Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DOLCE & GABBANA Coppia di stilisti formata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, fondatori dell’omonima casa di moda

DOLCE & GABBANA Coppia di stilisti formata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, fondatori dell’omonima casa di moda. Prima sfilata a Milano Collezioni, nella categoria Nuovi talenti, nel 1985. Prima collezione nel 1986. «Non basta portare l’orecchino e buttar giù un disegno per fare questo lavoro con successo». Ultime Nel 2007 il Comitato di controllo del codice di autodisciplina pubblicitaria bloccò una loro campagna pubblicitaria per «istigazione allo stupro»: si vedeva una donna tenuta per i polsi e bloccata a terra da un uomo a torso nudo mentre altri quattro assistevano alla scena. Proteste anche da senatori, ministro delle Pari opportunità, Cgil, Amnesty International ecc. «Per noi quella foto, onirica, è espressione di passionalità, bellezza ed erotismo». Apparvero inoltre nudi fra vescovi e tacchi a spillo in un servizio fotografico firmato Steven Klein e pubblicato sulla rivista statunitense W. «Tutto è nato un anno fa quando il New York Times ci ha definito cafoni e paesani! Ci siamo detti: “Beh allora facciamogli vedere sino a che punto siamo capaci di esserlo”» • Nel 2007 il fatturato consolidato del gruppo ha toccato i 1050,9 milioni di euro: il 30% in più dell’anno precedente. «Per il 2010 abbiamo la previsione di mantenerci su una crescita di almeno il 60%». «Le nostre ultime collezioni sono state troppo commerciali, vogliamo tornare a sperimentare» (Domenico Dolce) • Grossi problemi col fisco: per pagare meno tasse, marchi e benefici annessi sarebbero stati trasferiti in una società, la Gado, con sede in Lussemburgo. Walter Galbiati: «Dai documenti sequestrati, è emerso che le assemblee, i fax, la corrispondenza della Gado avevano un solo indirizzo, per niente lussemburghese, ovvero Via Goldoni 10, la sede milanese della D&G. La Gado, quindi, non sarebbe altro che una “esterovestizione”». Il tentativo di avviare il cosiddetto “ravvedimento operoso”, impegnandosi a versare 92 milioni di euro, fu respinto dall’Agenzia delle Entrate in quanto era già stata avviata una verifica fiscale. Altro processo tributario (ma per soli due milioni di euro) per la controllata Sto. Tex srl («gravi omissioni» per giacenze di magazzino vendute in nero) • Stefano Gabbana, da solo, protagonista di una serie di spot che pubblicizzano la nuova Lancia Ypsilon. Sulle loro reazioni a una recensione negativa di Camilla Baresani vedi BARESANI Camilla. Con la stessa mentalità hanno smesso di fare inserzioni su Repubblica, rea di aver raccontato le loro disavventure col fisco. Il marchio Nato a Milano nel 1985, il gruppo crea, produce e distribuisce abbigliamento, pelletteria, calzature, accessori e profumi con i marchi Dolce&Gabbana, D&G (linea giovane), D&G Junior (bambini). Dopo gli esordi milanesi è protagonista di un’ascesa che ne fa una delle griffe italiane più conosciute al mondo. I due stilisti hanno vestito Madonna (anche sulla copertina dell’ultimo album Hard Candy), Monica Bellucci, Kyle Minougue, David Beckham, Simona Ventura ecc • «Quando nel 96 Dolce e Gabbana mandarano a Simona Ventura dei vestiti un po’ lunghi, sotto il ginocchio, e lei li tagliò a mini: “Mi telefonarono e mi aprirono come una cozza. Per vendetta mi tolsero i vestiti per un anno”» (Claudio Sabelli Fioretti). A detta della stessa Ventura, le «vestono l’anima» • Dolce (a Stefano Jesurunm): «Ci siamo