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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DE MAGISTRIS

Luigi Napoli 20 giugno 1967. Magistrato. Fino al 2002 alla Procura di Napoli, poi
sostituto al Tribunale di Catanzaro, si è occupato di molti casi di corruzione nella pubblica amministrazion, nel 2008 il
Csm ha deciso il suo trasferimento dalle funzioni e dalla sede per
insufficiente diligenza, correttezza e rispetto della dignità delle persone. «Io sono una toga anarchica» • Protagonista delle inchieste Poseidone (250 milioni di euro che tra depuratori
e altre opere inesistenti dovevano mantenere blu le acque di Calabria), Why Not
(un presunto comitato d’affari politico-massonico che avrebbe munto decine di miliardi di fondi
pubblici), Toghe Lucane (coinvolti 3 magistrati della Procura di Potenza e due
di Matera). Liana Milella: «Le “colpe” sono presto dette. Il passo “ingiustificato e irrituale” di mandare a Salerno gli atti dell’inchiesta Poseidone che il procuratore gli aveva tolto. Non aver avvisato il
capo di una perquisizione motivata con un decreto “abnorme”. Il pm “biricchino”, che “si muove con un codazzo di giornalisti”, avvisa i capi solo “lasciando il decreto sul tavolo con un post-it”». Francesco Grignetti: «Il Grande Accusatore, Vito D’Ambrosio, oggi magistrato di Cassazione, già Governatore delle Marche, aveva avuto parole durissime nei suoi confronti: “Guai al magistrato che pensa di avere una missione e perde di vista che il
controllo di legalità è un mestiere. Partendo dall’autocontrollo”». Il trasferimento diventerà effettivo solo quando (e se) le sezioni unite civili della Cassazione lo
confermeranno
• Il padre Giuseppe, magistrato, condannò a 9 anni l’ex ministro Francesco De Lorenzo e s’occupò del processo Cirillo, svelando un intreccio tra Dc, camorra e servizi segreti;
il nonno Luigi, procuratore del re, subì ben due attentati; il bisnonno Alfonso fu magistrato del Regno già nel 1860 • Con l’indagine Poseidone, De Magistris ritiene di aver scoperto un “comitato d’affari” politico ed economico tra la Calabria, Roma e Bruxelles. Carlo Vulpio: «Parla di “nuova Tangentopoli” e la descrive come un più evoluto “sistema di rapina delle risorse pubbliche” rispetto a quella degli anni 90, sottolineando come, a differenza di quella, “questa sta rivelando sorprese rispetto a tutto intero lo schieramento politico”. Ma c’è di più. Alla politica, dice de Magistris, adesso si accompagnano “e fanno sistema con essa, anche l’economia, le istituzioni e gli apparati di controllo”. Anche la magistratura? “Sì, anche pezzi di magistratura, come più volte ho detto pubblicamente e denunciato nelle sedi opportune”». Nel marzo 2007 l’inchiesta gli fu tolta dal procuratore capo Mariano Lombardi. Decisione
contestatissima. Francesco Viviano: «Lo hanno bloccato quando hanno appreso che quel “rompiballe” stava firmando gli ordini di cattura, indagando anche politici “eccellenti” ed amici di molti magistrati della Procura di Potenza e Catanzaro che sapevano
e insabbiavano». Antonio Massari: «La situazione esplode con l’avviso di garanzia destinato al senatore Pittelli. Lombardi sottrae l’inchiesta al pm: non l’avrebbe avvertito. Ma c’è un fatto: la compagna di Lombardi è madre di Pierpaolo Greco, che è socio di Pittelli, nella “Roma 9 srl”. I sospetti sono pesanti».
[arj]


Il 21 settembre 2007 l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella ne chiese il trasferimento d’ufficio. Milella: «“Troppe interviste”, con troppi dettagli e troppe polemiche. Troppi provvedimenti “successivamente bocciati dai giudici del riesame”. Troppi giudizi sui colleghi, “inopportuni e non motivati”, finiti negli atti d’accusa. Una gestione “caotica” degli uffici. “Litigi continui” tra capo e sostituto a discapito delle inchieste e degli imputati.
