argentini della guardia vieja che gli ha
insegnato il suo chitarrista, El Flaco, tutti capiscono all’istante che il Guccini barbudo, poeta epico dell’anarchia ferroviaria, cantore postremo di Che Guevara, insomma, proprio quel
Guccini lì non è un cantante, un poeta, il traduttore di Plauto e il compilatore di dizionari
pavanesi: è un deposito vivente di cultura, tanto che bisognerebbe metterlo dentro una teca
e conservarlo come monumento nazionale» (Edmondo Berselli).
Frasi «Io nelle canzoni metto ciò che sento ma non voglio insegnare nulla a nessuno. Non sono un cantastorie, che
è un altro mestiere. E nemmeno un cantautore. Mi sento e sono un autore e un
cantante, e questo è un mestiere molto bello perché lascia tanto tempo libero» • «Non ho nessun modello, neppure quando ero più giovane». [bgq]
Politica Di sinistra. Unanimemente considerato un vessillo della rivoluzione, «semmai è da sempre un tranquillo riformista, arrabbiato soprattutto per via letteraria» (Edmondo Berselli) • «Penso all’Italia, alla politica italiana e quello che c’è, naturalmente da giullare, non da politico perché non ho la stoffa. Non ho mai fatto politica né mai la farò» • Ha sostenuto Prodi fino all’ultimo: «Resistere, resistere, resistere!». Adesso del Pd: «Prima di Craxi votavo Psi. Non sono mai stato estremista, anche adesso non amo
la sinistra radicale, quella che mette i bastoni tra le ruote al premier».
Vizi «Non è che beva molto. Due o tre bicchieri, durante il concerto. Serve ad aiutare la
voce». Non ha né patente né cellulare. Nel 2007 ha provato a smettere di fumare: «Mi avevano detto che avrei sentito meglio i sapori e gli odori; non è vero, è tutto come prima» • «Una volta mi è capitato di fare l’amore di gruppo ma non mi sono divertito in maniera particolare, oltretutto
faceva molto freddo e la mattina dopo mi sono svegliato con la bronchite» • Promuove i suoi concerti sempre con la stessa locandina, la copertina di Via Paolo Fabbri 43 (1976), uno dei suoi dischi storici. La foto fu scattata nel 1971 durante una
vacanza in Grecia: «Non è che non voglio arrendermi al tempo che passa: piuttosto considero ormai quella
foto come il mio logo, una specie di marchio di fabbrica».