conosciuti nello studio di uno stilista dov’eravamo entrambi assistenti. Io ci stavo da un po’, poi è arrivato Stefano, fresco di studi... Siamo stati lì un anno e mezzo. Ma io avevo già intenzione di mettermi in proprio, anche perché collaboravo con l’azienda siciliana di confezioni dei miei genitori... Facevamo orari folli. Tutti e due avevamo un’enorme voglia di arrivare e di vivere. Insieme. Viaggiavamo tanto, disegnavamo fino a notte fonda, all’alba partivamo su una scassatissima R4 per andare nelle aziende... è stata durissima avere le prime consulenze, ci sono voluti quasi sei mesi... Dovevamo ricominciare dalle cose più brutte, più cheap, più commerciali... La moda vera? Il sogno? Scomparso tutto. Abbiamo affittato un ufficio. Un bilocale in porta Vittoria, 70 metri. Lì ci siamo trovati a collaborare casualmente insieme per una o due ditte. Mi aiuti? T’aiuto? Ci aiutiamo? Uno, due, tre, finché abbiamo detto: dài, andiamo avanti così. Le cose cominciavano a marciare. Molto per la Marzotto, per altre ditte, e poi per l’azienda di mio padre: facevamo un’etichetta, una collezione un po’ fashion che si chiamava Donna-Donna. Vivevamo nel terrore di perdere il treno della moda, delle tendenze, e su quell’etichetta puntavamo parecchio... Fu un disastro totale: sbagliata la distribuzione, lo stile non veniva capito, era tutto sbagliato... Però eravamo presuntuosi e presentavamo le nostre cose alla stampa. Un mese prima delle sfilate organizzavamo eventi dai parrucchieri, da Burghy, portavamo personalmente gli inviti nelle redazioni... Cose un po’ allucinanti. Ci siamo fatti notare. Non bastava... Modenese ci vuole parlare. Ci incontriamo a Firenze, a Pitti. Ci fa: “Ragazzi, siete stati scelti come nuove proposte per Milano-collezioni”. è stato il momento di gioia più grande della nostra vita. Piangevamo, ridevamo, saltavamo...» • «Ci accusavano di essere volgari per via delle spalline del reggiseno in vista, della corsetteria, dei lacci. Mi ricordo che l’invito della nostra sfilata, nel 1991, era un paio di collant con il reggicalze. Ne uscì un casino. Adesso il reggicalze lo fanno tutti e non si scandalizza più nessuno» • «“Noi veniamo dalla scuola di grandi maestri come Armani, come Versace, veri creatori, veri inventori, gente di autentica passione. Oggi non ce ne sono più, l’anonimato, anche culturale, accomuna i cosiddetti giovani stilisti. Noi produciamo ogni anno, oltre agli accessori, circa 4800 modelli di abbigliamento donna e uomo, e li pensiamo e tagliamo uno per uno, perché prima di tutto siamo dei veri sarti. Poi vanno in produzione, ma prima sono passati per le nostre mani, e li abbiamo accarezzati, amati [...] Ci volevano comprare, ci hanno offerto una barcata di soldi. Abbiamo capito il nostro valore e abbiamo detto no”. E hanno fatto bene, pensando alle angustie in cui boccheggiano i grandi gruppi finanziari che a furia di comprare marchi stracotti o di sentirsi padroni del mondo, oggi sono in affanno. Tutto il superfluo che negli anni hanno inventato, estasiando moltitudini di esibizioniste, oggi lo si vede, copiato, nelle vetrine di veterolusso. Nelle loro paiono invece, per rigore di taglio, grazia di colore e perbenismo, il guardaroba di Elisabetta d’Inghilterra» (Natalia Aspesi) • Gabbana: «La sfilata ha un’influenza relativa dal punto di vista economico ma rappresenta la fase più complessa e creativa, dove riflettiamo, elaboriamo, cambiamo. Sono nati in questo momento i nostri trend più significativi, come i jeans strappati. Criticatissimi, ma poi