Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
FERRARI
Agostino Milano 9 novembre 1939. Pittore. «Il mio interesse per il segno è nato negli anni Sessanta, quando mi sono reso conto che attraverso di esso
avevo la possibilità di percepire il tempo: la memoria di un segno del passato è sempre contenuta in un segno del presente, che, a sua volta, sarà contenuta in un segno del futuro. è forse uno dei modi attraverso i quali possiamo ritrovare l’uomo come fatto di coincidenza di uno spazio tempo indefinito»
• Dipinge su tela con acrilici e sabbia nera di origine vulcanica che raccoglie in
varie zone dell’Italia del Sud e che sparge su tracciati di colla. «Nel 1962 fu tra i componenti del gruppo del Cenobio, un sodalizio di breve
durata che prese il nome dalla galleria milanese che ne proponeva le opere. Per
lui come per altri artisti italiani, ad esempio Carla Accardi, l’ordine e il ritmo costante della “scrittura” sono forse antidoti contro il romantico caos dell’Informale naturalista ed espressionista, magari sintonizzato sulle frequenze di
New York» (Franco Fanelli)
• «Nel 71, la svolta col Teatro del segno. Vi giocano quattro elementi: il segno
simbolo (dipinto su superfici trasparenti), il segno pittorico (su piani
bianchi), il segno fisico positivo (fili d’acciaio in rilievo su una superficie) e il segno fisico negativo (fessure
intagliate su pannelli di legno)» (Sebastiano Grasso) • Nel 1994 realizza, insieme all’ex capo brigatista Renato Curcio, Sogni tra i segni, una stanza dedicata a Pasolini nell’atelier sul mare, l’albergo museo di Antonio Presti a Castel di Tusa, Sicilia. «Il liguaggio prescelto da Curcio e Ferrari utilizza scritture arcaiche,
geroglifici egiziani, segni misterici siciliani, alfabeti mistici della
tradizione orientale, la Tavola dei Dieci comandamenti e il Codice di Hammurabi» (Mariella Pagliaro) • «C’è, inoltre, nei cartigli di Ferrari, qualcosa che richiama alla mente l’arguzia e il virtuosismo della “calligrafia figurata” seicentesca, quando un viluppo inciso a bulino dava origine a immagini
metamorfiche. Ma soprattutto, in queste superfici solcate da misteriosi
ideogrammi che vengono inghiottiti da improvvisi tagli e strappi, si riaffaccia
la ricerca di uno spazio oltre la tela, quell’infinito cui era approdato Lucio Fontana, uno dei primi convinti sostenitori di
Ferrari» (Fanelli)
• Vive e lavora a Milano. [Lauretta Colonnelli]