Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
FELTRINELLI SCHöNTHAL
Inge Essen (Germania) 1930. Editore. Terza moglie di Giangiacomo Feltrinelli
(1926-1972), che nel 1955 fondò l’omonima casa editrice. Madre di Carlo. «Mi affascina la mondanità. Quella vera: perché è piena di informazioni e pettegolezzi, creativa e divertente. Ogni giorno due
colazioni, due pranzi, sicuramente quattro cocktail e due o tre bicchieri dopo
mezzanotte» (nel 1994) • «Il padre si chiamava Siegfried Schönthal, un ebreo tedesco della media borghesia, impiegato come direttore in una
azienda tessile. “Era un bravo tedesco sciovinista, dal tipico nome wagneriano. Reagì all’incrudelirsi della campagna antisemita con stupito candore. Non capiva cosa
accadesse, innocente come tanti altri. Fu mia madre Trudl, protestante luterana
di tutt’altra tempra, a prendere le redini in mano. L’azienda tessile aveva una fitta rete di rapporti commerciali con l’Olanda. Grazie a questi, mia madre riuscì a trovare i soldi e i mezzi per farlo scappare in America. Accadde nel 1938.
Dopo circa due anni di parcheggio in un campo olandese per ebrei, mio padre s’imbarcò alla volta di New York. Io avevo appena otto anni. Non compresi nulla di quella
tragedia”. La fuga di Siegfried pone fine a una crisi coniugale scoppiata a causa della
sua apatia. “La protratta indecisione nel lasciare la Germania aveva finito per esasperare
mia madre”. Trudl, che lavora nel campo della floricoltura, presto lo sostituisce con Otto
Heberling, ufficiale della cavalleria tedesca, “carino e vitale”, profondamente innamorato: Inge trova un nuovo padre, che l’ama e la protegge. “Ma ero pur sempre una bambina mezza ebrea, e lui un ufficiale di Hitler”» (Simonetta Fiori)
• Fotoreporter per diverse testate europee, intervistò Hemingway, Picasso, Simone de Beauvoir ecc. «Una casa editrice le offrì un contratto per scrivere un libro sulla sua professione, e lei chiese
consiglio a Rowohlt che le disse subito di lasciar perdere e di raggiungerlo
invece in ufficio dove era arrivato un famoso editore italiano suo amico,
quello che l’anno prima aveva scoperto e pubblicato il Dottor Zivago di Pasternàk. Era il 14 luglio del 1958, e quell’uomo silenzioso, coi baffi, l’aria molto timida, poco più che trentenne, era Giangiacomo Feltrinelli. “è un comunista di famiglia molto ricca” le disse Rowohlt, “questa sera faccio un ricevimento per lui, porta qualche tuo amico di sinistra”. Inge arrivò con un’ora di ritardo perché aveva dovuto lavare e stirare l’unico vestito decente che aveva. Feltrinelli era solo, appartato, in una stanza
piena di gente, fumava Senior Service con un lungo bocchino e si mangiava le
unghie. Per sembrare disinvolta lei gli disse: “Io so tutto di lei”. Ma fece una gaffe nominando persone che lui disprezzava, come Luigi Barzini
jr., che era stato il suo non amato patrigno. Lui era diventato di ghiaccio,
lei cercò di farsi perdonare sfoderando tutto il suo charme. Romanticamente, girarono per
la città chiacchierando sino al mattino» (Natalia Aspesi)
• A Milano dal 1960, si dedicò con il marito (infine dilaniato da una carica di tritolo su un traliccio
elettrico a Segrate) alla Giangiacomo Feltrinelli editore, di cui nel 1972
divenne presidente • «Ostenta d’ignorare la lingua italiana, che parla con accento da Fräulein, declinando articoli fasulli (“un piazza Duomo bello”), verbi finti (“non mi disaffecto”), e sostantivi a orecchio (“il pornografer”). è riuscita a fronteggiare le avversità dell’esistenza, prendendo prima il controllo della casa editrice negletta, come un’amante appassita, dal fondatore. E ponendosi poi sotto l’ala protettiva del Pci. Non potendo bloccare l’emorragia di grandi autori, come Günther Grass, Gabriel García Márquez e Mario Vargas Llosa, ha arginato le perdite occupando il centro dell’egemonia culturale della sinistra grazie alla rete capillare di grandi librerie,
volute da Giangiacomo sul modello tedesco» (Pietrangelo Buttafuoco)
• «Per capirla a fondo bisogna vedere il suo letto. Ha i lenzuoli più allegri che mente femminile possa immaginare. Fioriti? Zebrati? A righe? No,
rosa shocking o arancioni» (Lina Sotis). [awt]