copiati in tutto il mondo». Dolce Domenico Polizzi Generosa (Palermo) 13 agosto 1958. Dei due è quello senza capelli. «Adoro il calcio. Se fossi nato donna avrei fatto la velina per poter andare coi calciatori» • «A Palermo vedevo i giornali con i Versace e gli Armani e da noi non c’era quasi nulla. Sbarcai a Milano in aprile, con mio padre, per iscrivermi a una scuola. Ho visto la Madonnina e ho detto: “Prego Dio che non mi faccia più tornare indietro”» • Con Gabbana faceva coppia anche nella vita privata: «Eravamo giovani, poverissimi ma completamente innamorati e felici. Nessuno potrà mai cancellare quei meravigliosi anni» • «Mia madre, siciliana, e all’epoca cinquantenne, è stata fantastica. La ricordo insieme a mia sorella che lavano i piatti. Vado e dico: “Sapete, sono gay”. E mamma: “Che vuol dire?” Io: “Che mi piacciono gli uomini”. E lei: “Eeeeh! Che problema ti fai, ti passerà”. Mi tolse un tale peso che tornai leggerissimo a Milano e cominciai a frequentare i ragazzi» • è finita per colpa sua la storia con Gabbana («ho preso una sbandata! Un incidente di percorso») • «Vorrei averne non uno, di figli, ma anche cinque, dieci, anche una squadra di calcio. A me piacciono le famiglie numerose, mi piace il casino a tavola, il rumore dei piatti, dei bicchieri, proprio la famiglia. Però, siccome nella vita ho avuto tutto quello che potevo avere, ma ho il piccolo handicap di essere gay, avere un figlio non mi è concesso e me ne sono fatto una ragione» • Religione: «Sono cattolico apostolico romano, non direi mai una bugia a Dio» • Vizi: «Ho una passione per i simboli comunisti. Compreso l’eskimo e le Clark’s! Da ragazzo partecipavo ai collettivi, poi alle manifestazioni mi defilavo sullo shopping!». Era interista. Poi, con la scusa che ne disegnava le divise ufficiali, è diventato del Milan. Gabbana Stefano Milano 14 novembre 1962. Dei due è quello alto e secco. «Il vestito che scandalizza non interessa più: che m’importa di vendere un pantalone con tre gambe? Riuscire a fare abiti che danno sensazioni nuove: questo è lo scandalo» • Descrisse così gli inizi con Dolce: «Mangiavamo pasta in bianco e riso e latte, girando l’Italia in cerca di clienti con una macchina bucata. Il massimo del lusso, allora, era fermarsi alla fabbrica Bauli di Verona per mangiare il pandorino o all’autogrill Fini di Modena per i tortellini. Eravamo giovani, poverissimi ma completamente innamorati e felici» • Famiglia veneta. Ha rivelato la sua omosessualità solo pochi anni fa: «La sciocchezza che ho fatto è stata di non avvisare i miei genitori, i miei fratelli, i miei parenti. E così mio padre e mia madre lo hanno saputo dal telegiornale. Soprattutto mia madre l’ha presa malissimo. Poi alla fine mi ha detto: ok, posso anche accettarlo, ma mi vergogno, che cosa gli dico ai vicini di casa? Ho dovuto spiegarle tutto, calmarla. Le ho detto: guarda, mamma, che io non sono un assassino, io non faccio del male a nessuno. Invece di amare una donna amo un uomo. Ma è sempre amore» • Il suo rapporto con Dolce: «Da quando non siamo più una coppia ci vogliamo molto più bene di prima perché l’amore senza sesso è ancora più puro e grande. Oggi continuiamo a fare le vacanze insieme e a condividere il portafoglio» •«Vorrei un figlio mio, un figlio biologico, frutto del mio seme, da concepire con la fecondazione assistita, perché non avrebbe senso che io facessi l’amore con una donna visto che non la amo» • Adora i cani, nel 2006 parlò dei suoi labrador, Dalì e Lola: «Li coccolo, li pettino, li vizio». [atv]