Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
FASSINO
Piero Avigliana (Torino) 7 ottobre 1949. Politico. Del Pd. Deputato dal 1994 e
rieletto anche nel 2008. È stato ministro del Commercio estero nel governo D’Alema (1998-2000) e di Grazia e giustizia nel successivo governo Amato
(2000-2001). Poi segretario dei Ds fino al 2007.
Ultime Ha accompagnato il partito alla fusione con la Margherita, vincendo il congresso
dell’aprile 2007 con la mozione “Per il partito democratico” (75,64% dei consensi). È poi stato nominato Inviato dell’Unione europea in Birmania da Javier Solana, Alto rappresentante per la Politica
estera e di sicurezza dell’Unione europea. Ministro degli Esteri nel governo ombra di Walter Veltroni.
Ultimo segretario dei Democratici di sinistra (2001-2007). «Ho sacrificato me stesso alla funzione che ricoprivo. E non so più se sia stato giusto».
[awf]
Vita Figlio unico di Eugenio, morto a 43 anni per un ictus cerebrale, e di Carla
Grisa. «Mio nonno È stato un fondatore del Partito socialista, mio padre È stato uno dei più noti comandanti partigiani». Il padre lavorava come concessionario dell’Agipgas in Piemonte: «Enrico Mattei, che aveva conosciuto nella Resistenza, lo chiamò a lavorare insieme ad altri ex partigiani» (a Stefania Rossini). La madre era «bellissima, alta, esile, bionda» • Nel 1968 prese la maturità classica all’Istituto sociale dei padri gesuiti, poi si iscrisse a Giurisprudenza (lasciata
per Scienze politiche). «La mia prima tessera l’ho presa a 14 anni, iscrivendomi a Nuova Resistenza, un’associazione giovanile antifascista nata sull’onda della lotta a Tambroni. Ho avuto anche la fortuna di incontrare sulla mia
strada uomini importanti. Come Aventino Pace, un dirigente sindacale, capo del
movimento operaio torinese, uno di quelli che sequestrò Valletta quando ci fu l’attentato a Togliatti. Mi sono occupato di Fiat per 17 anni, e ho sempre seguito
la sua massima: “Quando in fabbrica c’È un problema o lo risolvi tu o lo risolve il padrone”. Insomma: mai tirarsi indietro e cercare sempre soluzioni» (a Claudio Sabelli Fioretti)
• Dal 1969 nel Pci. «Mi iscrissi al partito all’indomani della sua decisione di condannare l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. CioÈ quando il Pci disse apertamente che la libertà veniva prima di ogni altra cosa» • «Dopo un anno era già segretario della Fgci provinciale. Gianotti, all’epoca segretario del Pci torinese, se lo ricorda determinato, sempre in giro per
sezioni. E ambizioso. Quanto bastava per puntare alla sua poltrona (a quei tempi incarico di rilievo, in Italia)» (Agostino Gramigna) • Dall’83 segretario della Federazione di Torino: «L’avvocato Agnelli volle conoscermi appena venni eletto. Fu una lunga
chiacchierata, molto simpatica. Mi disse: “Senta Fassino, io capisco tutto. A Torino ci sono tanti operai e voi siete il
partito che li rappresenta. Ci scontriamo, ci mettiamo d’accordo, capisco tutto: comunista Torino, comunista Milano, ci sono le
fabbriche. Ma una cosa non capisco: perché ci sono i comunisti a Roma e a Napoli?”»
• Candidato vicepremier con Rutelli nel 2001, incassata la sconfitta fu eletto
segretario Ds con lo slogan «O si cambia o si muore» (rieletto nel 2005) • «È diventato segretario della Quercia nel suo momento probabilmente peggiore, alla
fine del 2001, dopo che gli antagonisti dell’ultimo decennio, D’Alema e Veltroni, spesso impegnati in una lotta per linee interne cruenta quanto
silenziosa, erano finiti il primo nel limbo della Fondazione Italianieuropei, e
il secondo in Campidoglio. I Ds quasi non esistevano più, divisi per bande e gruppi in confusa guerriglia reciproca - e Berlusconi era
saldamente insediato a palazzo Chigi. Le invettive di Nanni Moretti (“Con questi dirigenti - disse indicando proprio Fassino - non vinceremo mai”), l’esplosione del movimento dei Girotondi, l’ascesa che pareva irresistibile della stella di Cofferati, l’ammutinamento dell’Unità di Furio Colombo e il movimentismo esasperato della Cgil di Epifani sembravano
preludere ad un definitivo inabissamento della Quercia, e certo alla fine
prematura della leadership fassiniana. Così non È stato» (Fabrizio Rondolino).
