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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GNUTTI

Emilio Brescia 6 agosto 1947. Finanziere • Un’infanzia difficile: i genitori, sarti, si ammalano entrambi di tubercolosi
quando lui è ancora ragazzo. I soldi in casa sono pochi, e Emilio si arrangia con lavoretti
per mantenere la famiglia e la sorella parrucchiera. Dopo il diploma di
elettrotecnico, fa il venditore di fotocopiatici, poi l’operaio in una fabbrica di motori elettrici. Nel frattempo studia Economia e
commercio a Parma, ma poi si laurea in Lettere e filosofia. Nel 1969, poco più che ventenne, fonda, assieme a un amico e al datore di lavoro, la Gi-Em,
resistenze elettriche. L’azienda ha successo e gli garantisce i primi soldi veri. Intanto si sposa (nel
71) e ha due figli (il primo nel 72, la seconda nel 73)
• L’esordio nella finanza è del 79: assieme a Mauro Ardesi, erede di un’antica impresa edile del bresciano, fonda Fine-Eco Leasing, società che si occupa di locazione finanziaria, un mercato ancora giovane in Italia. Il
progetto funziona, tanto che all’inizio degli anni Ottanta la Banca Popolare di Brescia, guidata da Bruno
Sonzogni, prima entra nel capitale del gruppo, poi compra una quota di
controllo. Con questa operazione Gnutti fa il suo ingresso nel comitato
esecutivo di Bipop: ci resterà fino al 1992, quando l’alleanza con Sonzogni si guasterà per questioni di rivalità personale Bipop risolverà comprando tutta Fin-Eco Leasing pagando a Gnutti 70 miliardi di lire
• Gnutti distribuisce questa somma tra le sue società, in modo da creare un sistema di scatole cinesi: in cima c’è Fingruppo (fondata nel 1988) che controlla Hopa (del 90) che controlla Fin-Eco
holding. Aderiscono una settantina di imprenditori del bresciano medio-grandi,
tra i quali i Lonati e i Lucchini, e grandi investitori italiani e
internazionali: Comit, Banca agricola mantovana (passata poi a Monte dei
Paschi), Antonveneta, Unipol, Chase Manhattan Bank
• Hopa acquista nel 92 la Colmark, catena di supermercati che in quel momento
fatturava 240 miliardi. La porta in quattro anni a 1.200 miliardi di ricavi e
poi la vende alla Rinascente, nel 96, per 500 miliardi • In quel periodo Gnutti conosce Roberto Colaninno, amministratore delegato di
Olivetti (gruppo De Benedetti). I due diventano soci e amici. E decidono di
scalare Olivetti. Iniziano a comprare azioni della compagnia nel 97, l’anno dopo danno vita alla Bell, finanziaria lussemburghese controllata al 56,6%
da Hopa e Fingruppo, a loro volta partecipate dai due assieme ad Antonveneta,
Finsthal, Unipol e Gazzoni Frascara, Banca di Roma, Monte dei Paschi, Comit,
Mediobanca, Chase Manhattan Bank. Bell riesce ad acquisire una quota
sufficiente a controllare Olivetti (l’8%) a inizio 98. A fine anno ne ha rastrellato il 22%
• Nel febbraio 1999 la coppia Gnutti-Colaninno lancia la scalata più grande della storia del capitalismo italiano, quella su Telecom. Riescono a
mettere insieme 120 mila miliardi di lire, di cui 100 mila attraverso
indebitamento con le banche (40 solo da Chase Manhattan) ed emissione di
obbligazioni di Tecnost, piccola società scelta per condurre l’operazione. Per superare vincoli antitrust, Olivetti vende Omnitel e Infostrada.
A giugno l’Opa va in porto. I “capitani coraggiosi” (come li definisce Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio) rastrellano il 51% delle azioni di
Telecom spendendo 61 mila miliardi di lire. Ma la nuova gestione di Telecom non
ha successo. Era una società troppo complessa, come spiegherà anni dopo lo stesso Gnutti. Il 27 luglio 2001 il finanziere incontra Marco
Tronchetti Provera, che si candida ad acquisire la quota di controllo di Bell.
