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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FERRETTI

Dante Macerata 26 febbraio 1943. Scenografo. Premio Oscar 2004 per The Aviator (regia di Martin Scorsese) e 2007 per Sweeney Todd (Tim Burton), entrambi divisi con la moglie Francesca Lo Schiavo. «Con Fellini ho imparato una regola: mai copiare la realtà, sempre reinventarla, anche con errori, per renderla credibile, vitale,
collocandola nel periodo storico da narrare» • «Tutti i ragazzi vanno a giocare a pallone quando sono piccoli. Io a 6 anni
andavo al cinema a Macerata, che era una città che non offriva per me altro che le sue quattro sale. Non mi immedesimavo con l’attore, mi piaceva l’idea di lavorare nel cinema. I preferiti? Western, film in costume e
naturalmente Totò. A 14 anni venni a Roma con mio padre, aveva una piccola fabbrica di mobili.
Andai all’Accademia delle Belle arti per capire che cosa si studiava. Quando pronunciarono
tra le altre parole anche la parola scenografia ebbi una folgorazione e dissi:
ecco quello che voglio fare, lo scenografo. Finito il liceo, feci l’Accademia. Il pomeriggio lavoravo da un architetto amico di papà che era stato scenografo, aveva fatto alcuni film di Blasetti tra i quali
Fabiola. Un giorno mentre lavoravo lì telefonarono dalla Documenta Film e gli proposero di girare due film di pirati.
Erano film di serie B ma lui accettò dicendo a me di lavorare sul set. Avevo 18 anni e cominciai. Dopo un anno di
lavoro mi hanno offerto un film con un grande scenografo di allora, Luigi
Scaccianoce, e abbiamo fatto La parmigiana di Antonio Pietrangeli. E poi andò bene, così mi hanno offerto Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini. Avevo 19 anni e cominciò la mia carriera. L’attore ti è grato quando fai una bella scena dove lui si sente bene. Gli attori americani
entrano nel personaggio e devono sentirsi al posto giusto. Bellissima la
lettera che mi ha scritto Daniel Day Lewis: mi ringraziava di aver saputo
ricostruire interi quartieri di Broadway e Downtown a New York, e un pezzo di
porto con le navi come erano all’epoca. Il tutto a Cinecittà, a Roma. Gli attori americani hanno il problema di dover entrare totalmente nel
film che stanno girando. Certo, Mastroianni era diverso: fumava, chiacchierava,
stava sempre al telefono. Elio Petri lo chiamava Jimmy Gettone. Lo chiamavano
sul set e lui di colpo faceva una scena drammatica, senza prepararsi
assolutamente. Poi ho conosciuto Tom Cruise, Brad Pitt, De Niro, Joe Pesci,
Gian Maria Volontè con cui feci
La classe operaia va in paradiso. Le attrici? Glenn Close in Hamlet, Mariangela Melato, Hanna Schygulla e poi Uma Thurman ne Le avventure del Barone di Münchhausen. Il cinema è la mia unica passione. Un giorno mi hanno chiesto: lei che sogni fa? E ho
risposto: non sogno mai, sogno quando mi sveglio. Ai giovani consiglio di
vedere i vecchi film, quelli fatti a mano come le scarpe, e non solo il cinema
digitale di oggi. Bisogna guardare avanti, certo, ma non dimenticare quello che
è stato fatto» (ad Alain Elkann) • Molte altre nomination all’Oscar: Il Barone di Münchhausen (Terry Gilliam 1989), Hamlet (Zeffirelli 1990), L’età dell’innocenza (Scorsese 1993), Intervista col Vampiro (Neil Jordan 1994), Kundun (Scorsese 1997), Gangs of New York (Scorsese 2002) • Vive da quasi vent’anni negli Usa: «Questo non vuol dire che non ami il mio paese ed il nostro cinema. Ma posso
garantire che è difficile resistere ad una offerta di registi come Martin Scorsese, e alle
possibilità che offre il grande cinema statunitense. Scorsese è il più grande regista vivente. è un costruttore di immagini ineguagliabile, sembra abbia l’anima nel cinema. Pasolini? Un Chaplin pittore. Non guardava alla realtà ma alla grande pittura, e girava con una raffinatissima, coltissima semplicità» (ad Antonio Monda)
• Nel 2006 fece (senza grande successo) le scenografie per il Festival di
Sanremo: «Il primo giorno tutti mi dicevano: la tua scenografia è bellissima, finalmente qualcosa di nuovo. Poi, visti anche i dati di ascolto
non soddisfacenti, hanno fatto marcia indietro. L’errore che mi hanno imputato è stato quello di aver voluto cambiare qualcosa di intoccabile come il Festival:
prima ti chiedono di fare l’americano, ma quando lo fai e non metti la scala per far scendere i cantanti ti
stroncano»
• Consulente dell’architetto Aimaro Oreglia d’Isola nel progetto di ristrutturazione del Museo egizio di Torino. Ha curato la
scenografia del Tempio di Venere a Roma per la festa dei 45 anni di moda dello
stilista Valentino. Per la 64esima Mostra del cinema di Venezia ha studiato un’enrorme sfera di metallo lucida che sfonda la fiancata del Palazzo del Cinema • Nel 2007 ricevette a Macerata la laurea honoris causa in Scienze delle
comunicazioni.