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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DE GENNARO

Gianni (Giovanni) Reggio Calabria 14 agosto 1948. Poliziotto. A maggio 2008 Berlusconi
lo ha nominato a capo del Dis, la struttura di coordinamento nata dalla riforma
dei servizi segreti (2007) che ha il compito di vigilare e organizzare l’attività di Aisi e Aise (ex Sisde ed ex Sismi). Dal gennaio 2008 è per sei mesi commissario per l’emergenza rifiuti in Campania (sostituito da Guido Bertolaso). Dal giugno 2007 capo di gabinetto del ministero
dell’Interno. Dal 2000 al 2007 capo della polizia. Nel dicembre 2006 fu insignito
della Fbi Medal for Meritorius Achivement, un riconoscimento per meriti
eccezionali mai attribuito prima a qualcuno che non fosse cittadino degli Stati
Uniti: «è stato uno dei primi a capire che la miglior risposta al crimine ormai senza
confini era quella di una cooperazione senza confini tra le forze di polizia.
Oggi quelle strategie create per combattere Cosa nostra vengono utilizzate
anche nella lotta al terrorismo» (Robert Mueller, capo dell’Fbi)
• «La sua carriera inizia negli anni Settanta, prima alla sezione narcotici della
Squadra mobile romana, poi alla Criminalpol del Lazio. In questi anni, mentre
la criminalità organizzata romana fa il salto di qualità stabilendo contatti con il clan dei marsigliesi e la mafia, nasce la
collaborazione e l’amicizia con Giovanni Falcone. Numerosi i suoi successi: dalle operazioni Pizza
Connection e Iron Tower all’arresto di decine di latitanti eccellenti, in Italia e all’estero, fino nelle prigioni dell’Estremo Oriente per catturare e convincere, insieme a Falcone, il
narcotrafficante Ko Ba Kim a collaborare. E dopo di lui Tommaso Buscetta,
Totuccio Contorno, fino al primo dei corleonesi “pentiti”, Giuseppe Marchese. Intorno alla sua figura nasce, nei primi anni Ottanta, il
nucleo anticrimine che diventerà Servizio centrale operativo della polizia (Sco), modello per la creazione di
analoghe strutture nei carabinieri (Ros) e nella Guardia di Finanza (Scico).
Dalla direzione dello Sco, passa alla neonata Dia come vicedirettore e ne
diventa direttore nell’aprile del 1993» (Corriere della Sera)
• Nei suoi sette anni da capo della polizia «ha fatto il suo lavoro come meglio ha potuto, restandosene, come si dice, “al suo posto”. Spesso fin troppo rispettoso dei bizzarri e contraddittori indirizzi dei
governi, sempre alla ricerca dei migliori risultati per l’interesse pubblico. Risultati che non sono mancati, dall’arresto di Bernardo Provenzano all’annientamento del rinato nucleo delle Brigate Rosse, all’arresto degli assassini di Massimo D’Antona e Marco Biagi» (Giuseppe D’Avanzo)»
• Nel giugno 2007, in contemporanea alle dimissioni da capo della polizia,
ricevette un avviso di garanzia «per aver determinato Colucci Francesco mediante istigazione, o comunque
induzione, a deporre durante l’esame testimoniale reso il 3 maggio circostanze non corrispondenti al vero,
anche ritrattando sue precedenti dichiarazioni in relazione ai fatti vertenti
sulla fase di preparazione, svolgimento e conclusione delle operazioni di
polizia condotte alla scuola Diaz e in particolare ai contatti fra loro avuti e
alle informazioni e richieste reciprocamente passate e formulate allorquando
Colucci rivestiva la carica di questore di Genova». Marco Imarisio: «Urge riassunto: Francesco Colucci è l’ex questore di Genova ai tempi del G8 (vedi PLACANICA Mario). Il 3 maggio 2007
si presenta in aula, chiamato a deporre dall’accusa. A sorpresa, contraddice e ribalta molte delle dichiarazioni rese in
istruttoria. Tanti “non ricordo”, “la mia affermazione di allora forse è stata superficiale”, ma quello è il meno. A insospettire i magistrati, sono le circostanze che Colucci mostra di
ricordare. Nella sua ricostruzione di quella notte disgraziata, i dettagli
inediti riguardano le sue comunicazioni con il vertice della polizia, oltre a
una nuova definizione della catena di comando che gestì l’irruzione nella scuola dei no global, che “esclude” alcuni imputati cari a De Gennaro e tira in ballo altri nomi, segnatamente
quello di Lorenzo Murgolo, vicequestore di Bologna che al G8 fungeva da vice di
Ansoino Andreassi, il “superpoliziotto”, all’epoca fu questa la definizione, che gestì la preparazione al G8 genovese. è certo che dopo la deposizione di Colucci, i magistrati rinunciano all’audizione del teste successivo: Gianni De Gennaro»