Una notte di riflessione e il giorno dopo l’affare è concluso, nonostante il parere contrario di Colaninno. Gnutti incassa 18 mila
miliardi, ottenendo una plusvalenza di 1.500 miliardi. Quattro anni dopo l’Agenzia delle entrate accuserà Bell di non avere pagato le tasse dovute per la cessione, diatriba risolta con
una multa di 156 milioni di euro. Ha altri problemi con la giustizia nel 2002:
condannato per insider trading in Telecom e Unipol, condannato per corruzione
di uomini della Finanza alla Pineider
• Nell’estate del 2005, fa parte del gruppo di uomini che tenta la tripla scalata dei
furbetti (vedi RICUCCI Stefano): contendere Bnl agli spagnoli del Bilbao
insieme con Giovanni Consorte, disputare Antonveneta agli olandesi di Abn Amro
insieme con Gianpiero Fiorani, sostenere la scalata al Corriere della Sera di
Ricucci. è sua la telefonata, intercettata il 12 luglio 2005, che spiega tante cose di
quell’estate. Gnutti è a cena in un ristorante di Valeggio sul Mincio, c’è con lui anche Berlusconi, è passata da poco la mezzanotte. Lo chiama sul telefonino Fiorani, per dirgli che
Tonino (cioè il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio) ha appena autorizzato l’Opa di Banca Popolare su Antonveneta. Gnutti si congratula e subito dopo chiama
Ivano, che quasi certamente è Ivano Sacchetti, numero due di Unipol: «Stanotte è arrivata l’autorizzazione...». Ivano: «Ieri Caltagirone che ha visto Berlusconi, ma soprattutto ha visto Letta l’altro ieri, aveva riferito che c’era un po’ di preoccupazione». Gnutti: «Non c‘è assolutamente preoccupazione. Ho detto a Berlusconi che a loro interessava
molto appoggiare Gianpiero perchè dall’altra parte stanno facendo quell’altra. Per cui, per una questione di equilibrio, si fa una per una, quindi vado
in appoggio anche di là. Berlusconi mi ha risposto che faccio bene...». è su questa telefonata che si basa l’interpretazione secondo cui l’estate delle scalate fu il risultato di un accordo tra centro-destra e
centro-sinistra: Bnl sarebbe andata al centro-sinistra, Antoveneta al
centro-destra ed entrambi gli schieramenti avrebbero controllato il Corriere
della Sera
• Nel dicembre 2005, andate a monte le scalate, Gnutti lascia i consigli di
amministrazione di Unipol, Montepaschi, Asm Brescia. A gennaio abbandona quelli
di Olimpia (di cui aveva ancora comprato una quota nel 2002) e Hopa. Lo stesso
mese, al Tribunale di Brescia, contro di lui scatta un’indagine per falso in bilancio. è l’inizio della fine. Hopa, abbandonata, è allo sbando: tenta una fusione con Palladio, ma l’operazione salta. A maggio 2008 il 3,6% di Telecom ancora in mano ad Hopa è sequestrato da Royal Bank of Scotland, che aveva avuto quel pacchetto da un
miliardo di euro come garanzia di un credito. A giugno il Tribunale di Brescia
chiede il fallimento di Fingruppo: la holding ha 410 milioni di euro di debiti
con le banche, di cui 284 a vista. Salta anche l’ultimo, disperato, tentativo di fusione tra Hopa e Sopaf. A fine mese Gnutti,
malato, decide di abbandonare la finanza e darsi alla sanità: lascia il 50% della holding Gp ai figli e sottoscrive il 30% di Medicalspa,
una società che gestisce una struttura sanitaria per terapie estetiche e cura del corpo.
Hopa è stata salvata da Bazoli (Mittel) alleato con Equinox (Salvatore Mancuso-Gaetano
Miccichè), Mps e Banco Popolare. [Pietro Saccò]
[bew]