Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
FORLEO
Clementina Francavilla Fontana (Brindisi) 1963. Giudice. È il gip (giudice per le indagini preliminari) del caso Fiorani-Ricucci-Consorte,
da lei trattato con la massima severità. «Ogni magistrato dovrebbe fare prima il poliziotto» • Avendo nell’estate 2007 chiesto al Parlamento l’autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni telefoniche del caso Unipol/Bnl
sostenendo nella sua ordinanza che il ministro Massimo D’Alema e il senatore Nicola Latorre, entrambi non indagati, «erano consapevoli complici di un disegno criminoso», nel 2008 È stata rinviata a giudizio davanti alla sezione disciplinare del Csm con l’accusa di aver violato l’«obbligo di imparzialità, correttezza ed equilibrio» nonché di aver formulato un giudizio «abnorme e non richiesto connotato da accenti suggestivi e stigmatizzatori» (processo il 27 giugno a Palazzo dei Marescialli). Il 12 maggio 2008 la prima
commissione del Consiglio superiore della magistratura ne ha ordinato il
trasferimento d’ufficio dal Tribunale di Milano causa le sue esternazioni durante una puntata
della trasmissione tv
Annozero (25 ottobre 2007. Disse tra l’altro: «Soggetti istituzionali hanno tentato di delegittimarmi») • Madre insegnante di matematica, padre avvocato (ma si occupava dell’azienda agricola di famiglia). Laurea in Giurisprudenza a Bari. «Da ragazza sognava di fare la ricercatrice ma, come tanti giovani del Sud, fu
costretta a scegliere la più garantita strada del concorso pubblico. Ne tentò due: per entrare in polizia e in magistratura. Commissario di Ps, dall’89, si meritò un encomio solenne dall’allora capo della polizia, Parisi, per avere ben gestito l’emergenza invasione-albanesi in Puglia. Un’esperienza, un destino. Dopo anni di procedimenti più o meno noti (rinvio a giudizio di Marcello Dell’Utri, ultimo atto del processo su piazza Fontana), di qualche polemica (si È attirata le ire dei radicali per aver assolto il pentito Melluso, quello che
aveva accusato Enzo Tortora) Forleo È assurta alla vera celebrità per aver fatto scarcerare dei sospetti terroristi islamici e sostenuto che non
si possono equiparare i terroristi ai “resistenti iracheni”. “Una sentenza che non avrebbe scritto neanche Totò”, dichiarò il leghista Mario Borghezio. “Fa rivoltare lo stomaco”, attaccò il ministro Roberto Calderoli. Reazione del gip? Querele per diffamazione, la
difesa affidata a un’altra donna tosta, l’avvocato Giulia Bongiorno. “La dottoressa Forleo”, assicura Bongiorno, “È persona seria, estremamente intelligente, assolutamente apolitica”. A riprova del suo ben operato c’È chi cita altre sentenze in linea (Corte d’Assise di Milano) e il fatto che gli ispettori ministeriali non hanno trovato
nulla a suo carico; d’altra parte c’È l’appello alla sentenza - 50 pagine durissime, critiche a un modo di argomentare “contraddittorio” e più da convegno sulle origini del terrorismo che da tribunale - a firma del
magistrato Armando Spataro. Senza tregua. Aveva appena fatto la pace con
Francesco Cossiga (le aveva consigliato di darsi allo sport ma, dopo aver letto
gli atti, le ha telefonato sia a casa che in ufficio per solidarizzare e
invitarla a cena al circolo tennis Roma), era stata promossa a magistrato di
Corte d’Appello, poteva stare serena, Clementina. Ed invece È scesa di nuovo in campo a difesa, tra la folla urlante, di un extracomunitario
inseguito dalla polizia nella metropolitana. “Disprezzo la violenza soprattutto quando È compiuta dalle forze dell’ordine”, ha ribattuto a chi le consigliava maggior discrezione. Bastava un bel
rapporto! Risultato: oltre la delicata inchiesta sulle banche ha ricevuto una
nuova visita dagli ispettori. Ma soprattutto, dicono i suoi amici, delle
minacce» (Chiara Beria D’Argentine)
• «L’esuberante Clementina Forleo a me pare la (sprovveduta) comparsa di una farsa
all’italiana i cui principali protagonisti sono: l’establishment finanziario con le sue propaggini politiche e mediatiche; la
sinistra ex Pci-Ds e le sue appendici economiche; l’ordine giudiziario. Atto primo: poiché il vero potere È, in Italia, quello delle banche, i Democratici di sinistra, attraverso la
scalata di Unipol alla Banca nazionale del lavoro, contano di entrare nel “salotto buono” della finanza nazionale, dove già ci sono gli “amici” delle altre forze politiche. “Allora, abbiamo una banca” (Fassino) o “facci sognare” (D’Alema) — dalle intercettazioni telefoniche in mano alla magistratura — sono espressioni che rivelano sia uno storico complesso di inferiorità sia un malcelato desiderio di rivincita. Ma non prefigurano ancora un reato.
