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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FUMETTO

Rosa (Patrizia Novarini) Torino 1946. Mito dello spogliarello. «Ho la laurea in strip-tease» • «Nel 1968 fece impazzire Alain Bernardin che la volle al Crazy Horse a fare la monella
italiana che esce dal Vesuvio. “Ero una specie di clown e mi battezzò come ‘Rosa la bolognese’”. In realtà Rosa è torinese di nascita, per tutte le scuole elementari ha abitato a un passo dalla
Mole Antonelliana. Poi a Milano per continuare gli studi, un po’ dalle Piccole Suore del Santo Natale, un po’ dalle Carmelitane, infine dalle Preziosine. “In quel tempo non mi piacevo molto, era l’epoca di Veruska che era alta un metro e ottanta, mi sentivo lontana da quel
modello, solo dopo che arrivai al Crazy Horse imparai a sentirmi bella”. Dal primo numero quasi comico si incarna nel mito della nudità femminile estremizzata al rango d’opera d’arte assoluta: “Avevamo la consapevolezza che un momento fugace ci rendeva perfette”. All’inizio semplice strip tease, poi il nudo integrale vero e proprio. Una
rivoluzione assoluta in quegli anni: “Accadde nel 1973, ci era stato commissionato un galà privato per lanciare la nuova collezione dei gioielli di Van Cleef. Fu allora
che Bernardin ci fece togliere quel pezzettino di stoffa che portavamo
attaccato al pube con lo scotch biadesivo, finalmente libere con addosso solo
le nostre mutandine naturali!”. Nel 1979 Rosa si dimette dal Crazy Horse e lascia Parigi. Nell’83 la Rai la chiama per fare il
Il Cappello sulle 23, varietà notturno sulla seconda rete: “Avevano pochi soldi e pensavano che io con un numero di strip tease avrei
risolto tutto, ma nessuno osò scrivere sul contratto che mi sarei dovuta spogliare”. Le regole erano che il nudo venisse concordato da precise clausole. “Fu alla quarta puntata, la mia collega Trucula Bon Bon aveva un vestito un po’ largo che ogni tanto le scendeva sul seno, lei lo tirava su e si ricopriva.
Dietro le quinte il regista Mario Landi però imprecava perché pretendeva di poter rubacchiare quel po’ di nudo. Allora chiesi la camera in primo piano e gli urlai davanti a tutti che
era un porco, se voleva il nudo non aveva bisogno di trasformare il pubblico in
un gruppo di guardoni, il nudo glielo davo io, anche integrale! E così mi tolsi tutto, anche se non ero pagata per farlo. Era la mia maniera per
salvare il pudore di noi artiste che quella gente aveva offeso”» (Gianluca Nicoletti).
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