• Il 14 luglio 2007 De Gennaro rispose per quattro ore di fila alle domande dei
pubblici ministeri di Genova «ribadendo di non aver mai ordinato a Colucci di raccontare bugie o di modificare
precedenti versioni: “è possibile che gli abbia parlato del processo Diaz prima del suo interrogatorio”, ha spiegato in sostanza, “ma solo per ricordargli quello che ho sempre detto al riguardo: la verità”» (Massimo Calandri). Il 16 novembre 2007 scrisse un accorato appello a Colucci: «Hai fornito due rappresentazioni dello stesso fatto e devi farti carico di
questa contraddizione», nel dicembre 2007 chiese un confronto con lo stesso. Nel marzo 2008 la Procura
di Genova ne chiese il rinvio a giudizio (prima udienza giugno 2008): «Secondo i pm Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca, i super-poliziotti sotto
accusa per la Diaz avrebbero elaborato una precisa “strategia”: minimizzare il ruolo dell’ex capo della polizia, e prendersela con chi in qualche modo non può difendersi. Arnaldo La Barbera, nel frattempo deceduto. Lorenzo Murgolo, uscito
dal processo. Ansoino Andreassi, che era contrario all’intervento. “L’operazione è stata semplice. Si è trattato di eliminare gli accenti sui ruoli di responsabilità degli imputati. E nel contempo di enfatizzare i compiti dell’unico funzionario la cui posizione è stata archiviata, del defunto prefetto La Barbera e dell’unico teste schierato contro la gestione della operazione Diaz”» (Repubblica)
• Feroci scontri con Francesco Cossiga, col quale ebbe in passato grande
sintonia. Le cose cambiarono dopo l’8 luglio 2006, quando l’ex presidente della Repubblica dichiarò: «L’ho sempre difeso anche contro un altissimo esponente diessino di governo che,
Dio mio quanto preveggente, si era opposto strenuamente alla sua nomina a capo
della Polizia. E così mi ritrovo con un uomo insincero, tortuoso, ipocrita, falso, un personaggio
cinico e ambiguo che usa spregiudicatamente la sua influenza». Francesco Grignetti: «L’innesco è l’inchiesta di Milano sul Sismi ovvero i guai a valanga che hanno portato alla
defenestrazione del generale Nicolò Pollari. Nell’inchiesta c’entra la Digos, ossia la polizia. E quando viene fuori dirompente lo scontro tra
Pollari e De Gennaro, con rispettive tifoserie schierate, ecco che Francesco
Cossiga fa la sua scelta. Si schiera con Pollari e nel giro di qualche mese,
presenta ben 35 tra interrogazioni o interpellanze contro il prefetto che guida
la polizia italiana dai toni sempre più accesi. Lo denuncia anche alla magistratura di Brescia. Chiede ossessivamente
la sua testa. Non è un mistero che Pollari avesse identificato in De Gennaro il “nemico”. Aveva messo insieme gli articoli su diversi giornali, in particolare
Repubblica. Non solo la storia di Abu Omar. C’era anche il Nigergate. E qualche indiscrezione di troppo sulla gestione dei
sequestri in Iraq. Pollari ha insomma identificato in De Gennaro il “suggeritore”. Certe notizie — pensava — le può aver raccolte e veicolate solo lui. Quando poi comincia a circolare il progetto
di riformare i servizi segreti, e di farne un solo grande servizio segreto, un
po’ più amico degli americani di quanto fosse il Sismi di Pollari, e a cui De Gennaro
ha fatto un pensierino, ecco che poi scatta la sindrome-Negroponte. Il prefetto
vuole forse diventare lo Zar italiano antiterrorismo?». Causa l’esposto presentato a Brescia da Cossiga nel 2006, De Gennaro finì indagato (con il capo della Procura di Milano, Manlio Minale, il giudice delle
indagini preliminari Enrico Manzi, i due procuratori aggiunti — vice di Minale — Ferdinando Pomarici e Armando Spataro, i dirigenti della Digos milanese Ignazio
Coccia e Bruno Megale) per il reato di «procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato» (accusati di aver violato il segreto di Stato nell’indagine sul rapimento di Abu Omar, sfociata poi nel rinvio a giudizio di 26
agenti Cia e 5 dirigenti del Sismi — compresi il direttore Nicolò Pollari e il numero tre Marco Mancini — per concorso nel sequestro di persona dell’imam). Dopo un’informativa di Giuliano Amato, nel luglio 2007 Cossiga ha detto di aver cambiato
idea perché De Gennaro avrebbe agito «per ordine dell’autorità giudiziaria», facendo solo «il suo dovere avvertendo le autorità politiche che la polizia giudiziaria stava spiando il Sismi per conto della
procura di Milano». Su tutta questa vicenda sarà la Corte costituzionale a dire l’ultima parola
• Sposato, due figli. [aqw]