Comportamenti che, in una parola, configurano “gravi violazioni deontologiche” nella gestione di più d’un processo, ma in particolare di quello sulle toghe di Potenza e Matera. C’è questo, e molto altro, nel dossier di 300 pagine e nell’atto d’accusa di sei cartelle con cui il Guardasigilli Clemente Mastella ha chiesto al
Csm di trasferire in via cautelare il pm di Catanzaro Luigi De Magistris e il
capo della procura Mariano Lombardi». Stan
do a «fonti investigative riservate», De Magistris era pronto a iscrivere il ministro nel registro degli indagati
dell’inchiesta Why Not. Massari: «Nel registro degli indagati, a luglio, era già finito il premier Romano Prodi. L’accusa ipotizzata: abuso d’ufficio, relativo al periodo in cu Prodi era presidente dell’Ue. Nel mirino di De Magistris, però, erano finite anche alcune conversazioni telefoniche tra il ministro Mastella e
alcuni indagati (tra i quali l’ex piduista Luigi Bisignani e Antonio Saladino, uomo della Compagnia delle
Opere, ex direttore della società di lavoro interinale “Why Not”). L’attenzione di De Magistris si sarebbe concentrata sui contatti esistenti tra
Saladino e Mastella, relativi all’eventuale gestione di appalti sull’informatica al ministero della Giustizia»
• Il 4 ottobre 2007 De Magistris si difese con un intervento nella trasmissione
di Michele Santoro Annozero (vedi anche FORLEO Clementina) che suscitò molte polemiche • Il 20 ottobre 2007 gli fu tolta anche Why Not, avocata dalla procura generale
di Catanzaro. De Magistris: «Mi hanno bloccato. Ero in dirittura d’arrivo, entro dicembre avrei chiuso la parte più importante della inchiesta, quella sulla ricostruzione dei flussi di
finanziamento. Ci sono riusciti, come del resto hanno fatto con l’inchiesta “Poseidone” che proprio sulla linea del traguardo mi è stata tolta». Giuseppe D’Avanzo: «Gli sottraggono una prima inchiesta, avocata dal procuratore capo. Il pubblico
ministero si mette al lavoro su un’altra inchiesta. In un passaggio dell’indagine che egli ritiene decisivo, il ministro di Giustizia (le indagini
raccontano che è in buoni rapporti con due degli indagati) chiede — come una nuova legge gli permette — il trasferimento cautelare del pubblico ministero a un altro ufficio. Sarebbe
la definitiva morte dell’inchiesta. Il provvedimento amministrativo non convince il Consiglio superiore
della magistratura che lo deve disporre. Non ne intravede l’urgenza, prende tempo, tira in lungo. Il pubblico ministero iscrive, allora, il
ministro nel registro degli indagati: atto dovuto per l’esercizio dell’azione penale e soprattutto garanzia per l’indagato. Ventiquattro ore dopo, il procuratore generale avoca a sé - sottrae al pubblico ministero - anche la seconda indagine. Il passo è inconsueto e appare anomalo. Gli addetti ricordano, se hanno memoria buona,
qualche modesto precedente di quindici anni prima. Le ragioni del procuratore
generale stanno in piedi come un sacco vuoto. Se il motivo dell’avocazione è l’“incompatibilità” per l’“inimicizia grave” tra il pubblico ministero e il ministro indagato (ha chiesto la punizione del
pubblico ministero, che ne è risentito), si tratta di una fanfaluca. Se si accetta il principio, qualunque
indagato che denuncia il suo accusatore potrebbe invocare l’“inimicizia grave” e liberarsi del suo pubblico ministero. Cesare Previti, in passato e
ripetutamente, ci ha provato. Non è andato lontano. Ci sarebbe - trapela dalla procura generale — un’altra ragione per l’avocazione delle indagini: l’inerzia del pubblico ministero. L’accusatore è fermo. Non va né avanti né dietro. Non esercita l’azione penale. Non richiede l’archiviazione “nel termine stabilito dalla legge”. Ora, l’inchiesta del pubblico ministero è nei termini stabiliti dalla legge (è un fatto) e di quel pubblico ministero tutto si può dire tranne che sia pigro o inoperoso (è un fatto). La seconda ragione appare, se possibile, anche più debole della prima e nonostante ciò il pubblico ministero perde l’inchiesta e il capo del governo e il ministro di Giustizia tirano un respiro di
sollievo, si liberano di ogni controllo (che abbiano o no responsabilità punibili è un’altra storia, naturalmente)»
• Nell’aprile 2008 il gip di Catanzaro Tiziana Macrì ha archiviato la posizione dell’ex guardasigilli nell’inchiesta Why Not «perché mancavano assolutamente i presupposti per l’iscrizione di Clemente Mastella nel registro degli indagati e successivamente
non sono sopravvenuti elementi nuovi» (il procuratore generale di Catanzaro Enzo Jannelli) • Nel gennaio 2008 De Magistris si è dimesso dalla Associazione nazionale magistrati con una dura lettera d’accusa: «[...] Il mio modello è la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza. Il modello “castale” e del magistrato “burocrate” non mi interessa e non mi apparterrà mai, nessuna “quarantena” in altri uffici, nessun “trattamento di recupero” nelle pur nobili funzioni giudicanti, potrà mutare i miei valori, né potrà far flettere, nemmeno di un centimetro, la mia schiena [...]»
• Antonio Di Pietro ha fortemente smentito la voce che Walter Veltroni lo avesse
dissuaso dall’idea di candidare De Magistris alle politiche 2008 • Sposato, due figli.