Atto secondo: l’establishment economico e finanziario reagisce alla scalata Unipol, difendendo,
come È naturale, il proprio orticello e mettendo in campo le armi, anche parlamentari,
di cui dispone. Parte il massacro politico e mediatico dei Ds, accusati di
confondere politica e affari, e la delegittimazione di Unipol, grazie anche a
certe opacità dei suoi massimi dirigenti. Atto terzo: la Forleo chiede l’autorizzazione al Parlamento per utilizzare le intercettazioni di Fassino, D’Alema, Latorre: “A parere di questa autorità giudiziaria sarà il placet del Parlamento a rendere possibile la procedibilità penale nei confronti dei suoi membri, i quali, all’evidenza, appaiono non passivi percettori di informazioni pur penalmente
rilevanti, ma consapevoli complici di un disegno criminoso”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dice al Consiglio
superiore della magistratura di cui È a capo: “Rinnovo il richiamo a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti
non pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alla finalità dei provvedimenti”. Per il Pg della Cassazione, l’ordinanza della Forleo È “abnorme”; opinione non condivisa, fra gli altri giuristi, dal professor Franco Cordero
per il quale “l’atto configura una denuncia obbligatoria”. Insomma, non si vede come la Forleo — che commette però la dabbenaggine di andare in Tv — avrebbe potuto motivare altrimenti la sua richiesta. Infine, il Consiglio
superiore avvia una pratica per il suo trasferimento» (Piero Ostellino)
• Interrogata dal Csm, la Forleo disse di aver saputo dal procuratore generale di
Milano Mario Blandini che D’Alema era preoccupato perché temeva che dalle intercettazioni emergessero sue vicende private, tra cui frasi
poco gentili su colleghi di partito come l’allora segretario dei Ds Piero Fassino. Con una memoria al Csm chiarì in seguito di non aver mai parlato di pressioni dei «poteri forti» per condizionare le sue decisioni nell’indagine Unipol-Bnl («teorema» costruito da altri), ma solo della «solitudine del giudice quando deve trattare vicende che toccano» quei poteri, «concetti sui quali È legittimo che ciascun cittadino dibatta, quindi anche un magistrato»
• Sottoposta ad azione disciplinare da parte del pg della Cassazione Mario Delli
Priscoli, disse che «attivando il procedimento sul suo conto l’alto magistrato si sarebbe liberato di un debito morale che aveva con un non
meglio precisato potere politico-giudiziario, che avrebbe tenuto fuori dalla
faccenda di via Poma suo figlio Francesco» (Massimo Martinelli). Dinanzi al Csm, disse di aver appreso questo particolate
dall’ex magistrato Ferdinando Imposimato, suo “maestro” che in seguito la smentì
• «Clementina Forleo È stata messa sul carro, le hanno stracciato il colletto, legato le mani e così È stata portata al patibolo fra due ali di giornalisti e magistrati festanti che
mostravano i pugni. La ghigliottina È sostituita da una macchina più complessa che decapita magistrati riottosi, nemici della casta di comando.
