Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
GRASSO
Pietro Licata (Agrigento) 1 gennaio 1945. Magistrato. Superprocuratore antimafia (dal
2005). «Ho sempre rappresentato l’organizzazione mafiosa con l’immagine dei cerchi concentrici. C’è una cellula originaria di persone organicamente inserite, che hanno fatto il
giuramento con tutte le regole, i rituali, i santini e tutto quello che
sappiamo. Queste persone, tutte di sesso maschile, vengono definite con parole
non scelte a caso, “la stessa cosa”, per indicare appunto che sono legate da un vincolo indissolubile»
• «Per caso è nato a Licata (“mi considero però palermitano al cento per cento”); tutto il resto lo ha fatto per scelta. A cominciare dalla carriera in
magistratura a discapito di quella di calciatore. Pietro Grasso da ragazzino
giocava a pallone, tre allenamenti settimanali, la riunione del sabato e la
partita domenicale. Un po’ troppo impegnativo per essere solo un hobby. Gli studi ginnasiali cominciavano
a risentirne. E a un certo punto il padre gli chiese di prendere una decisione:
“Se pensi di poter diventare un campione allora chiudi i libri, mi disse,
altrimenti butta via il pallone. Non ebbi alcun dubbio giacché sapevo sin da bambino di voler fare il magistrato”» (Francesco Caruso). Giocava da centrocampista nella Bacigalupo (vedi DELL’UTRI Marcello)
• In magistratura dal 1969, a Palermo dal 1972 come sostituto procuratore, nell’89 fece parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia. Amico e
stretto collaboratore di Falcone, lo affiancò nel primo maxi processo. Fino al 1999 vice di Vigna alla Procura nazionale
antimafia, fu nominato procuratore capo del Tribunale di Palermo al posto di
Caselli. «Giudice a latere della Corte di Assise del più grande processo mai celebrato contro l’organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra. Quando entrò nell’aula bunker gli mancò il respiro. “Ho sentito un nodo alla gola. L’emozione è durata solo un istante”. Si stava processando per la prima volta la mafia. Pietro Grasso aveva allora
41 anni, aveva lo stesso sguardo un po’ romantico, la stessa quiete che qualcuno, a volte e a torto, ha scambiato per
debolezza o peggio per rinuncia. Era il 10 febbraio dell’86» (Attilio Bolzoni)
• «Sono fatalista. Se non avessi trovato un posto sull’aereo Roma-Palermo venerdì 22 maggio 1992, il giorno dopo sarei volato in Sicilia con Giovanni Falcone e
Francesca Morvillo. Stesso aereo, stessa auto...» (da un’intervista di Giuseppe D’Avanzo) • Dietro la cattura di Bernardo Provenzano, nel 2006, ci sono anche anni di sue
indagini • Nel 2007 vivace scontro con Giancarlo Caselli, di cui nel 1999 aveva preso il
posto a Palermo. Nel libro Pizzini, veleni e cicoria, la mafia prima e dopo Provenzano (Feltrinelli, scritto con Francesco La Licata) ha descritto la struttura interna
della mafia senza ignorare la «rissosità interna all’ambiente dell’antimafia, la volontà di esaltare i propri risultati a discapito di quelli ottenuti da altri [...]
Cos’altro può portare [...] a sostenere che la cattura di Bernardo Provenzano sia poca cosa,
e che la vicenda sia stata utilizzata come una “colossale arma di distrazione di massa” per spostare l’attenzione dalla “vera lotta alla mafia”, che non si capisce a questo punto quale sia?». Giovanni Bianconi: «I suoi riferimenti sono fin troppo espliciti, e si rivolgono proprio a quei
magistrati definiti “caselliani” che durante la sua gestione si lamentavano di come lui governava l’ufficio»
• Scontri anche col procuratore di Palermo Francesco Messineo che aveva suddiviso
le inchieste sugli uomini d’onore tra sette procuratori aggiunti. Antonio Ingroia (pm tra i più vicini a Caselli): «Durante la gestione Grasso c’è stato un clima difficile, segnato da spaccature interne che non c’erano prima e non ci sono dopo. Spaccature accompagnate da una fortissima scelta
di centralizzazione di processi importanti nelle mani di pochi magistrati e
dalla mancanza di circolazione di notizie all’interno dell’ufficio»
• L’inchiesta su Salvatore Cuffaro conclusa poi con una condanna a cinque anni in
primo grado, partì da lui che la orientò subito in direzione del favoreggiamento alla mafia (che i giudici però negarono in quanto favoreggiamento all’intera organizzazione) • Sposato con Maria, insegnante. Padre di Maurilio, vicecapo della squadra mobile
di Padova • Ha attaccato la fiction L’ultimo dei Corleonesi, in quanto a suo dire i vari Navarra, Liggio, Riina, Provenzano ne uscirebbero
mitizzati. Critiche anche a Prodi e Berlusconi «che hanno cancellato la parola mafia dai programmi di governo» • Tifa per il Palermo • Il suo sogno: «Tenere un nipotino sulle ginocchia e cominciare una storia di mafia dicendo: “C’era una volta la mafia”...». [bfj]