Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GATTUSO

Rino (Gennaro Ivan) Corigliano Schiavonea (Cosenza) 9 gennaio 1978. Calciatore • Con la Nazionale ha vinto i Mondiali del 2006, con il Milan due Champions
League (2003, 2007), un Mondiale per club (2007), uno scudetto (2004) ecc.
Cresciuto nel Perugia (con cui vinse gli scudetti Primavera del 1996 e 1997),
ha giocato anche con la Salernitana e in Scozia con i Glasgow Rangers. 14° nella classifica del Pallone d’oro 2006, 19° nel 2007 • Figlio di Franco, maestro d’ascia come il nonno a Corigliano Schiavonea, nella provincia di Cosenza
affacciata sul Mar Ionio, milanista sfegatato. «Per tutti papà era un falegname, ma nell’anima era un calciatore, e non certo un appassionato da salotto, di quelli tutti
divano e televisione: era arrivato pure a giocare nella quarta divisione
calabrese come centravanti di svariate formazioni della zona, ed è stato il mio primo maestro. Ricordo che un anno giocò nel Corigliano, rivale per eccellenza dello Schiavonea, la squadra per cui
tifava mio nonno. Quando arrivò il giorno del derby, nonno si posizionò dietro alla porta e per tutta la partita non fece altro che insultare suo
figlio, reo di giocare contro la squadra del suo paese: “Carne venduta” gli urlava, e poi si rivolgeva all’arbitro sbraitando: “Signor camicia nera, cacci fuori questa carne venduta”. Quante ne ha dovute subire papà, lui che giocava da attaccante, ma era grintoso come un terzino. Credo trovasse
insopportabile il pensiero che il mio modello fosse Salvatore Bagni, che sul
suo passato aveva la grossa macchia di aver giocato nell’Inter, e però a me piaceva da impazzire perché aveva un cuore grosso quanto un pallone, perché si caricava sul groppone la squadra, si assumeva le sue responsabilità. Tra i piedi e il cuore, poi, mi ero innamorato del modo in cui portava i
calzettoni, sempre arrotolati sulle caviglie: oggi con le nuove regole non è più possibile»
• «Lasciai la famiglia a 13 anni, per fortuna i miei genitori mi fecero partire.
Gaucci mi trattò bene, ma a quell’età è dura vivere lontano da casa. A 17 anni non giocavo, non avevo un contratto e
scappai dalla finestra alle 3 di notte per andare a Glasgow. I primi mesi
furono difficili: mi chiudevo in bagno a piangere, ma non volevo mollare» • «Atterrò a Glasgow da Perugia, a 19 anni. Scappato, dissero quelli del clan Gaucci. C’era stata una trattativa di un mese e mezzo, prima. Contatti, chiamate, offerte
telefoniche. Gennaro era del Perugia da diverso tempo, da quando aveva 12 anni
e l’avevano preso direttamente da Schiavonea. L’anno dei Rangers fu il 1997: gli scozzesi se lo presero perché non aveva un contratto da professionista e costava due lire. A lui offrivano
due miliardi in quattro anni. Caos e caso. L’Italia parlò di nuovo Bosman, di disastro, di scippo. Gaucci esagerò: “Abbiamo denunciato la scomparsa di Gattuso. Da due giorni non è a casa e non si presenta agli allenamenti. E noi abbiamo una responsabilità morale nei suoi confronti, perché vive in un appartamento messo a disposizione dalla società”. Se ci pensa adesso, Rino si fa una risata. Perché lui al centro di un affare internazionale è quasi una barzelletta. Si trascina un’autoironia che lo rende simpatico in una pletora di presuntuosi: “Il pallone d’oro a me? Vuol dire che è finito il calcio”. La fortuna è questa: piacere perché si è se stessi. Piacere perché non si è perfetti. La pubblicità fa a pugni per prenderselo: un integratore di sali minerali, le enciclopedie
abbinate ai giornali, oppure una compagnia di telefonia mobile. “Francé, ma l’ammorbidente l’hai messo o no?”. è la vittoria dell’orgoglio umile e un po’ terrone. è il trionfo di chi vuol pensare che c’è sempre un’occasione per tutti: Gennaro dice di sé che ha imparato a migliorare. è la teoria del “mazzo tanto”, altro caposaldo del suo carattere e della carriera. “Sì, ma io l’ho imparato quando ho visto gente come Maldini che alla fine degli allenamenti
si fermava a calciare i cross per migliorarli”. Però pure prima a Glasgow, un giorno che si trovò di fronte un avversario vent’anni più vecchio. Giocava contro l’Aberdeen: “Vidi di fronte a me uno di 37 anni. Dissi a me stesso: ‘’sto vecchietto me lo mangio’. Passai un pomeriggio di inferno. La prima regola del calcio è non sentirsi mai superiori a nessuno”» (Beppe Di Corrado)
• «Detto Ringhio, ma il soprannome è già di troppo. Basta il cognome ormai, denso e sferzante come un insulto
meridionale, a indicare le qualità di mastino faticatore antifighetto che albergano nei piedi e nel cuore di
questo ragazzo di Calabria (oltretutto). Qualcosa del genere capitò a Benetti prima di lui, all’incirca nel suo ruolo» (Alberto Piccinini) • «Berlusconi l’ho votato. Come fai a non votarlo?» • Due libri: Se uno nasce quadrato non muore tondo (2007) e Il codice Gattuso (2008), entrambi editi da Rizzoli • Sposato con Monica, figlia di un napoletano conosciuta quando giocava in
Scozia. Due figli: Gabriela (20 giugno 2004) e Francesco (8 novembre 2007). [bcm]