Sulla lama È incisa la parola trasferimento, ovvero deportazione e morte civile, versione
magistrale per magistrati ispirata alla Cayenna, che era chiamata “ghigliottina secca”. Forleo È dunque salita sulla stessa carretta che ha già portato all’esecuzione magistrati come Luigi De Magistris, Tiziana Parenti e tanti altri,
tutti “di sinistra”, ma che, come Clementina, avevano osato ficcare il naso nel Sacro Graal dei
veri templari, quel gruppo di potere e di interdizione composto da politici,
magistrati e giornalisti velinari e velenosi, quelle creature vampiresche e
crepuscolari che escono dalle procure con le tasche gonfie di cartacce e che
emettono articoli-pizzini per conto dei loro padroni» (Paolo Guzzanti)
• «Un giudice finisce illuminato dall’attenzione dell’opinione pubblica mentre provvede alle richieste dei pubblici ministeri che
scoprono i trucchi delle scalate Bpi/Antonveneta e Unipol/Bnl. L’improvvisa visibilità ne sollecita l’ambizione. Deve chiedere al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare nel processo le telefonate tra banchieri e politici.
Eccede con opinioni irrituali. Non le spetta ventilare ipotesi delittuose
contro i parlamentari “quasi-imputati”. Per molti non È affar suo, ma cede alla tentazione per orgoglio e, forse, per vanità. Corretto con severità dal capo dello Stato, anche presidente del Consiglio superiore della
magistratura, il giudice corre ai ripari per proteggersi da una probabile
censura disciplinare. Mal consigliata, segnala un complotto di “ambienti politico-giudiziari che la vogliono rovinare”; una manovra dei giornali che la fraintendono con intenzione; l’ostilità dell’associazione magistrati che la isola; il malanimo dei magistrati-blogger che la
criticano; l’animosità della Camera che “stigmatizza” il suo lavoro; l’inimicizia dei magistrati di Brindisi che “le vogliono dare una lezione”; il livore aggressivo di carabinieri e poliziotti. Il giudice conquista, in due
occasioni, il talk-show di prima serata
(Annozero - ndr) e rincara la dose. Denuncia di aver subito “interferenze e intimidazioni istituzionali”. Diventa un’eroina. La si glorifica come l’icona di una magistratura che con coraggio difende l’autonomia e l’indipendenza da un potere politico minaccioso, pervasivo, forse assassino, “come nel film Le vite degli altri” dice il giudice in tv. Alle prese con questa scena, il Consiglio superiore
della magistratura interviene — che deve fare? — per dare un nome ai congiurati che accerchiano la toga e — sorpresa e imbarazzo — il complotto si sgonfia come un soufflé malfatto. I testimoni offerti dal giudice negano il suo racconto, correggono i
suoi ricordi, la smentiscono. Il Csm conclude, sconsolato, che “le interferenze e le intimidazioni istituzionali non trovano alcun riscontro”: la cospirazione È immaginaria, l’allarme immotivato. Il trasferimento del giudice per “incompatibilità ambientale e funzionale” È la dignitosa via d’uscita per chiudere una dolorosa vicenda fatta di scelte impudenti in attesa che
la procura di Brescia metta ordine alle accuse del giudice e alle testimonianze
contraddittorie dei suoi confidenti» (Giuseppe D’Avanzo)
• Ha sollevato sospetti sulla morte dei genitori, avvenuta il 28 agosto 2005 in
un incidente stradale (alla guida c’era il marito, che si È salvato): «Il 5 maggio viene distrutta una loro villa di campagna, il 20 giugno viene
incendiato l’intero raccolto di foraggio dell’azienda agricola di famiglia e il 21 luglio la Forleo riceve una lettera che
dice: “Andrai dietro la bara dei tuoi genitori”. In tutto questo periodo, i genitori della Forleo ricevono decine di telefonate
anonime di minacce, anche mute. È una coincidenza, ma in quelle settimane È noto a tutti che la Forleo si sta occupando della scalata bancaria Unipol-Bnl.
