Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
GIUFFRÉ
Carlo Napoli 3 dicembre 1928. Attore. Studi all’Accademia nazionale d’arte drammatica, debuttò nel 1949 con Eduardo De Filippo, nel 1963 entrò a far parte della mitica Compagnia dei Giovani (De Lullo-Falk-Valli-Albani),
con la quale rimase per ben otto stagioni. «Sono orgoglioso di rifare il teatro come si faceva nell’800: un buon testo, l’attore e via» • «Io ho vissuto in un collegio per orfani dagli 8 ai 14 anni. Entrai in collegio
nel 1936, quando morì mio padre che era contrabbassista al San Carlo di Napoli, e di colpo noi ci
ritrovammo a essere quattro figli poveri. Non avevo neanche le scarpe, e me la
cavavo con gli zoccoli, andavo a mangiare dagli zii. Ma ebbi un forte spirito di sopravvivenza. E lì accettai qualsiasi cosa: suonavo la tromba, feci teatro con un atto unico di
Marchesi e Metz, coi personaggi di Timiducci (ero io) e Franconi» • «Eduardo nel dicembre del 1948 cercava uno che sapesse parlare bene italiano per
fare, dietro le quinte, lo speaker radiofonico nel suo La paura numero uno. Io ero ventenne, ero in Accademia, mi scritturò, e la mia prima battuta era da giornale-radio, “A proposito di una possibile invasione dell’Europa occidentale, il ministro ha detto, eccetera eccetera”. Facevo anche la comparsa condominiale. Subito dopo, per sostituire un
interprete ammalato, fui promosso a portiere ne Le voci di dentro» • «Con Valli, la Falk e i Giovani ho trascorso otto memorabili stagioni di
spettacoli, un tirocinio classico, etico ed estetico, e De Lullo mi insegnò un mistero del teatro, il parlare sottovoce e farsi sentire dall’ultima fila della platea. Poi un giorno impallidì quando gli chiesi di arrivare in ritardo alle prove per girare un Carosello, che non feci più. Visconti mi diresse nel 70 nell’Egmont di Goethe, e con la sua ironia bella e robusta quando mi vide fare una
passeggiata lungo tutto il proscenio mi rimproverò: “Carlo, non siamo a via dei Mille a Napoli!”» • «Non mi sono fatto mancare Cechov, Ibsen e Shakespeare, ho avuto la fortuna di
prendere parte a Metti una sera a cena di Patroni Griffi, e nella maturità ho cominciato a ridire battute di Eduardo da quando un anno prima che morisse,
nell’83, mi concesse La fortuna con la effe maiuscola scritta assieme a Curcio» (a Rodolfo Di Giammarco) • «Signore assoluto di quel teatro all’antica che oggi, tra soap e sit-com, sembra nuovo: un teatro di sano
professionismo in tempi di non professionismo» (Anna Bandettini), da quando Eduardo è morto rifà i suoi testi tali e quali, tentando di assomigliargli il più possibile (nel ritmo, nelle pause). Franco Cordelli: «Grande attore (ma non meno sapiente regista) alla soglia dei suoi 80 anni ha
compiuto una trasformazione meravigliosa: egli ha superato il maestro. Non ho
timore di dire che Carlo ormai è un attore più grande di Eduardo. Eduardo aveva una mimica magnetica, di conturbante rilievo.
Carlo recita da fermo, o con piccoli gesti, sottili, quasi impercettibili.
Eduardo era un attore drammatico, a volte perfino dionisiaco. Carlo è un attore apollineo, pacato, il cui pathos appare riassorbito nella sapienza
della vita, negli anni che gli è toccato vivere. Insomma, usa meno mezzi e ottiene gli stessi risultati»
• «Mi sono commosso per la bravura di Giuffré. Io sono per l’ innovazione, ma quando la tradizione è così, quando è a questo livello, mi inchino» (Bertinotti) • «Quando ero giovane ho fatto qualche film, poi mi sono concentrato solo sul
palcoscenico. Mario Monicelli non mi ha mai perdonato di aver rifiutato di
interpretare con lui Speriamo che sia femmina: mi disse che avevo commesso un grave errore, così come quando rifiutai una parte importante nell’altro suo film Amici miei, perché ritenevo che fosse un personaggio volgare, poco adatto alle mie corde» (ad Emilia Costantini) • Nel 2007 vince il Premio alla Carriera. [ben]