[awg]
Qualche problema per le intercettazioni di alcune telefonate del 2005 con
Giovanni Consorte, manager Unipol all’epoca impegnato nella scalata alla Bnl (in particolare la frase «abbiamo una banca»): «Penso che ci sia molta cattiveria e ingenerosità nel modo in cui vengono utilizzate delle telefonate del tutto innocue. Io posso
forse accettare di discutere dell’opportunità di quelle telefonate, ma non costituiscono certo né un reato né alcuna forma di illecito. In ogni caso, ormai ci siamo quasi abituati. Già con Telekom Serbia tentarono di colpirci: Cicogna, Ranocchio, Mortadella... e
poi finì come finì. Noi siamo persone perbene, la gente ci conosce e lo sa» (a Federico Geremicca)
• È sposato (dal 1992) con la collega Anna Serafini: «Si sono innamorati nel ristorante di un grattacielo a Santiago del Cile, dove
erano in trasferta di lavoro. Pare proprio che galeotto fu un valzer. Vivono al
centro di Roma. Lui in casa collabora molto, sistemando con grande meticolosità piatti e bicchieri nella lavastoviglie» (Panorama) • La moglie: «Subii un lutto gravissimo, la morte di mio padre. Lui, che aveva perso il suo a
quindici anni, mi scrisse un messaggio molto bello, mi colpì molto» • Prima della Serafini aveva sposato la giornalista Marina Cassi. Non ha figli: «Vorrei aver avuto un figlio maschio a cui trasmettere amore ed esperienza».
Critica «È un ottimo dirigente, il tipo indispensabile nel gioco di squadra, un mediano
alla Oriali, per citare una famosa canzone. Ma non sembra tipo da inventarsi
nuove strade né possiede il carisma personale di un D’Alema o di Veltroni, Cofferati, Bassolino» (Curzio Maltese).
Frasi «Io sono nato a Torino e sono sabaudo. Sono alto e magro e ho questa immagine un
po’ austera, un po’ calvinista, tipica di chi È nato, vissuto e cresciuto in una città che È forgiata dalla cultura e dall’etica del lavoro. Una città fatta di understatement, dove nessuno deve mai superare un certo limite perché sennò viene considerato stravagante».
Vizi «Sono anni che mi sento fare domande sulla mia magrezza. Cerchiamo di chiarire
questa cosa. Non È che non mangio, sono lo stesso peso da trent’anni. Ho un buon metabolismo e mi fa bene fare quello che faccio. Forse l’affetto della gente dipende proprio dalla mia magrezza, dal fatto che sembro una
persona tormentata» • «C’È chi si sfoga mangiando, chi bevendo, io lo faccio con gli scatti d’ira. Passata la tempesta, tornano però presto a volar gli uccelli e si rafforza il rapporto umano. Ci sono segretarie
che mi telefonano a distanza di anni, ogni Natale» • Ama Mozart, il jazz, il cinema, il teatro di Pirandello e Brecht, il ballo • Prese la laurea quando era già un politico affermato: «Ho voluto portare a compimento un percorso interrotto nel 1971, con molti esami già fatti. Fa parte della mia etica non lasciare una cosa a metà» • Porta sempre in tasca un Pulcinella che stringe un tredici, portafortuna che gli
venne regalato a Napoli «e che da allora mi accompagna sempre».
Religione «Sono un credente, ma proprio perché si tratta di un fatto assolutamente privato, non ne ho mai dato manifestazione
pubblica, perché sarebbe del tutto improprio per il rispetto che ho della fede e delle mie
convinzioni».
Tifo Juventus. [awh]