Così quando accade l’incidente, la prima cosa a cui pensa la Forleo È un sabotaggio dell’auto. I pm di Brindisi fanno una “relazione” soltanto il 29 agosto 2005. Il giorno dopo la Forleo riceve un’altra lettera di “felicitazioni” per il grave lutto» (Carlo Vulpio). Il processo per le minacce al padre fu archiviato nel 2007 «perché, secondo il giudice, le minacce non ci furono» (Corriere della Sera). Due magistrati della Procura di Brindisi, Alberto
Santacatterina e Antonino Negro, ed il tenente dei carabinieri Pasquale
Ferrari, sono stati indagati dal pm di Potenza Cristina Correale per abuso d’ufficio: tutti e tre avrebbero compiuto una serie di omissioni e violazioni nell’inchiesta relativa alla morte dei genitori del gip milanese. Francesco Viviano
(su la Repubblica dell’1 aprile 2008): «La Forleo aveva denunciato queste omissioni alla procura della Repubblica di
Brindisi, e le aveva poi rese pubbliche quando scoppiò il “caso Unipol”. La vicenda finì anche al Consiglio Superiore della Magistratura: in quell’occasione il gip Forleo ribadì le presunte omissioni dei colleghi e dell’ufficiale dei carabinieri in relazione all’indagine sulla morte dei suoi genitori. In seguito alla denuncia della
magistrata ed alle sue dichiarazioni ai giornali, l’ufficiale dei carabinieri querelò la Forleo, sostenendo tra l’altro che la gip, durante una conversazione telefonica, gli aveva detto: “Si vergogni di indossare la divisa”. Si scopre ora che la denuncia presentata dall’ufficiale sarebbe stata “concordata” tra i due pm ed il tenente Ferrari “esponendo una versione dei fatti diversa - scrive il pm di Potenza nell’avviso di garanzia ai tre indagati - da quanto sarebbe realmente accaduto nella
conversazione telefonica tra la dottoressa Forleo ed il tenente Ferrari”. Non solo: secondo l’accusa i due magistrati brindisini e l’ufficiale dei carabinieri avrebbero anche concordato i tempi per la
presentazione della denuncia nei confronti della Forleo: fu fatta nel periodo
feriale “durante la settimana in cui era di turno il dottor Negro, per far sì che il predetto venisse designato titolare del procedimento, cosa che difatti
avveniva, in violazione delle tabelle in vigore presso l’ufficio e arrecando intenzionalmente a Forleo un danno ingiusto”. C’È di più. Secondo il pm di Potenza i suoi colleghi di Brindisi archiviarono l’inchiesta sulla morte dei genitori del gip sostenendo tra l’altro di avere acquisito, esaminato e controllato i tabulati telefonici delle
utenze dei Forleo. Ma non era vero. Pur avendo disposto l’acquisizione dei tabulati telefonici il pm Santacatterina “non curava l’effettiva esecuzione del provvedimento emesso, né lo revocava, tanto che i predetti tabulati non venivano mai acquisiti nella
fase delle indagini preliminari nonostante il pm, nel chiedere l’archiviazione dell’inchiesta, desse atto di avere preso visione dei tabulati»
• Tra i suoi sostenitori Beppe Grillo e Marco Travaglio (che tiene il blog
clementinafaccisognare.ilcannocchiale.it) • Fierissima di essere stata insignita dell’onorificenza di “Alfiere del Lavoro” per essere stata uno dei 25 migliori maturandi d’Italia, al liceo scientifico della sua città • Appassionata nuotatrice. Va spesso al poligono di tiro a esercitarsi con la
pistola • Il 30 luglio 2006 sposò con rito civile (seconde nozze) l’ingegnere Giovanni Franzoso. [azx]