Il Catalogo dei viventi 2009, 6 luglio 2011
DE NEGRI
Pietro Roma 1956. Meglio noto come “er Canaro” • «Era il 18 febbraio dell’88 quando, in una discarica di via Cruciani Alibrandi, al Portuense, un
allevatore di cavalli scoprì qualcosa che assomigliava a un cadavere e che finiva lentamente di bruciare. La
vittima fu identificata per Giancarlo Ricci, 31 anni, un tipo violento, un
prepotente che spesso risolveva le questioni a cazzotti e che si era fatto
parecchi nemici. Accecato, evirato, le orecchie tagliate, il cranio sfondato a
martellate: “Questo ha fatto uno sgarro a una gang di spacciatori e gliel’hanno fatta pagare” ipotizzarono gli investigatori. Sbagliavano. Due giorni dopo fu arrestato un
tizio mingherlino, il tosacani di via della Magliana 253, che aveva confessato
una rapina a uno spacciatore di coca assieme alla vittima. Una notte in
questura, il racconto non regge e De Negri crolla: “Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto
la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell’infame”. Vittima e carnefice, l’ex pugile e il tosacani, fino a quando i ruoli si invertono nel modo più atroce. “Mi insultava, mi sfotteva, m’aveva rubato la radio della macchina e per ridarmela m’aveva scucito 200 sacchi. Ma la cosa che m’ha fatto uscire di testa è stata quando ha preso a calci il mio cane, che c’entrava lui?”. La trappola è organizzata con cura: una rapina a uno spacciatore di coca. De Negri convince
Ricci a nascondersi in una gabbia di cani in attesa del pusher, poi lo
ammanetta con due guinzagli. Comincia il massacro: “er Canaro” imbottito di cocaina sfregia l’ex pugile, gli amputa le dita e i genitali, lo fa rinvenire, cauterizza le
ferite con la benzina. Si interrompe per andare a prendere la figlia a scuola
poi si precipita al negozio e ricomincia. Fino alla fine. “Giancarlo sembrava uno zombie perché non moriva mai. Alla fine, esasperato, l’ho soffocato mettendogli in bocca tutte le parti del corpo che gli avevo
amputato. Volevo esporlo nella piazza del quartiere, ma poi ho deciso che era
meglio buttarlo via”. Arrestato il 21 febbraio 1988, De Negri tornò in libertà per un breve periodo il 12 maggio dell’anno successivo: infermo di mente e non pericoloso socialmente, almeno secondo i
giudici. Poi il nuovo arresto e la sentenza definitiva: 24 anni» (Massimo Lugli)
• «Divenne un detenuto modello e passò diciassette anni collezionando radioline fuori uso e aiutando i malati di Aids». Poi, il 26 ottobre 2005, la scarcerazione. Vent’anni dopo il fattaccio «ha quasi realizzato il suo sogno: farsi dimenticare. Vive al Quartaccio, con la
moglie e la figlia, lavora come fattorino in uno studio di commercialista e da
quando è uscito dal carcere con uno sconto di tre anni per buona condotta non ha aperto
bocca se non per implorare: “Lasciatemi in pace”» (Lugli).